Lopera del quadrato dentro al cerchio, dicono, la si può incontrare aggirandosi per il museo, ma, dicono ancora, nessuno sarà mai in grado di indicarvi in quale sala sia racchiusa. È come se una forza misteriosa intervenisse a costringere al silenzio, nella gola di ogni visitatore, dicono, e quattro fatidiche parole: dove, opera, quadrato, cerchio. Non c’è modo di domandare a nessun inserviente il luogo in cui questa sia protetta e chi è entrato nel museo, dicono ancora, si deve muovere senza alcuna indicazione, senza tracce, rischiando anche di non imbattersi mai nell’opera del quadrato dentro al cerchio. E inoltre, dicono, chi alla fine ha avuto la fortuna di vere l’opera del quadrato dentro al cerchio, non può per nulla al mondo, perché proprio non ne è capace, rivelare o descrivere ciò che i suoi occhi hanno toccato.

Ma ciò che è straordinario, dicono, è il miracolo che avviene a chi entrando nel museo riconosce l’opera del quadrato dentro al cerchio, ed è il miracolo per cui ognuno di noi desidererebbe avere questa fortuna: coloro che guardano anche per pochi secondi l’opera del quadrato dentro al cerchio improvvisamente capiscono quello che è il senso dell’amore ed il segreto della trasparenza del metallo.

Avviene così, dicono: avviene che in un secondo appena si sveli alla mente del visitatore il mistero dell’amore e, contemporaneamente, l’alchimia grazie a cui il metallo è capace di farsi trasparente. Questo è quello che dicono, ma non sanno raccontare nulla di più, chi ha guardato l’opera del quadrato dentro al cerchio ed ha finalmente compreso il senso dell’amore ed il trasformarsi in trasparenza del metalli, quando torna non sa dire né spiegare a nessuno quello che ha visto, e l’opera del quadrato dentro al cerchio rimane in lui come una consapevolezza nuova ed acquisita per sempre, una parte di lui da cui più non vorrà distaccarsi, ma che mai, dicono ancora, saprà tramandare ad alcuno. Nel museo, però, l’opera del quadrato dentro al cerchio continua a dispensare a chi la trova i suoi insegnamenti: silenziosa ed invisibile, dicono, ma anche, dicono ancora, luminosa e vera come soltanto lo sa essere la poesia.

I tre dialoghi a S. sono tre poesie più un finale che nascono a latere del mio lavoro di scrittura; quasi lampi rapidi e finiti in se stessi.

Tre attimi sul senso dell’amore e sulla trasparenza del metallo, tre dialoghi desiderati ed amati, cercati scontando la fatica di ogni dialogo che arriva dall’epicentro, dal luogo in cui avviene la scossa per poi affiorare, propagandosi, fino alla superficie visibile.

E la loro genesi è stata possibile perché solo la poesia, dicono, sa essere capace di dare suono e voce a quell’incanto senza nome che si conserva intatto nell’opera del quadrato dentro al cerchio.

Stefano Delprete

Tre dialoghi a S

Scompare a poco a poco, amore, il sole
Ora che sopraggiunge lunga sera.

G. Ungaretti

(la strada)

Tu che sai descrivere il cerchio
con l’amore dell’artigiano
e plasmi carta e pianto,
baci e ferite.
Solo un velo lucido
coperto di ghiaccio e un poco
di fuoco sul viso.
“Cominciare è essere” dici
“ed essere non finisce”
dici ancora,
dal fianco

passandomi una mano tra i capelli.

(il museo)

L’opera del quadrato dentro al cerchio
miracolo intagliato nella tela
addobba i nostri passi
sull’azzurro continente delle perle.
“Hai visto l’ulivo
racchiuso nella stanza?” dici “ed il pensiero
domestico di rame?”
Ma la nostra estate non passa di qui,
ed anche oggi siamo estranei
al luogo e al tempo,
uno e l’altro

comunicando ognuno dall’epicentro.

(la stanza)

Dalla parte opposta del cerchio
ma la distanza neppure si può intendere
se si misura in fiato
con il metro dei respiri ormai vicini.
“Vieni a vedere dove vivo”
dici, ma: “entra la mia casa” non lo dici
a chi entra con fatica,
nel silenzio,

cercando lo scaffale che nascondi.

(“Da dove chiami?” “Da molto lontano,
– è la risposta incerta –
e adesso cerca
di rinunciare alle mie parole … “)

STEFANO DELPRETE è nate a Cuneo nel 1974. Si è laureato in Lettere Moderne con una tesi su Vittorio Sereni ed è stato redattore della rivista di letteratura Il Baretti universitario. Ha pubblicato due lavori in versi: Dialogo con un se stesso immaginario (Cuneo 1992) ed Il canto delle radici (Firenze 1995). Ha lavorato per l’ufficio stampa della casa editrice Gribaudo di Cavallermaggiore, per InstarLibri e attualmente per add editore.