“Ci sono giorni in cui mi mancano tutti, anche quelli che ho mandato via io. Sono i giorni in cui mi sento più sola, smarrita”

Scrivo dei libri che leggo, ovviamente.

Scrivo dei libri di cui parlo, anche. In questo caso qualche giorno fa da Binaria, nella primissima presentazione, primissima data del tour che vedrà l’autrice Enrica Tesio in giro per l’Italia, a donare parole, risate, pensieri.

Perché fa così, come i suoi libri.

I sorrisi non fanno rumore è una favola dolce e amara come la vita vera. Una favola che parla di adulti e bambini, degli adulti che continuano a crescere anche quando credono di essere giunti a un punto di maturità ormai impassibile all’evoluzione della vita. E di bambini che imparano a gestire idee ed emozioni (ambizioso, sì).

Antonia, detta Toni, è una scrittrice e illustratrice di romanzi per ragazzi di enorme successo. Ho creato un personaggio amato, Ottava Meraviglia.

Amato da tutto tranne che da lei, Vittoria, sua figlia.

Vittoria odia Ottava MerDAviglia, odia quel successo, odia forse il fatto di dover condividere quella mamma brillante e conosciuta con tante, troppe persone.

Un giorno vicino al Natale, di quelli che dovrebbero essere perfetti e fare rima con la magia, Toni, durante un evento trasmesso anche in diretta social legato al suo romanzo, in un teatro stracolmo di bambini, dice una cosa grande, pericolosa, vera per carità, ma brutta, come sanno essere le verità che distruggono i sogni: Babbo Natale non esiste. Una pietra così, buttata lì, lapidaria, volante su un pubblico attonito e sconvolto.

Lei che con i bambini aveva creato un patto e un linguaggio.

Lei che forse aveva bisogno di un momento per ricongiungersi con il suo posto nel mondo.
Lo fa cosi, sconveniente come un rutto durante il matrimonio, nel silenzio del momento del “sì, lo voglio”.

Ed è da qui che prende piede il tutto.

Cosa?

Fare i conti con il lutto, ad esempio.

Aver perso la mamma, quella persona che con la stessa vocale e la stessa consonante ripetuta che sa essere casa, consolazione, scazzo e crescita. Tutto con 2 A e tre M.

Si può essere figlie ancora, e ancora una volta, anche senza gli occhi della mamma da guardare?

E si può essere figlie essendo madri a nostra volta?

Fare i conti con i fallimenti, ancora.

Gli amori perduti, quelli mai vissuti per timore.

Quelli nuovi che il cinismo dell’età adulta fa fatica ad accogliere.

Ritornare nella casa natìa per chiudere dei cerchi dolorosi ma necessari.

E forse, perdonarsi.

E forse, darsi ancora delle speranze.

E, forse, vivere.

“Diciamo che mi sono sentita al riparo.

È un buon segno. Le persone, quelle giuste, riparano le crepe, le ossa rotte, i giorni andati, e riparano anche nell’altro senso, dal brutto, dal pericolo”.

I sorrisi, davvero, non fanno rumore?

Natalia Ceravolo