Mi sono sempre lasciata ispirare dalle storie, per lo più racconti o romanzi brevi, che traevano il loro titolo da un oggetto, un particolare del protagonista magari; quella cosa materiale che offriva lo spunto per lo sviluppo narrativo, a tal punto da divenire protagonista essa stessa.

Forse per via della dimensione affabulatoria ereditata dalle storie dell’infanzia, dove tutto spesso ruota intorno a scrigni segreti, mantelli magici, scarpe che rivelano poteri sorprendenti. Queste ultime, forse, persistono nell’immaginario condiviso di milioni di donne pure da adulte. In ogni cultura e luogo della terra. Ma questa è decisamente un’altra storia.

La cosa, dicevamo.

Il cappotto che Gogol’ aveva fatto indossare al suo Akakij Akakievič rappresentava il miraggio di un’ascesa sociale, il lasciapassare per godere di una bella vita nella buona società, ma finisce per costituire la sua rovina in una San Pietroburgo resa ancora più glaciale dalla solitudine. La giada cinese nella collana rubata a Los Angeles che il detective privato John Dalmas, sapientemente tratteggiato da Raymond Chandler, deve ritrovare, aveva fornito all’autore il banco di prova per diventare maestro dell’hard boiled e parlare di un’America nuova, popolata da loschi gigolò, sensitivi di dubbia provenienza e ricche signore che avrebbero speso le loro fortune per un buon whiskey.

L’oggetto che diviene desiderio, ricerca, tensione verso qualcosa di più grande. L’oggetto mutuato in pretesto, in occasione per superarne il limite fisico e farne qualcosa di infinitamente più esteso.

Così, quando tra le mani mi è capitato Il fucile da caccia di Inoue Yasushi, piccolo gioiello di 101 pagine edito da Adelphi, subito sono andata a leggere cosa fosse celato dietro quel titolo, così in linea con una storia negli ambienti dell’arte venatoria. Ma qualcosa mi diceva che anche il quel caso mi trovavo di fronte ad un pretesto, e quindi ho scorso le pagine.

E cammina cammina…

Mi sono trovata di fronte a una piccola ma potente storia di amore, di tradimento, di silenzi e di mancanze; la parabola di una relazione impossibile tra cognati e la conoscenza di una parte della famiglia di quel sentimento taciuto. Un uomo e tre donne che attraverso un racconto epistolare riescono a disegnare vite in un’apparente e calma ritualità quotidiana, tenendo per sé stessi un mondo emotivo fatto di rabbie che non arrivano ad esplodere mai.

E cammina cammina…

Ho assaggiato una brevità ragionata, una simmetria perfetta di sentimenti nella quale alla pacifica coerenza esteriore corrisponde una vita segreta e inconfessabile, che appartiene all’intimo dei personaggi come al vissuto emotivo di ognuno di noi.

E cammina cammina…

Sono inciampata nella maestria di un poeta e critico d’arte, che esordisce a quarantadue anni come scrittore svelando subito ai suoi lettori il suo tocco sensibile, la sua umanità condensata in un lessico semplice e lieve. Nella spontanea freschezza di una narrazione che ricorda proprio la favola, il racconto diretto per eccellenza, stavolta destinato ai grandi, per i quali l’autore cerca di esplorare il lato oscuro dell’animo umano, di spiegarlo per quanto è possibile nella sua prevedibile irrazionalità.

Un po’ come accade ai bambini che, attraverso le storie, si fanno un’idea del mondo che li circonda, dando un nome alle cose, ai fenomeni, ai sentimenti. Alle proprie emozioni.

Cercando di comprendere quell’universo adulto, strano e un po’ bizzarro, che si trova lì, pronto ad attenderli.

Angela Vecchione

 

Inoue Yasushi si laureò con una tesi su Paul Valéry e intraprese la carriera giornalistica. Esordì con La lotta dei tori (1949), racconto dal tono nichilista, e Il fucile da caccia (1949), breve romanzo epistolare considerato tra i suoi capolavori. Fu anche poeta, critico d’arte e autore di molti romanzi storici ambientati in diverse epoche del Giappone e in Cina. Nella sua copiosa produzione: Vita di un falsario (1951), La corda spezzata (1956), Ricordi di mia madre (1975) e i racconti La morte, l’amore, le onde (1950), Giardino di rocce (1950), Anniversario di matrimonio (1951).

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