Safarà Editore è una casa editrice indipendente nata nel 2014 a Pordenone. Il nome Safarà, di origine araba – il cui significato è viaggiare, inteso sia in senso fisico che metaforico come esperienza del cambiamento– era il nome di un negozio di rarità e fumetti (tuttora esistente) che il fondatore Guido Giuseppe Pascotto aveva inaugurato con alcuni amici durante gli anni dell’università. Quel luogo divenne presto un punto di riferimento importante per tutti gli appassionati di fumetti della città e non solo, nonché per illustratori e autori.
L’energia del luogo era speciale, e il passo per la creazione di un piccolo marchio editoriale sembrò davvero breve: nacque così Safarà Editore. “I primi progetti erano legati al fumetto, ed ebbero ovviamente le grandi energie e ingenuità degli inizi”, racconta la direttrice editoriale Cristina Pascotto. Ma l’idea era destinata a durare: nel 2014 Safarà Editore si propone al pubblico con un team redazionale costituito da Guido Giuseppe Pascotto e, appunto, Cristina Pascotto, che ne assume la direzione editoriale. Dal 2018 Serena Talento è l’ufficio stampa della casa editrice.
Le collane principali sono quelle dedicate alla narrativa straniera (tuttora l’architrave del progetto editoriale), Animalia, dedicata al rapporto tra animali umani e animali non umani di impronta antispecista, La Mano che Pensa, al momento sospesa ma importantissima per la storia di Safarà dedicata alle connessioni tra architettura e neuroscienze e, infine, la nuovissima collana Cartaviglie, dedicata alla realtà aumentata. “Il catalogo di Safarà – continua Cristina – ospita anche alcune pubblicazioni che definiamo “fuori collana”, come graphic novel e libri d’artista”.
Safarà intende promuovere la lettura di opere trasversali, capaci di superare le definizioni di genere e le appartenenze linguistiche: il catalogo di Safarà ospita infatti opere dalle ispirazioni letterarie radicalmente diverse, nel tempo, nei generi e nelle lingue. “Alasdair Gray, Fumiko Enchi, Gerald Murnane, Amparo Dávila, Barbara Comyns, David Hayden e Ófeigur Sigurðsson convivono nel nostro catalogo nella certezza che i confini letterari siano superfici porose che chiedono di essere continuamente attraversate per ridefinirne le possibilità. Per questo motivo – precisa la direttrice editoriale – classici dimenticati e gemme trascurate del Novecento letterario internazionale vivono insieme a opere contemporanee in un costante dialogo che spinge i lettori a forzare le preferenze di genere e a esplorare ogni possibilità creatrice della letteratura. Li chiamiamo per questo “libri obliqui”, e lo sono per davvero”. Safarà ha infatti brevettato il libro obliquo, rivisitandone il tradizionale design per poter manifestare matericamente i suoi intenti. Nel 2019 il progetto le è valso il premio riservato all’innovazione nella grafica editoriale ai Creative 2 Awards di Los Angeles.
C’è un libro, un’opera, un’intuizione particolare che ha segnato in qualche modo il percorso della vostra casa editrice, facendovi capire che eravate sulla strada giusta?
Il libro che ha segnato la storia di Safarà Editore è stato Lanark di Alasdair Gray, un’autentica pietra miliare della casa editrice. Quando è uscito eravamo ancora (più) piccoli e inesperti, ma sapevamo che si trattava di un’opera di capitale importanza, e che se non ci fossimo lasciati scoraggiare sarebbe stata riconosciuta; ed è successo, specialmente con la recente pubblicazione di 1982 Janine, l’opera più amata da Alasdair Gray stesso. Il rapporto che si creò con l’autore, recentemente scomparso, fu speciale. Non esitò a dare fiducia a una casa editrice appena nata, e decise senza esitazioni che Safarà Editore sarebbe stata la sua voce in Italia. Divenne evidente una cosa che sapevamo già, e che era implicita nel nostro operare e nei nostri scopi: osare sempre, e non temere pressoché nulla. Un altro momento di svolta, e la conferma di quanto detto sopra, è stata la pubblicazione de Le pianure di Gerald Murnane nel 2019, autore complesso, sconosciuto ai più e favorito al Nobel: una mossa azzardata e il nostro più grande successo di vendite. Da qualche giorno è uscito in libreria il suo primo romanzo, Tamarisk Row, nella traduzione di Roberto Serrai.
Qual è il vostro marchio di fabbrica, l’elemento che caratterizza Safarà?
La nostra peculiarità forse è quella che ho illustrato prima: una grande apertura verso i generi e le esperienze letterarie più diverse, spesso sperimentali, talvolta oscure e a un primo impatto, talvolta, ardue, che ci permette di entrare nelle coordinate dei lettori più attenti. Quello che i primi anni è stato molto difficile da comunicare e che sembrava una nostra fragilità ora è diventato il simbolo della casa editrice: una fucina di Efesto dalla quale è possibile emerga il più impensabile dei libri, per spostare nuovamente il baricentro alla pubblicazione successiva.
Come scegliete e selezionate i vostri autori?
È un processo difficile da spiegare. Esiste un grande lavoro di ricerca che considero la parte più bella di questo lavoro, il cui esito può essere poi deciso da una copia logorata dal tempo che ci facciamo spedire da una vecchia libreria di un qualche angolo di mondo, da un articolo di giornale o da un ricordo degli studi. A partire da un’intuizione, parte la fase di studio: se sentiamo che il libro è autentica letteratura, se pensiamo che la sua lettura possa aiutarci a vivere con più bellezza e comprensione, leggerezza o profondità la nostra condizione umana (e non solo) e i nostri tempi, allora iniziamo a scaldarci i muscoli.
Cosa vuol dire essere un editore indipendente?
Essere un editore indipendente significa lavorare in profondità, e non in estensione: capire i propri talenti, intercettare le coordinate di un nucleo di interesse sempre acceso verso quello che tu stesso ami, e comprendi, in primis, e alimentare questo fuoco – che non esito a definire sacro. In realtà, credo che questa dovrebbe essere la vita di ogni editore.
E l’editoria a pagamento?
Credo che finché ci sarà qualcuno disposto a pagare per pubblicare una sua opera, ci sarà sempre qualcuno disposto a soddisfare questo bisogno. Tuttavia, non sono certa che si tratti di editoria, e per questo motivo non sono certa esista una reale concorrenza.
Immagina una vita ancora lunga, se non eterna, per il libro cartaceo o crede che sia destinato progressivamente a scomparire, scavalcato dal digitale e dalle nuove tecnologie?
In questo momento la convivenza è possibile; un tempo ero scettica, ma ho continue conferme sulla possibilità di un equilibrio dinamico tra le due realtà. Tuttavia la nostra è un’epoca di passaggio in cui le preferenze del singolo sono ancora importanti, ed è possibile scegliere la strada che più incontra il proprio gusto con leggerezza. Se la presenza del libro cartaceo dovesse a poco a poco affievolirsi e diventare problematica, potremmo dimenticare che leggere un libro non è una mera operazione intellettuale, ma che coinvolge anche i sensi, tra cui il tatto. Questo potrebbe essere una grave perdita.
Vendere libri è sempre più complicato, e non solo per un problema di prezzo. Safarà Editore come promuove la sua attività e i libri dei suoi autori?
Safarà Editore è distribuita da Messaggerie, e questo significa che i suoi libri sono presenti – o, più correttamente, reperibili e ordinabili – su tutto il territorio nazionale. Coltiviamo preziosi rapporti con librerie indipendenti che ogni anno aumentano in numero e intensità e le sue pubblicazioni negli ultimi anni, grazie a uno straordinario lavoro del nostro ufficio stampa, vengono regolarmente recensite in molte testate letterarie. Tuttavia, il percorso è in salita: per ovvi limiti fisici, le librerie raramente possono gestire il folle carico – e scarico – di novità che si susseguono istericamente dando quell’illusione di floridezza e prosperità che percepiamo quando entriamo in alcune librerie. Per questo motivo, se non esiste una precisa scelta del libraio, nonostante i tasselli sulla carta ci siano tutti, è molto difficile che un libro possa avere visibilità fisica e una vita duratura sugli scaffali. L’editoria è una continua scelta, e questo è valido per tutte le figure che vi lavorano.
Come comunicate con i vostri lettori? I social sono un valido alleato?
Ancora una volta, prediligiamo la profondità; a partire da queste condizioni necessarie per poter operare in questo mondo, non smettiamo mai di comunicare con il nostro pubblico e di coinvolgere in questo tutti i nostri collaboratori, in modo speciale i traduttori – figure essenziali per Safarà. I nostri profili social e il nostro sito vengono puntualmente aggiornati, senza tuttavia sovraccaricare chi ci segue con informazioni irrilevanti. La comunità dei nostri lettori è in crescita, e questo ci fa pensare che se non si perde di vista la rotta e se si protegge a dovere, questo fuoco potrà ancora bruciare a lungo.
Perché, nonostante dati tutt’altro che incoraggianti, ha ancora senso investire nell’editoria?
Purtroppo il senso non c’è: i numeri lo segnalano con un’evidenza dolorosa. Gli editori che persistono nei loro intenti vedono solo il suo significato, qualcosa che può ingaggiare battaglia contro qualsiasi razionalità.
Che progetti avete per il nuovo anno?
Come accennavo prima, la pubblicazione delle opere di Alasdair Gray e Gerald Murnane costituiscono di certo uno dei progetti più importanti e impegnativi di Safarà Editore, che tende a intraprendere progetti editoriali a lungo termine. Febbraio dell’anno prossimo ne inaugurerà uno nuovo, con la pubblicazione di Soifs, il primo libro dell’omonimo ciclo della scrittrice canadese di culto Marie Claire Blais, a cui seguiranno Marianne Fritz con il suo più celebre romanzo, Il peso delle cose – e ancora le prime traduzioni di autentici classici ancora inediti del panorama letterario giapponese del Novecento firmati da Hayashi Fumiko e Tsushima Yuko. Con la giusta dose di sconsideratezza, manteniamo la rotta intrapresa.
Intervista a cura di Marco Grasso
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