“I cani dicono parole
che solo i poeti
e i bambini
sentono”

Le parole di mio padre di Patricia MacLachlan è ambientato in America, una cultura simile ma non uguale alla nostra, ma la fantasia per entrare in quel mondo può essere facilmente alimentata dai film o dai telefilm americani e quindi possiamo immaginarci  e contestualizzare quelle cittadine disseminate di villette equidistanti, con il giardino e i vialetti ordinati, con le siepi e i barbecue, i bambini col cappellino con visiera che giocano a basket e le grandi auto parcheggiate sulla strada. Queste conoscenze ci possono essere utili perché il libro non si concentra certo sui dettagli o sulle descrizioni dei personaggi, degli oggetti e delle cose. Racconta poche cose importanti per il senso della storia: il punto di vista di un’adolescente, Fiona, che ci descrive bene all’inizio solo delle omelette, poco cotte, fatte dal padre, unico dettaglio per una storia in cui una famiglia è protagonista e che conosciamo subito senza perderci in  preamboli descrittivi. La madre in quel momento studia e lavora e non c’è, ma il padre è presente in quel momento nella villetta, fa colazione con i due figli: Finn un bambino di quinta elementare e Fiona una ragazzina adolescente, la protagonista, che vede le cose e le racconta.

Il libro arriva subito al cuore della storia, già alla sesta pagina si svela la tragedia: la morte improvvisa del padre che ci accompagnerà fino al riscatto finale. Tratta di un argomento molto difficile e impegnativo: la morte di un genitore e delle conseguenze che derivano dalla perdita,  il vuoto e il dolore provocati dall’assenza della persona amata, lo smarrimento e il senso di solitudine che arrivano quando un distacco avviene inaspettato e all’improvviso. Si entra subito  nel dramma, anzi si precipita nella tragedia di colpo e quell’ordine fatto di famiglia, villette e basket, viene sovvertito,  per  suggerire gradualmente una possibile  cura per ripartire e vivere.

Man mano che il libro prosegue scopriamo il carattere dei personaggi, le loro paure, i ricordi, le passioni, le loro domande, i vicini di casa, gli amici presenti e al telefono, il concetto fondamentale di rispetto e ci troviamo dentro una sorta di complice gioco che ci porta a vivere il funerale del padre e a seguire le parole del suo testamento e del suo modo d’essere.

E poi la vita riprende e il libro scorre portandoci nell’estate in cui la giovane adolescente fa temporaneamente da madre al fratellino, cucinando polpette e la tristezza dell’assenza si fa pesante, ma le parole possono aiutare a trovare soluzioni e cosi il piccolo amico-vicino di casa cerca tenacemente parole per consolare Finn, il bimbo rimasto senza padre e alla fine le trova scritto su di un volantino: rifugio per cani.  L’amicizia di un piccolo vicino sarà la chiave per aprire la prima porta.

Le avventure dei ragazzi proseguono in quel rifugio in cui incontreranno cani felici o forse cani felicemente in attesa di trovare proprietari, e umani molto umani.  Ci si può curare a vicenda? Lo stare insieme, i rapporti, la condivisione, le passeggiate e i rituali, sono le azioni che aiuteranno Finn a cercare una soluzione per vivere meglio e  vivere diversamente.

Emma è una cagnolina triste che resta girata e guarda il muro della gabbia in cui è rinchiusa, non desidera e non reagisce, esattamente come Finn, ferito dalla morte del padre e dalla modalità tragica dell’incidente.  Fa fatica ad accettare, fa fatica a perdonare.

Saranno altre parole contenute nei libri a dettare una soluzione. Parole che accompagnano umani che combattono un dolore e cani, in attesa di casa. Con le parole arriverà la musica, la poesia e su tutto ciò prevarrà il desiderio di scoprire, la curiosità ritrovata dei bambini che permetterà a tutti, umani e cani, di riappropriarsi della vitalità e della gioia di vivere. Finn troverà soluzioni per sé e per gli altri e una soluzione di vita inaspettata, anche per Emma, la cagnolina triste.

Al rifugio per cani il nodo e il groppone che dalla pagina sei si era creato in gola, si scioglie, man mano insieme alle passeggiate nel parco, alle parole, alle poesie e alle storie lette che consolano sia i cani che gli umani, compresi i lettori, e si mescolano con le canzoni, la musica e gli eventi, fino a farle erompere dal rifugio ed entrare nel quartiere.

Alla fine si apriranno molte porte. Il libro indica un percorso di crescita, di accettazione  e di consapevolezza per chi ha subito una perdita.

Chi conosce il dolore della morte potrà trovarsi a piangere per la forza liberatoria che portano le parole. Soprattutto pensando al libro successivamente, riecheggeranno quelle dell’inizio pronunciate dal padre psicologo, fondamentali sull’agire: occorre sempre il rispetto. Il rispetto servirà per osare, relazionarsi e scoprire la bellezza della vita.

Manuela Tamietti

Le parole di mio padre è il romanzo vincitore del premio Andersen 2020: miglior libro 9-12 anni