Ci sono autori che prima ancora di immaginare l’impalcatura della vicenda narrativa cercano la voce giusta per raccontarla: forse nella letteratura contemporanea Aramburu può essere considerato maestro di voce in questo senso. Altri che costruiscono intrecci e sviluppano trame grazie a personaggi quasi dotati vi vita propria, come faceva Pinter che non amava direzionare le sue donne e i suoi uomini sulla scena come un burattinaio onnisciente, ma lasciava che “scegliessero da soli come muoversi”. C’è chi invece racconta un luogo, prima delle vite che lo popolano; un luogo con la sua callosità e la sua polvere, la sua bellezza e le sue innumerevoli increspature. È così che nasce Terra edito da Arkadia per la collana Eclypse, romanzo d’esordio del talentuoso Stefano Albè, già sceneggiatore e autore televisivo.

Noir psicologico ambientato in Sardegna, Terra si apre con una consolidata scelta narrativa, quella dell’evento traumatico (la perdita di una figlia) che segnerà per sempre l’animo di chi dovrà indagare sul mistero che avvolge una ragazza, affetta da un disturbo dell’udito e della parola, e sul reticolato di vite che invece si dipanano attorno ad una miniera, nutrice e sanguisuga, di coloro che le gravitano attorno.

Niccolò è un neurologo e durante una gita in barca perde sua figlia Emma a causa di un violento naufragio. Un’esistenza che si appresta a scorrere nella mancanza e nel rapporto logoro con sua moglie Agnese. Viene così invitato in Sardegna da un collega conosciuto durante un convegno a dare il suo parere medico sul caso di Gaia, una ragazza sordomuta che però ha delle capacità eccezionali.

Al di là delle spiegazioni, Gaia sente. Mi pare innegabile. Lo fa a modo suo, ma sente. Riesce a intercettare delle onde radio, abbiamo riscontrato che accade più con le alte frequenze, attorno ai 27 MHZ, quelle usate dai radio amatori, dalle Citizens Band o dai codici Morse, per intenderci”.

È certamente la figura della ragazza e quello che si porta dietro a condurre la narrazione: quando entra in scena il resto del racconto e i misteri del luogo e la terra stessa nella quale prendono forma i passaggi di questo romanzo restano sospesi. Gaia e il suo vivere dove capita, la sua vita senza storia sono il catalizzatore della nostra attenzione, è lei il personaggio trainante e il fine verso il quale tutto tende.

“Gaia era un animale, il suo aspetto minuto e delicato celava una forza da leonessa, un carattere determinato, energia pura che sprigionava in questa corsa per la salvezza. Non aveva più paura, era tornata nel suo ambiente, tra i suoi alberi e i suoi sassi, si sentiva a casa. Priva di tutto, solo i suoi piedi ruvidi, le sue gambe veloci, il suo corpo snello e i suoi occhi vivaci e mimetici, verdi nel verde che li circondava”.

Di lei e della sua bellezza ruvida e straordinaria, come la terra nella quale misteriosamente è cresciuta, si innamora Antonio, appuntato dei carabinieri che sarà chiamato a risolvere, con il supporto di Niccolò, la scomparsa di un uomo, tra le sterpe e una miniera che determina destini e regola i conti.

“Al centro di tutto, sempre lei, la miniera, la terra di sotto. Per quanto fosse chiusa oramai da oltre vent’anni, la miniera era il fulcro di tutti i discorsi, non solo come ricordo ma anche come presente e futuro, avevano tutti un rispetto mistico e deferente, come se stessero parlando di un essere in grado di respirare.”

Albè scava all’interno della coscienza di un’intera comunità che vive in un tempo sospeso dinamiche intime e collettive. Una comunità che chiede l’intervento del mondo esterno per indagare i suoi mali e risolvere i propri conflitti salvo poi scacciarlo (o tentare di farlo) quando penetra troppo in profondità per raggiungere memorie di un sottosuolo condiviso.

Un esordio potente dove l’autore riesce a disegnare una tela narrativa, progettata con cura, nella quale ruoli personali e istanze collettive si incontrano consapevolmente generando una storia credibile, grazie a personaggi cari alla letteratura di genere (chi indaga ha sempre un passato da riscattare, un evento traumatico dal quale affrancarsi, chi viene indagato si mostra a mezzo di emissari e tuttofare, la terra naturale che si difende da quella edificata dall’uomo, per le ferite e le violenze per anni è stata costretta a subire) che però nelle loro scelte riescono a delineare tratti di unicità rendendo questo racconto un mainstream da leggere con la voracità bulimica di un giallo.

Se le prime pagine rispettano i canoni di una scrittura didascalica, man mano che ci si addentra nella storia la narrazione diventa più consapevole e fluida, più autentica, rendendo questo esordio un lavoro molto interessante grazie ad un autore che converrà tenere sott’occhio.

“Il timer che scandiva l’attesa sentenziò la fine del gioco, il concorrente non aveva risposto nulla. Il conduttore gli comunicò che la parola da indovinare era proprio Terra. I due uomini scossero il capo e stapparono un’altra birra.”

Angela Vecchione