Il futuro ci fa pensare ai figli e al mondo in cui viviamo sotto una luce che si alimenta, allo stesso tempo, di speranze e preoccupazioni. Cosa faranno, chi diventeranno? Come prepararli ad affrontare scelte complesse? È Luca De Biase, giornalista de Il Sole 24 Ore e fondatore di Nòva24, inserto dedicato all’innovazione, tecnologie e scienze, a proporci una interessante riflessione sull’argomento. Ne Il lavoro del futuro l’autore si è occupato di approfondire il tema compiendo un viaggio nei luoghi in cui al lavoro del futuro ci pensano da tempo. Il libro, attraverso interviste, analisi e contributi dal dibattito internazionale sul lavoro e sul futuro è capace di fornire ai lettori una visione aggiornata e dettagliata di ciò che accade, delle trasformazioni recenti e di quelle in atto, capaci di far riflettere e favorire l’immaginazione di scenari possibili. Come genitori, abbiamo bisogno di aggiornare le nostre conoscenze più datate e renderci disponibili a ampliare e/o modificare la nostra visione su alcuni temi.
Il lavoro del futuro non fa previsioni, piuttosto, suggerisce l’autore “fornisce una prospettiva andando a vedere cosa succede dove il futuro viene costruito”.
Cosa sappiamo del futuro?
Quanto ne sappiamo davvero di intelligenza artificiale, robotica, big data, cloud computing, industria 4.0? Pensiamo che il nostro futuro, e quello dei nostri figli, sia nelle mani della tecnologia o pensiamo che siano le nostre scelte a fare la differenza? “Del futuro sappiamo soltanto che è la conseguenza del presente. Talvolta si agisce in base a una previsione, il che non è garanzia di successo” – spiega De Biase. Secondo l’Institute for the Future la prima legge degli studi sul futuro è: non esistono fatti sul futuro, ma solo narrazioni. “Spesso facciamo scelte in funzione delle conseguenze che pensiamo abbiano proprio in riferimento a quelle narrazioni”. Gli scenari futuri illustrati nel libro sono diversi, a volte contraddittori, ma tesi alla costruzione di narrazioni anticipatorie e strategiche su temi cruciali tra i quali, appunto, la tecnologia, il significato stesso del lavoro, l’adeguamento dei sistemi educativi, e non ultimo, l’importanza di un forte sostegno da parte di genitori e caregiver, nell’insegnare ai più giovani ad immaginare il futuro.
Le macchine al lavoro: opportunità o minaccia?
La nuova rivoluzione industriale e la trasformazione del lavoro è strettamente connessa all’avvento di macchine e tecnologia. “Tra le molte questioni aperte in un problema tanto complesso come il lavoro del futuro- continua l’autore- l’interpretazione delle opportunità offerte dalla tecnologia è parte essenziale della soluzione. La tecnologia crea posti di lavoro o li distrugge? Entrambe le risposte sono plausibili. Internet ha già generato cambiamenti dirompenti in molti settori, come editoria, commercio, turismo, e la prossima ondata sarà guidata dall’intelligenza artificiale e dalla robotica, le cui conseguenze potrebbero essere ancor più drastiche”. Alcuni mestieri saranno sostituiti, ma altri nasceranno, per rispondere alle richieste del momento. La domanda messa con chiarezza a fuoco dall’autore è: come distinguere tra ciò che passa e ciò che dura? È chiaro che chi si limita ad usare le tecnologie lega la vita della propria professione a quella della tecnologia stessa.
Il lavoro è un progetto.
Le rappresentazioni del lavoro sono soggettive e molteplici, ma ciò che deve cambiare- suggerisce l’autore- è “l’atteggiamento nei confronti del lavoro, che non è più soltanto un contratto conquistato ma una relazione con un contesto che va incessantemente coltivata”.
È importante dunque “concentrarsi non tanto sulla quantità del lavoro, quanto sulla sua trasformazione, che ha una portata simile a quella sperimentata nel corso delle rivoluzioni del vapore e dell’elettricità. Proprio come successo in passato- spiega l’autore- la disoccupazione tecnologica rischia di affliggere soprattutto chi innova di meno. La possibile scomparsa di alcuni posti di lavoro deve diventare una spinta ad elaborare un piano strategico”. Come mostra un’inchiesta del “Financial Times” scrive De Biase – “oggi sono al lavoro armate di persone pagate (pochissimo) per etichettare le foto online e insegnare ai computer a riconoscere i contenuti. Non sappiamo che tipo di domanda ci sarà domani. Ciò che è prevedibile è che i lavori più stabili saranno quelli legati a più elevate capacità progettuali”.
Parole chiave.
Ciò che conta è dunque sviluppare capacità progettuali in modo creativo e orientato al risultato, rendendo indispensabile affiancare skills specialistiche a competenze umane importanti. “Le strade del lavoro del futuro passano dal tema delle competenze, ma per imparare occorrono le giuste motivazioni che derivano dalla consapevolezza. Serve una mentalità strategica che consenta di navigare nei cambiamenti mantenendo una rotta”.
Secondo un’indagine dell’Ocse forse il 14 per cento dei lavori potranno essere sostituiti dalle macchine, ma molti più lavori tenderanno a trasformarsi. Gli effetti della trasformazione dipenderanno dalle policy più o meno efficaci. Policy efficaci, sottolinea De Biase, devono tener conto della qualità dei posti di lavoro (oltre che della quantità), mantenere l’inclusività e sviluppare adattabilità e resilienza nel mercato del lavoro.
Adeguamento sistemi educativi
“Oggi viviamo in un contesto culturale quasi totalmente digitale – scrive l’autore- l’adeguamento dei sistemi educativi è il primo argomento da affrontare per poter progettare il lavoro del futuro, perché negli ultimi tempi l’evoluzione della tecnologia è stata più rapida di quella della cultura”. La preparazione è stata lunga, ma la vera trasformazione è avvenuta negli ultimi 15 anni e società ed economia sono rimasti indietro, con conseguenze piuttosto complesse, spiega De Biase. Il risultato è un forte disallineamento tra domanda e offerta di professionalità, che possono essere anche causa di errori nella scelta dei percorsi scolastici. “È necessario superare il disallineamento poiché l’innovazione non è un’opzione, ma una necessità”. Ma il sistema educativo continua ad arrancare senza riuscire a far incontrare efficacemente domanda e offerta di lavoratori preparati. “La velocità del cambiamento tecnologico- conclude De Biase-sfida la cultura a mettersi al passo”.
Coltivare narrazioni intelligenti.
“Il lavoro dei figli. È una sintesi delle preoccupazioni degli italiani. Si devono elaborare policy innovative per favorire l’accesso delle ragazze e dei ragazzi a una occupazione. Ma per disegnarle c’è bisogno di una visione. Discutere le conseguenze di quello che sta accadendo, compreso ciò che avviene nel mondo del lavoro, serve per tentare di costruire una immagine prospettica che possa facilitare le scelte e combattere il senso di frustrazione e paralisi che può cogliere una società che ignora dove sta andando”. Primo passo per i genitori? Insegnare a immaginare, insegnare a coltivare narrazioni intelligenti.
Daniela Rosas
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