Aspetta: prima di iniziare a leggere, afferra le cuffie e preparati a schiacciare play. Potrei chiederti di far partire David Bowie con la sua Heroes, manifesto di un’intera generazione, perché è proprio questa canzone a ispirare il titolo di Gli eroi si baciano, ultimo romanzo del libraio itinerante Filippo Nicosia, edito da Mondadori.

Eppure, quella che ti chiedo di scegliere è Capolinea, di Rancore, per immergerti in una Roma notturna e disincantata, madre di lavapiatti, barman, infermiere, modelle, editori, scrittrici o fotografi; madre di figli i cui destini si sfiorano continuamente, in un gioco di effetto dominino solo in potenziale.

Filippo Nicosia mette in luce nove vite molto diverse tra loro, eppur simili e vicine in un aspetto più profondo: all’unisono, sono specchio di una generazione, quella nata alla fine degli anni Settanta e inizio Ottanta, che fa fatica a catalogarsi o forse rifiuta qualsiasi catalogazione.

In bilico tra sogni e baratro

In una Roma notturna e disincantata, si sfiorano di continuo i destini di Jérôme, barman col mito di Malcom X, Cecilia, editor infelice, Bernardo, fotografo insicuro, Betul, bellissima modella con un passato più triste del presente, Antonio, cuoco sognatore con un fratello molto diverso da lui, Marcella, materna infermiera, Nina, aspirante scrittrice, fragile e agguerrita assieme.

Sono persone molto diverse tra loro, ma fanno da soggetto unico alla storia: dieci anni, dal 2005 al 2015, vengono raccontati attraverso il loro passaggio su Roma, vera co-protagonista del romanzo, e insieme -la vita nelle sue più disparate forme e la città eterna- restituiscono al lettore il fotogramma di un’intera generazione che è nata sul finire degli anni più cupi della storia italiana e ha dovuto imparare a costruirsi un proprio destino avendo in mano quel poco che è rimasto dopo le bombe sulle piazze e nelle stazioni.

In perenne bilico tra i sogni, che devono essere urlati e difesi, e il baratro della sensuale decadenza di Roma si consumano le pagine e le vite dei protagonisti, che restano appesi a un filo e si sussurrano, a scambi continui, parole di conforto, come a dirsi che in questo viaggio che va vissuto in solitaria nessuno è davvero solo.

Paesaggi policromatici

Così come sono diverse le vite, gli umori, le tendenze dei personaggi, così lo stile scelto dall’autore per raccontarli è diverso: Nicosia passa dalla prima persona alla seconda, poi terza, poi ancora prima, poi terzine che compongono un intero capitolo (è in versi che si racconta Suman, uno dei protagonisti). Nel suo solo apparente disordine, il testo dà colore ai destini che popolano una Roma a tratti feroce.

Nicosia racconta per immagini, volutamente sbieche, quasi come fosse un esercizio di stile, mettendo a fuoco il più piccolo dettaglio ma sorvolando sul quadro generale; i suoi personaggi sono attaccati al presente e alla loro vita in un passionale ballo della morte.

C’è l’amore, l’odio, la rabbia, la cocaina, l’arte e l’alcool; la vendetta e la passione, la luce e l’ombra dei vent’anni che diventano trenta scivolando via dalle mani e attaccandosi alle pietre di una città eterna, destinata a sopravvivere ai destini che abbraccia in sé.

Filippo Nicosia regala al lettore un’opera silenziosamente dolorosa, le sue fotografie di parole sono colpi sordi che fanno male. Gli eroi si baciano non è solo in quadro di dieci anni di storia; è tutte le disillusioni che si appiccicano addosso ai personaggi e li sbiadiscono; è la vita vissuta che appesantisce le spalle e, come un tarlo, consuma gli occhi che fissano l’obiettivo di Nicosia, nascosto dietro una Roma matrigna all’interno della quale toni freddi e caldi si mischiano, e in cui ognuno cerca di farcela come può, scontrandosi e incontrandosi col mondo e con gli altri.

Qui smetto di scrivere, tu sarai ormai arrivato alla fine della canzone di Rancore, o forse ci sei quasi; salutandoti, ti chiedo: prima o poi supererai la paura del buio? È la partenza e l’arrivo.

Silvia Rodinò