A detta di molti, i tempi in cui viviamo oggi possono essere facilmente identificati come complessi, ma se vogliamo trovare un aggettivo capace di far percepire i sentimenti che proviamo, lo stato in cui ci troviamo, allora diventa sicuramente più interessante considerare e scrivere di “tempi tesi”, tempi ricchi di tensioni e contrapposizioni; si può affermare con ragionevole certezza di vivere in un mondo teso, “tensionato” come lo è una corda tirata alle sue estremità.
Il libro di Chris Lewis e Pippa Malmgren suggerisce molteplici “best practices” per orientarsi tra i due estremi che caratterizzano il nostro mondo che viene da loro visualizzato e descritto attraverso lo schema denominato Kythera.
Kythera è per gli autori una sorta di bussola contemporanea e così viene rappresentata all’inizio di ognuno dei capitoli del libro; una bussola del tutto simile e quasi sicuramente ispirata alla rosa dei venti dove però al posto dei punti cardinali e dei venti principali utili ai velisti per la navigazione in mare troviamo otto tensioni che hanno in comune il fatto di iniziare tutte con la stessa vocale.
Due mondi contrapposti che si danno battaglia: ad un estremo della Kythera troviamo le otto tensioni positive e all’estremo oppostole otto tensioni negative:
Informazione vs Inondazione
Internazionale vs Insulare
Immediatezza vs Impazienza
Intelligenza vs Insurrezione
Infrastrutture vs Isolamento
Innovazione vs Intimidazione
Inclusione vs Ineguaglianza
Ispirazione vs Inversione
Questo saggio è una guida che si prefigge di aiutare i leader di oggi nel considerare e gestire al meglio i rapidi e continui cambiamenti in corso; se la mediocrità è all’origine della certezza oggi un leader è chiamato a trovare e lasciare spazio e tempi utili all’emersione del dubbio per per valutare in modo critico e professionale ogni situazione complessa che si trova ad affrontare.
Nello stesso periodo in cui leggevo questo saggio ho avuto la possibilità di ascoltare l’intervento di Saj Jetha in occasione della presentazione del suo nuovo libro The Smarts e sentire raccontare per la prima volta dei “21 minuti”; voi sapete cosa viene identificato con i “21 minuti”? Ricerche scientifiche hanno trovato come questo sia il tempo utile in media ad una persona per recuperare lo stesso livello di attenzione che aveva prima di essere disturbata da qualcosa o da qualcuno.
Il tema del “disturbo” continuo e dell’incapacità di focalizzarci è il tema principale del primo capitolo di The Leadership Lab dove è trattata la prima delle otto tensioni:
Informazione vs Inondazione.
Nel 2014, scrivono gli autori, in media una persona riceveva e spediva centoventuno email al giorno e queste lo scorso anno, 2018, sono arrivate ad essere centoquaranta; se centoquaranta email al giorno sono un numero importante che può però lasciare indifferenti, cambiare la metrica e riflettere sul fatto che si tratta di una email ogni sei minuti può aiutare a capire quanto sia difficile oggi restare focalizzati su ciò che siamo impegnati a fare, pensare, produrre (ricordandoci dei ventuno minuti appena descritti sopra).
Possiamo avventurarci nella ricerca di alcune conclusioni logiche: facciamo, pensiamo, lavoriamo continuamente senza però alcuna possibilità reale di focalizzarci, oppure scegliamo consapevolmente e professionalmente l’importanza di focalizzarci sulle nostre attività lasciando la lettura delle “distrazioni” in momenti precisi della giornata tra loro distanti.
Certo è che se si tratta di posticipare la lettura delle email la cosa è ragionevolmente percorribile ma non tutte le distrazioni sono sotto il nostro controllo; nelle distrazioni finiscono non solo le email, ma anche i messaggi di ogni genere (whatsapp, messenger, news, social network…) telefonate, richieste di conferma partecipazione a riunioni e chi più ne ha più ne metta e capiamo quanto la cosa diventi molto più complicata.
Informazione vs Inondazione è anche riconoscere come siamo passati dal cercare informazioni perché ritenute utili quando ne sentivamo la necessità e ci erano utili a qualcosa, al ricevere informazioni di ogni tipo, il più delle volte inutili (spam) e senza soluzioni di continuità; la conseguenza è che oggi ci troviamo tutti spaventati, arrabbiati, distratti, annoiati, intolleranti, impazienti, cinici, supponenti, informati (ma non sempre in modo utile).
Spaventati perché ad esempio in un mondo che negli ultimi 30 anni ha sollevato le persone dalla povertà più che nei restanti millenni, nell’Occidente evoluto le persone temono che automazione, robot e intelligenza artificiali in un futuro non molto lontano li lascino disoccupati e/o difficilmente impiegabili: “Fear has no respect for data”.
I cambiamenti digitali ci hanno abituato da prima alla velocità, poi all’immediatezza e dall’immediatezza ci siamo spinti oltre, alla continua ricerca impaziente e decontestualizzata del sempre prima.
È la vittoria dell’impazienza divisiva nei confronti della pazienza generativa; è la sconfitta delle tre virtù di cui si compone e per cui si distingue la pazienza: autocontrollo, umiltà, generosità.
È un libro decisamente attuale questo di Lewis e Malmgren, ogni capitolo ha più di un riferimento che è possibile ritrovare nelle news di un quotidiano o di un telegiornale; ho conosciuto il progetto One Belt, One Road, One Circle – BRI settimane prima che molti giornali se ne occupassero in modo critico. Il progetto BRI è conseguenza del fatto che “China needs resources from around the world to sustain its growth. It can no longer rely upon the infrastructure built by Western nations and the territorial certainties of the 20th century”
Leggendo questo libro troverete informazioni collegate che trattano di innalzamento di muri, di intelligenza artificale, blockchain, AI, droni, energia e batterie, super computing, dark web, big data, qualità umane, empatia, gender…
Il tema della parità di genere è uno di quelli a cui tengo molto e che scelgo di descrivere meglio riportando sotto alcuni degli esempi presenti nel capitolo sette “Inclusivity vs Inequality”, prima di concludere questa recensione.
È stato osservato come nelle donne a cui viene iniettato del testosterone queste diventino più egocentriche e meno attente ai bisogni del gruppo; l’ormone distrugge la loro abilità naturale nel lavorare insieme.
Egocentricity bias is the degree to which people over-weight their own opinion”
Arriviamo così a leggere non più solo di emisfero destro ed emisfero sinistro del cervello ma di “extreme ‘female brain’” e di extreme “male brain”: il primo si distingue per l’alta empatia emozionale e la scarsa capacità di analisi di sistema; il secondo all’opposto eccelle nel pensiero analitico di sistema ed è povero dal punto di vista empatico emozionale.
Queste differenze che appaiono sostanziali non vanno cercate e associate necessariamente ad una donna o a un uomo, perché ci sono donne abili nel pensiero sistemico analitico e uomini altrettanto abili nelle capacità emozionali empatiche; tanto che quando sono state analizzate le performance dei migliori leader all’interno di una organizzazione che funziona, Ruth Malloy di Hay Group Boston ha scoperto che “The men are as good as the women, the women as good as the men, across the board”: le differenze di genere spariscono!
E per il futuro? Negli anni ‘50 e ‘60 il futuro veniva immaginato “exciting”; negli ultimi anni però, nell’ormai maturo Occidente, si è consolidata la consapevolezza di come i figli non potranno essere più benestanti dei loro padri a differenza di quanto successo in passato; questa consapevolezza favorisce una cultura nostalgica dei tempi che furono, dei tempi vintage, tempi di unità, orgoglio, identità, forte credo e speranza.
Come scrivono gli autori però, dobbiamo ricordare cosa si nasconde dietro la paura del futuro e la facile e semplicistica esaltazione di un passato che è stato e non è più: stiamo scegliendo consapevolmente di aggrapparci ad una realtà scaduta.
Alessio Cuccu
E tu cosa ne pensi?