Cristina Cassar Scalia è una delle autrici che ha partecipato negli scorsi anni alla Borsa del Libro del Women’s Fiction Festival di Matera, un luogo dove aspiranti autrici possono incontrare editor e confrontarsi sul proprio lavoro di scrittura.

Cristina Cassar Scalia medico e scrittrice di successo. Quando ha iniziato a dare vita a questa doppia anima? In che momento della sua vita?

Sono nata prima come scrittrice, sicuramente. Ho iniziato a scrivere a 12 anni, ho sempre coltivato questa passione dentro di me. L’amore per la medicina è nata successivamente, a 18 anni, quando ho deciso di percorrere parallelamente una strada concreta che mi piacesse. Queste due anime coesistono, sono io.

Sabbia nera (2018), La logica della lampara (2019 e 2020), La salita dei Saponari (2020 e 2021) e L’uomo del porto (2021) – tutti pubblicati da Einaudi, sono i suoi meravigliosi romanzi che hanno come protagonista il vicequestore Vanina Guarrasi, donna impegnata, risoluta, ironica, sfaccettata. Cosa potrebbe raccontare a chi ci legge di questa donna?

Il vicequestore Giovanna Guarrasi, detta Vanina, trentanovenne palermitana trasferita alla Mobile di Catania è una donna complicata. In un primo momento sembra sempre, costantemente padrona della propria vita, ma non lo è. Sicuramente è molto sicura e determinata nella sua vita lavorativa: è una donna risoluta che fa carriera, ma nella sfera personale il fatto di aver visto a 14 anni il padre, ispettore di polizia, ucciso dalla mafia sotto i propri occhi, ha segnato gran parte del suo carattere e ha condizionato la sua vita. È stato un acceleratore in polizia perché la sua determinazione era enorme, ma nell’intimità ciò l’ha portata ad andar via da Palermo e quindi a lasciare il suo compagno, probabilmente anche per non dover replicare più quel tipo di dolore, troppo forte. Come dicevi tu è anche molto ironica, di una ironia spesso spiazzante.

Una parte importante nel suo romanzo la gioca la Sicilia, non solo nell’incorniciare la vicenda ma anche nel definire il comportamento dei personaggi e le loro azioni. Possiamo dire che abbiamo una terra protagonista tanto quanto i personaggi?

Sì, assolutamente. La Sicilia è una terra che non riesce, che non può rimanere nello sfondo. Quando si parla della Sicilia, quando si racconta della Sicilia, essa diventa protagonista tanto quanto i personaggi veri e propri.

Parliamo un attimo di Women’s Fiction Festival di Matera, giunto alla quindicesima edizione e che nel corso degli anni ha fatto scoprire autrici di successo come lei, Gabriella Genisi, Giuseppina Torregrossa. Dopo un periodo muto, e chiuso che ci ha fatto comprendere la solitudine e l’isolamento si torna a puntare i riflettori sul potere della parola?

La parola in questo periodo ha avuto un’importanza fondamentale. Mai secondo me come in questo momento si ha avvertito la necessità dei libri, privati come siamo stati, in modo innaturale, della possibilità di vederci, di scambiarci opinioni e idee, isolati. La tecnologia ci ha aiutati, ci ha supportati in un momento che speriamo volga davvero al termine. Io sono molto legata al WFF. Nel 2013 sono arrivata lì con un romanzo romantico, molto diverso da quello che scrivo ora. Sono arrivata con la voglia di imparare qualcosa ma non credevo che sarebbe stata per me la svolta che poi in realtà è stata. La Borsa del libro, che segna l’occasione in cui autrici e autori con un manoscritto nel cassetto possono confrontarsi con importanti editor e agenti letterari nazionali per verificare la possibilità di una pubblicazione, è stata la parte preponderante della svolta. Sono arrivata lì con un’amica, molta emozione e molte idee, e sono tornata a casa con un probabile editore interessato e con una probabile agente (che poi è diventata davvero la mia agente e lo è tuttora), Maria Paola Romeo, a cui devo tantissimo.

La mia domanda storica di chiusura delle interviste/presentazioni dei libri è: tre aggettivi con cui descrive i suoi romanzi.

Gialli, fantasiosi, siciliani.

Grazie

Intervista a cura di Natalia Ceravolo

Intervista con Giuseppina Torregrossa
Intervista con Gabriella Genisi