Anno 1 | Numero 3 | Novembre 1997

L’etnologo Marc Augé – paragonando antropologia e storia – ha individuato tra le due discipline questa differenza fondamentale: mentre la prima ha il privilegio di poter praticare l’osservazione diretta (simultaneità) la seconda ha il vantaggio di sapere com’è andata a finire (prospettiva). Vantaggio da non lasciarsi sfuggire: lo sa bene Manuel Vázquez Montalbán, che costruisce il suo romanzo, (Il pianista, Sellerio, 1994), seguendo un percorso a ritroso, partendo dal presente della Catalogna postfranchista, passando per la Barcellona claustrofobica della dittatura del dopoguerra, fino ad arrivare ai fermenti della vigilia della guerra civile spagnola, riuscendo così a collocare quel nodo storico fondamentale – per buona parte ancora irrisolto – in una prospettiva che ne illumina le conseguenze sociali e simboliche per la politica europea, e soprattutto per la sinistra europea.

Il percorso – costruito con la maestria da scrittore di gialli che è propria di Montalbán – si snoda attraverso le tappe di tre capitoli che compongono il libro, svelando pian piano l’intento e permettendo soltanto alla fine di ricomporre il mosaico. Soltanto alla fine, appunto, il lettore si avvede del disegno, e si accorge che paradossalmente tutto il libro è nel primo capitolo, proprio quello dove il protagonista non è presente se non sullo sfondo. Parlare di protagonista per quanto riguarda il pianista Alberto Rosell è del resto qualcosa che sa di forzatura, qualcosa che quasi conduce il lettore ad arrossire, come se la sua cattiva coscienza fosse messa a nudo: forse, più che di protagonista, si potrebbe parlare di lui come una vera e propria coscienza del romanzo.

Barcellona, inizio anni Ottanta: in un locale finto-trasgressivo in fondo alle Ramblas, tra numeri frivoli di ambigui travestiti, che avevano significato ben altro nella cappa asfissiante della dittatura di qualche anno prima, si muove quella che era stata l’intellighenzia antifranchista militante. Che era stata. In altra sede Montalbán dovrà ammettere: “Contro Franco vivevamo meglio”. Frase rivelatrice: le grandi promesse fallite con la loro coerenza spuntata, i transfughi nelle cui vene, anziché il sangue rivoluzionario di un tempo, scorre qui ormai soltanto orzata, gli opportunisti dell’ultima ora, tutti paiono essere soltanto l’ombra di quello che avrebbero dovuto essere. Il franchismo se n’è andato da solo, non è stato abbattuto: se n’è andato quando aveva esaurito il suo compito, vittorioso forse più dopo che prima. Questo non si può scordare. Fingere, travestirsi: non scordare. E sullo sfondo un vecchio suona il pianoforte, e tra un numero e l’altro cava dallo strumento note che paiono silenzi, ombre del passato, solo, incommensurabilmente solo, isolato in mezzo al rumore. Mentre nella stessa sala, a pochi passi, ma moralmente, eticamente, così lontano, il suo alter ego, il pianista di successo Doria, il fiore all’occhiello della cultura spagnola, colui che aveva fatto parte delle mitiche avanguardie parigine degli anni Trenta, il genio, l’esteta Doria – colui che, poi si scoprirà, aveva accettato di suonare per Franco in piena dittatura – raccoglie ammirazione, consensi e riverenze da parte della nuova classe politica al potere. La serata finisce, la gente sciama via, il vecchio se ne va solo e lento, torna nella sua casa, nella sua miseria, torna a prendersi cura di Teresa, vecchia compagna sfortunata, anacronistica quanto lui. Proprio da questo punto, dal silenzio fin troppo assordante del presente, si dipana il percorso a ritroso: Alberto Rosell appena uscito dalle galere franchiste nella Barcellona dei primi anni Cinquanta, Alberto Rosell promettente pianista nella Parigi della metà degli anni Trenta in compagnia di Doria e della sua amante Teresa. E qui il nodo: scoppia la guerra civile in Spagna: Alberto torna, in compagnia di Teresa, per arruolarsi tra le fila dei repubblicani: Doria no, Doria non torna, anteponendo la sua arte a tutto il resto: politica, passioni, amicizie, amore, proclami rivoluzionari.

Romanzo politico nel senso profondo del termine, Il pianista pone domande forti alla storia di questo secolo – qual è la funzione della memoria? qual è la funzione dell’arte? che cos’è la coerenza? – domande che si agitano nel lettore e lo costringono a prendere partito, a non sottrarsi, e magari anche a vergognarsi un po’ per quel poco – o tanto – di responsabilità che ognuno ha nel far sì che la storia ne prenda una, di direzione, anziché un’altra.

Rinaldo Celotti

“Se tacessero il pianista e le canzonettiste cubiche, potremmo tutti insieme mettere in scena venticinque anni di storia di una resistenza estetica”

Vázquez Montalbán, Manuel. – Poeta e scrittore spagnolo (Barcellona 1939 – Bangkok 2003). Autore nel quale l’ironia, la creazione di miti personali e collettivi, e l’impegno connotano la poesia e la produzione narrativa. V. M. deve la fama internazionale ai romanzi polizieschi incentrati sulla figura dell’investigatore Pepe Carvalho. Tra questi: Tatuaje (1974), Asesinato en el Comité Central (1981), Milenio Carvalho (postumo, 2004).
Agli esordi della sua attività vi sono le sue pubblicazioni come giornalista e saggista (Informe sobre la información, 1963; Manifiesto subnormal, 1970; Crónica sentimental de España, 1971). Incluso da J. M. Castellet nell’antologia poetica Nueve novísimos poetas españoles (1970), pubblicò raccolte liriche, tra cui: Una educación sentimental (1967); A la sombra de las muchachas sin flor (1973); Coplas a la muerte de mi tía Daniela (1973); Para el viajero que hyue (1991); Memoria y deseo: obra poética 1963-1990 (1996); Ciudad (1997); Ars amandi (2001). Ampia fu anche la sua produzione narrativa, ampiamente tradotta in italiano (Happy end, 1974; El pianista, 1985; Los alegres muchachos de Atzavara, 1987; Galíndez, 1990; Autobiografía del general Franco, 1992; El estrangulador, 1994; El señor de los bonsáis, 1999; Erec y Enide, 2002), che ha accompagnato la fortunata serie di romanzi polizieschi incentrata sulla figura dell’investigatore Pepe Carvalho, tra cui si ricordano anche: La soledad del manager (1977); Los pájaros de Bangkok (1983); La rosa de Alejandría (1984); El delantero centro fue asesinado al atardecer (1988); El balneario (1989); El laberinto grieco (1991); El premio (1996); El hombre de mi vida (2000). Tra le raccolte di articoli e saggi: Panfleto. Desde el planeta de los simios (1995); Un polaco en la corte del rey Juan Carlos (1996); Marcos. El señor de los espejos (1999). Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti, si ricorda il premio Grinzane Cavour (2000). Postumi, tra il 2010 e il 2012 sono stati editi in Spagna tre volumi antologici che documentano la sua attività giornalistica: La construcción del columnista: 1960-1973, Del humor al desencanto: 1974-1986 e Obra periodística III.

Fonte: Enciclopedia Treccani

 

In libreria

Manuel Vázquez Montalbán
Il pianista
Sellerio, 1994

Traduzione di Hado Lyria
337 p., brossura
€ 13,00

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