Cara Nunzia, parlaci di te.
Sono nata e cresciuta ad Avellino. A 24 anni mi sono trasferita a Roma per fare teatro. Oggi sono doppiatrice e dialoghista.
Da quanto tempo lavori nel mondo del doppiaggio? Come ci sei arrivata?
Ho iniziato a lavorare nel doppiaggio nel 2005. La trafila è stata quella classica, o almeno fino a qualche anno poteva definirsi così. Si entrava in uno stabilimento di doppiaggio, ci si presentava ad un direttore e si chiedeva di “assistere”, cioè di osservare in religioso silenzio attori, direttore, assistente e fonico dar vita a quello che era il doppiaggio di fil, cartoni, telefilm. Dopo giorni, o settimane o addirittura mesi, si chiedeva al direttore di essere “ascoltati” di fare cioè un provino. Il direttore ti diceva come era andato e se ti chiedeva il numero di telefono avevi buone speranze di essere chiamata per fare un turno di “brusio”: un turno dove, il più delle volte insieme ad altri doppiatori (alcuni navigati e molto bravi, altri esordienti o poco più) coprivi i piccoli ruoli.
Quanto è stata importante la tua formazione/i tuoi studi per quello che fai oggi?
La scuola di teatro in primis, i vari stage post scuola di teatro poi, gli studi di antropologia ancor dopo. Persino il conservatorio in giovane età. Tutto è stato utile a formare una personalità che ha sempre guardato all’arte come si guarda a qualcosa di prossimo, di necessario, di inevitabile.
I libri che ruolo hanno nella tua vita?
Un ruolo fondamentale. Ho vissuto molte vite, grazie ai libri e al teatro, ma i libri ancora oggi che il teatro non è più presente nella mia vita (non lo avrei mai detto, ma questa è un’altra storia) sono il mio rifugio, il mio premio, un modo per interpretare il mondo.
In che modo sono stati importanti per il lavoro che fai?
Il lavoro di dialoghista è molto delicato, impegnativo e richiede di essere sempre aggiornato, di conoscere cose delle quali non ti sei mai interessato poiché lontane da te per gusti, formazione, interessi, credo. Ogni libro, articolo, conoscenza condivisa può ritornare in un dialogo di una serie televisiva poiché può aprirmi chiavi di lettura; può insegnarmi un linguaggio specifico di una data categoria; può aiutarmi a sciogliere un nodo che la traduzione letterale non ha sciolto.
C’è un libro in particolare che ha avuto un ruolo decisivo in quello che sei oggi? Ce ne vuoi parlare brevemente?
Uno dei libri responsabili di tante scelte della mia vita è un libro di poesie di Pier Paolo Pasolini. In particolare Il pianto della scavatrice che mi ha spinto semplicemente verso l’ineluttabile, anche quando sembrava la cosa meno ovvia.
Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
Non credo di avere il diritto (e sicuramente non mi difetta il buonsenso) di aggiungere altro a questi versi.
Intervista a cura di Angela Vecchione
E tu cosa ne pensi?