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Anno 0 | Numero 5 | Gennaio-febbraio 1997

Ma come fa una solitudine a essere troppo rumorosa? Probabilmente se lo saranno chiesto un po’ tutti quelli che hanno scelto, come me, di leggere il libro dello scrittore ceco Bohumil Hrabal: Una solitudine troppo rumorosa, appunto. Io mi sono chiesta allora: sarà forse quella malinconia che avvolge le persone circondate da tanti esseri umani, ma che dentro si sentono vuote e stanche?

Forse può essere una spiegazione, ma non rispecchia il contenuto del libro.

A Praga, in un vecchio magazzino, un uomo lavora da trentacinque anni a una pressa meccanica che trasforma carta da macero, spesso pregna di sangue fresco e raffermo, in parallelepipedi armoniosi e sigillati ma soprattutto morti e vivi allo stesso tempo. In ognuno di questi pacchi è imprigionato un libro, aperto su una frase, su un pensiero.

I libri, inviati a questo magazzino, rappresentano la cultura, la storia in generale.

L’altra carta, quella bianca, rappresenta la vita, la società contemporanea, la storia presente.

Ciò che conta per Hanta (questo il nome del protagonista) non è salvare tutti i libri o tutta la carta. Ciò che gli preme è salvare il testo, la frase. Per ogni pacco egli salva un frammento che scalda l’animo e illumina l’intelletto. Ogni frase viene illuminata da luci diverse, dai colori delle stampe dei pittori che Hanta utilizza per decorare tutti i suoi pacchi: Rembrandt, Van Gogh. I libri che Hanta salva sono quasi tutti di filosofia, anche dei filosofi oltre ai nomi, si citano poche massime. L’uomo porta via libri dal magazzino, quelli che gli vengono donati da un bibliotecario e che lui dovrebbe comunque distruggere. A sua volta li dona a un filosofo e a un sacerdote.

Questo suo amore o ossessione per i libri, lo porta addirittura a far costruire sul suo letto una sorta di mensola al posto del telo del baldacchino. Qui pone due tonnellate di libri presi qua e là e ogni sera si addormenta con l’incubo che questa specie di mensola possa crollargli addosso e possa scomparire così per sempre sotto questo cielo fin troppo umano da cui ha succhiato frasette-caramelle e bevuto sorsate filosofiche.

Una solitudine troppo rumorosa (Einaudi) è sostanzialmente il racconto di tutto ciò che cresce e si sviluppa nell’animo dell’autore da quando si trasferisce da Nymburk ove tutto è bello e il tempo si è fermato, alla realtà, alla grande realtà degli stabilimenti metallurgici.

Hanta rappresenta la sintesi di un’epoca che finisce e una che inizia. È la sintesi di un sogno e del vero operaio che è abituato a lavorare alla vecchia maniera, è abituato a lavorare con le mani e non riesce a comprendere e accettare i nuovi macchinari. Si spezza l’asse di un’epoca durata per secoli e il nostro eroe si ritrova nel luogo della rottura investito dalle schegge delle due epoche.

Forse la chiave giusta per leggere quest’opera è proprio intendere l’autore come un Pierrot incrudito. Un Pierrot proprio perché lui nasce come poeta, incrudito perché la sua struttura risulta essere, dopo innumerevoli vicende, carnale e non spirituale. L’incrudimento dunque come correzione della delicata sensibilità del Pierrot. Scrivere significa diventare più crudi, più puri, sempre e contemporaneamente, libro dopo libro. Il tenero barbaro- come lui stesso a volte si chiama – ci dà, con questo libro un mezzo per sfumare una solitudine troppo rumorosa: suicidarsi per rinascere come fa Hanta. Percorrere nuovamente la strada che va verso gli arcobaleni, quello sulla strada e quello dentro la terra che formano una ruota di Luna Park e Hanta, lì sull’asse centrale, che ogni tanto guarda in alto e ogni tanto in basso, verso il culmine degli arcobaleni…

Elvira Raimondi

 

“L’amicizia di un uomo e una donna è un tormento per due.”

hrabalBohumil Hrabal
Una solitudine troppo rumorosa
Einaudi, 2014 (Collana: Einaudi tascabili. Scrittori)
Traduzione di Sergio Corduas
136 p., brossura

€ 10,00  Disponibile in e-book a 6,99

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