Questi bravi ragazzi di ex libris mi hanno proposto di parlare del mio primo libro, Fuck Vitalogy Today. Fantastico.
L’unica cosa interessante che posso dirvi è la mia interpretazione del titolo, del quale vi offro la seguente libera traduzione: “Manda a ‘fanculo tutto quello che ti è successo oggi”. Dirò anche che il titolo è in inglese perché l’ho pensato in inglese, perché mi suonava bene in inglese, perché non c’era una traduzione altrettanto efficace e, a posteriori, perché nei due minuti che ho trascorso in bagno prima di mettermi a scrivere queste righe ho capito che la mia inclinazione naturale è scrivere ciò che vedo attraverso quello che sento usando tutto quello che mi serve.
Detto questo avrei concluso, perché non ho intenzione di stare a spiegare cosa ho scritto o perché l’ho scritto. Non perché io sia un deficiente che pretende di farsi una recensione senza dire nulla, ma perché io credo veramente di aver già scritto nel libro quello che volevo condividere con voi. In fondo sono un inguaribile romantico che pensa che scrivere sia come infilare biglietti di carta in bottiglie che vagano per oceani, bottiglie che arrivano o non arrivano a qualcuno, bottiglie che si spiegano da sole. E poi io potrei dire cosa penso di quello che ho scritto, come lo sento. Ma cosa cambia? Ognuno deve viaggiare da solo alla fine, perché è giusto che ognuno sogni, pensi, costruisca in splendida, mitigata solitudine.
E il confronto dove lo metti, dirà qualcuno. Lo metto dopo. Non posso confrontarmi su una cosa che magari voi ancora non conoscete. Se invece voi aveste questo insano desiderio (cioè sapere cos’è questo libro prima ancora di averlo letto) dovremmo prima discutere di come sia possibile che ci siano ancora decine di zanzare in camera mia, ma anche qui non sapete di cosa sto parlando.
Insomma, secondo me la vera funzione di una recensione deve essere di informare dell’esistenza di qualcosa, non di sviscerare questo qualcosa secondo un’interpretazione che sarà sicuramente quella più autentica (visto che il libro l’ho scritto io) ma non l’unica cosa e tanto meno la più importante o la migliore.
Allora vi dico, tenendo in conto che il 60% di voi mi potrebbe stare sulle balle e non avrei alcun interesse a comunicargli qualcosa, che in Fuck Vitalogy Today sono raccolti due romanzi brevi, uguali, ma diversi. Il primo s’intitola La mia vita è una sospensione di tempo e parla di un gruppo di ragazzi, con la voce di un gruppo che viene fuori da un dialogo continuo, dalla prima all’ultima pagina. Il secondo ha il titolo del libro, è la storia di uno solo, con la voce di uno solo, in una stanza sola.
Di più non saprei dire.
Con i capelli sugli occhi.
L’autobiografia del 1998
SIMONE BATTIG
Nasce nell’anno del Servo 1974 a Treviso, dove tuttora vive, deambula e segue dieta a base di zuccheri. Ha frequentato lungamente e divertendosi molto il Liceo classico “A. Canova” di Treviso. Ha trascorso tre mesi di vita iscritto alla facoltà di storia della prestigiosa università di Venezia, ma al momento di dare il primo esame è partito per Cuba. Non è più tornato all’università. Ora svolge con piacere e senso della patria il complesso ruolo di obiettore di coscienza. Contemporaneamente porta avanti suoi studi personali sulla fusione nucleare a freddo, sugli stati di catalessi indotta o autoindotta, sull’interessante problema delle faide mafiose all’interno di formicai apparentemente tranquilli e, infine, sull’agorà greca, luogo immobile dove gente con un sacco di tempo per riflettere beveva vino, seguiva l’energia dionisiaca e cominciava a capire delle piccole cose.
Crede fermamente in essi, loro, alcuni. Sente profondamente Peter Greenaway, Kenneth Branagh, Uruseyatsura, Pier Vittorio Tondelli, Bret Easton Ellis e qualche altra persona che gli sta vicino o che parte e ritorna.
C’è, e si sente così così.
in fede, quello scritto in maiuscolo sopra.
Una pagina da “Fuck vitalogy today”
Ho sette anni e gioco in un angolo della mia camera, disteso su un tappeto bianco, peloso e polveroso. La porta della mia camera è aperta. Dalla mia camera sento la voce dolce di mia madre che canta una delle sue vecchie canzoni. Mia madre è giovane ma le sue canzoni sono vecchie. Sono nella mia camera. La mia camera mi piace moltissimo, mi sento in pace nella mia camera. E continuo a giocare.
Sopra di me sta appesa un’enorme foto del muso di un coker. È incorniciata come un quadro, la foto dentro la cornice è più grande di me e mi sovrasta. Il coker della foto sembra una persona, è ben pettinato, porta degli occhiali tondi abbastanza appariscenti, un golf di lana e una cravatta rossa con dei fiori neri. Continuo a giocare.
Sento freddo, come un brivido, dell’aria attraversa il mio corpo, e alzo gli occhi verso la porta della mia camera. La mia camera è sempre stata un posto tranquillo. Ma ora ci sono due diavoli che stanno parlando sulla soglia della porta della mia camera. Sono deformi e unti, bavosi dalle voci stridule. Rimango paralizzato. Smetto di giocare e rimango paralizzato. Si voltano verso di me, i diavoli, mi guardano come se anche loro fossero sorpresi di vedermi e smettono di parlare. Il sangue allora mi esplode nelle vene, grido – Mamma – ma non sento la mia voce e corro, incomprensibilmente, verso i diavoli.
Li attraverso.
Ho ventidue anni e passo sotto un cavalcavia che unisce due terrapieni cementati. Premo a tavola rasa mentre le tempie mi pulsano impazzite. Sul muro che lascio veloce alla mia sinistra c’è scritto No All’eroina e io penso che chi l’ha scritto deve essere un gran consumatore di canne e coca. Altrimenti avrebbe scritto semplicemente No alla droga.
La biografia oggi
Simone Battig è nato nel 1974 a Treviso. Ha pubblicato quattro libri con vari editori: Fuck vitalogy today (Theoria 1997), Sul Nulla (Theoria 1999), Neogenesis (Barbera 2006) e Da quando non sono qui (Barbera 2007). Suoi testi sono presenti in diverse riviste e antologie degli anni Novanta e Duemila. Nel 2009 ha fondato la rivista on line “Samgha” che ha lasciato nel 2012. Per il resto, nel tempo, ha fatto parecchie altre cose.
Gli articoli di Simone Battig su exlibris20:
Di capre, intelligenze artificiali e scrittori buoni solo da morti
Matteo Galiazzo. Un’intervista, cha-cha-chat?
Lo stagno di fuoco, Daniele Nadir
E tu cosa ne pensi?