Stella, dove sei? Mi rendo conto che potresti essere ovunque, nel parco, in una colonia felina, chiusa in una cantina, intrappolata in un’intercapedine o tra una terrazza e un’altra, buttata in un cassonetto, affogata nell’acqua del Po e ormai persa tra le onde del mare. Oppure, come dice qualcuno, sdraiata su un altro divano. Tutti nel quartiere ti cercano, tu ti neghi. Come un amore perduto.

Ingredienti

Daria: una donna, un universo.

Vanchiglia: il suo micromondo torinese che vale l’intero.

Stella: la sua gatta sparita

Cécile: ballerina francese ma anche molto di più

Amori sbagliati: q.b.

Prendete tutto, mescolate con cura, aggiungete la visione completa con il sale dell’acume della scrittura, cuocete per un po’ di tempo a fuoco lento. Tempo che comprende idee, editing, presa di coraggio ed avrete È sempre Venere, di Chiara Dotta, edito Paesi Edizioni.

Ho moderato Chiara presso la Libreria Il Ponte sulla Dora proprio nel giorno dell’uscita del libro, che ha coinciso con la Giornata internazionale dei diritti delle donne.

E, di femminile, in tutte le sue sfaccettature, questo libro è intriso.

La protagonista, Daria appunto, è una donna in cerca della sua amata gatta Stella, femmina anch’essa, sparita improvvisamente dal cortile di un palazzo di Vanchiglia, quartiere di Torino.

La ricerca, che è sì un espediente letterario ma che, nel momento della lettura, si percepisce come ricerca vera e propria, dura sei notti e sette giorni, durante i quali emerge potente il vissuto di una donna tra precarietà, separazioni, difficoltà economiche e l’amore per altre donne e uomini, che l’hanno spesso usata e ferita, ma mai,fortunatamente,distrutta.

E la vita non è un filo unico e retto che parte da un punto e giunge a un termine. No.

Qui si intreccia con altri vissuti e altre storie, anche temporalmente lontane.

È quel che accade con la storia nella storia di Cécile, ballerina dell’Operà di Parigi dell’Ottocento, la cui biografia affiora dalle pagine di un diario che Daria sta leggendo e traducendo, e con la quale si immedesima. Storia di amore che si confonde, di privazioni, di problemi economici e di tormenti sociali.

È come se potessi vedere dietro il tendone rosso scuro che separa le quinte dal palcoscenico. So chi c’è fuori, potrei nominare una a una le persone che occupano le prime file, sempre gli stessi. Le luci della Salle Le Peletier illuminano i volti schiariti dal belletto, i gioielli, i boa di struzzo, le parrucche. Mi sembrano tutti uguali, tutti nemici. Tutti in attesa di un mio fallimento e di poter dire malignità sul mio conto, fare apprezzamenti e chiacchiere sulla mia vita, parlare della relazione che ho con il principe Pignatelli. E, dovessi fallire, lui mi lascerebbe?

Tutto vissuto come un banco di prova, in attesa di giudizi, maschili per lo più-

Amore compreso.

Eppure Daria c’è e riemerge e vive, sempre, anche quando non sembra, anche quando quella delusione sembra spezzarle le gambe per l’ennesima volta.

C’è per le figlie, c’è per lei bambina che ricorda la nonna, c’è per il futuro al quale, comunque, guarda con incanto e speranza quasi di pollyannesca memoria.

Ed eccolo il femminile, ancora una volta, in questa Venere che è sempre lei, che contiene tutte e nessuna, nelle nostre molteplici vite che durano il tempo di realizzare quei quattro o cinquantamila desideri.

Seduta sul mio balcone di fronte alle vetrate nere, sorseggio vino bianco in questo tramonto cittadino che ho visto milioni di volte eppure mi sorprende ancora.

Eppure.

Siamo così.

Natalia Ceravolo