Pubblicato a febbraio di quest’anno e redatto dalla casa editrice napoletana inKnot Edizioni, è proprio nella bella Napoli, in un contesto universitario, che è ambientato il libro. I protagonisti Francesco, Giovanni e Alice, si sono conosciuti qui, ed è qui che si vedono per l’ultima volta. Ognuno ha la sua storia, che in un modo o nell’altro interferisce con chi lo circonda. Il racconto è un intreccio tra amore e amicizia, insegnamento e riflessione.

Cosa c’è di più bello di un’amicizia nata all’Università? Si inizia dallo scambiarsi appunti, fino ad arrivare ad ambire alla stessa cosa. O alla stessa persona.

Il titolo è spiegato dall’autore: Il paradiso degli interstiziè la capacità di sognare, di lasciarsi andare”. È proprio il desiderio di non pensare, di godersi il momento, quasi come se fosse un obbligo, che l’autore, Gianfranco Pecchinenda, attraverso i protagonisti, vuole comunicarci.

Mentre lo si legge, capita spesso di sentirsi catapultati in un’altra dimensione, tra sogno e realtà. Troviamo, infatti, riferimenti alla letteratura kafkiana e dostoevskijana.

Tre buoni motivi per leggere questo libro:

  1. I personaggi.
    Ben caratterizzati, in particolar modo il professor Omar Amalfitano, professore attento e appassionato al suo lavoro, che l’autore descrive come il “maestro intellettuale”. È quasi come se ci ponesse, in alcuni paragrafi, una filosofia dell’insegnamento e, soprattutto, dell’apprendimento. Sappiamo apprendere in modo corretto? Prepariamo la nostra mente a quello che qualcuno ci sta
    spiegando? Il passaggio va fatto con leggerezza.
    Mi sento di dire che è proprio la leggerezza, la parola chiave del racconto.
  2. I dialoghi e la scrittura.
    Per niente scontati e, anche se sono carichi di filosofia e di ragionamenti, sono esposti sempre in modo semplice e molto scorrevole. Non troviamo mai banalità.
  3. I temi.
    Oltre a quelli descritti sopra, anche il tema della morte è ricorrente.
    È analizzato dal punto di vista individuale e sociale e quali sono gli effetti che produce. È il libro perfetto per chi vuole evadere dalla realtà, pur restando ancorato nel reale, molte volte fatto di problemi, paure e incertezze. Perché in fondo, non siamo i soli a sentirci così.
    Non è il solito libro sul senso della vita. È stato scritto per chi ama le storie d’amore. In relazione a sé stessi e agli altri. Questo tipo di storie servono, se non altro per interrogarsi su quello a cui non facciamo mai caso: il nostro posto nel mondo, il ruolo che vorremmo avere in esso, al fatto che tante (troppe!) volte non riusciamo a cogliere il significato vero e trasparente che è lì, sotto i nostri occhi, ma che ci lasciamo sfuggire perché siamo impegnati a cercare di dare un senso a quello che sta succedendo e non ci lasciamo andare del tutto. Perché non sempre si deve trovare un senso, non sempre bisogna avere tutto sotto controllo.

    Maria Marsicovetere