Emma Reyes, la famosa pittrice e artista colombiana, scrive Il libro di Emma, un memoir epistolare composto da 23 lettere all’amico Germàn in cui ricorda la sua infanzia. La piccola Emma ripercorre la sua aspra infanzia tra Bogotà in cui giocava a fare pupazzi con la spazzatura in una discarica, in cui trascorreva molte ore chiusa al buio di una stanzetta senza finestre da cui usciva quotidianamente per andare a svuotare un vaso da notte colmo fino a un convento di clausura, in cui le giornate passavo a lavorare 12/15 ore al giorno a pulire o ricamare, nei migliori dei casi.
Emma non ha mai saputo chi fosse sua madre e suo padre, fino all’adolescenza non sapeva leggere e scrivere. Emma racconta storie di stanze chiuse, cupe e escluse dal mondo.
Storia di privazioni, abbandoni, ingiustizie. “Credo che in quel momento imparai d’un colpo cos’è l’ingiustizia e che un bambino di soli 4 anni può sentire il desiderio di smettere di vivere e ambire a essere divorato dalle viscere della terra. Quel giorno fu senza dubbio il più crudele della mia esistenza” scrive quando assistette all’abbandono del fratellino in una cesta vicino ad una grande porta bianca.
Non sembra vero che la grande pittrice abbiamo potuto sopravvivere alla sua infanzia deprivata di tutto, non c’è ombra di tenerezza, non ci sono adulti che accarezzano bambini, non ci sono adulti che si prendono cura, Emma cresce sola, non chiede niente a nessuno, non ha una persona a cui rivolgersi a cui chiedere aiuto, e quando bagna il letto ogni sera per paura del diavolo, viene punita dalle suore.
Per tutto il tempo della lettura del libro sono stata in pensiero per la piccola Emma, che in realtà piccola non lo è stata mai. Da un momento all’altro mi aspettavo che Emma morisse, cioè implodesse, esplodesse la sua angoscia. Invece la bellezza del libro sta tutto in una forza, una sorta di magia che lo attraversa: Emma non perde mai la speranza, la fiducia nel mondo e la viva curiosità.
Il libro non è triste, la scrittura è sempre ingenua, come d’altronde ingenua è l’infanzia, ingenua e carica di vitalità. Emma è vitale, sopporta, non si lamenta mai, d’altronde non conosce il mondo, non sa come va il mondo, le raccontano che tutto ciò che riguarda il mondo è peccaminoso.
Mi ha emozionato particolarmente questa forza che mostra Emma di opporsi al suo destino che era quello di passare direttamente dal convento al cielo senza entrare nel mondo: “faceva tutto parte del mondo eccetto noi, non ci era permesso di chiedere spiegazioni di niente, qualunque cosa riguardasse il mondo era peccato punto e basta. Le nostre vite non avevano futuro e la nostra unica ambizione era passare direttamente dal convento al cielo senza passare per il mondo”.
Questo libro è il racconto del miracolo e della meraviglia che una bambina strabica, spesso scacciata, che ha subito continue umiliazioni segregata dal mondo che una bambina cresciuta con la paura del diavolo e del peccato sia diventata la pittrice di fama mondiale e tanto amata da Gabriel García Márquez.
Alba Pappalardi
Il libro di Emma è pubblicato da SUR. Qui l’intervista a Marco Cassini.
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