Cambiare la narrazione sugli stereotipi di genere, che ci portiamo dietro da secoli di cultura segnata da una prospettiva al maschile, non è affare semplice, ma è sicuramente possibile. Da dove iniziare? In realtà ci sono diversi punti di partenza, fra questi la scuola si pone oggi come uno dei luoghi privilegiati per poter abbracciare una visione nuova e consapevole, sfruttando quella grande risorsa che è il confronto con il passato. Studiare i grandi classici non solo per apprenderne la grandezza, ma anche per intravederne la modernità o, al contrario, l’anacronistica chiusura (etnica, religiosa, sessuale) sta diventando un imperativo sociale, ancora prima che formativo. In quest’ottica Exlibris20 ha intervistato Johnny Bertolio, autore di Controcanone, edito da Loescher nel 2022, un’antologia italiana che recupera opere firmate da donne – ma c’è anche qualche uomo – non allineate ai modelli dominanti del loro tempo (da qui il titolo). Obiettivo di questo volume, destinato ai trienni della scuola secondaria di II grado, è quello di raccontare una storia parallela, fatta di discriminazione, sofferenza, ribellione, ma anche di consapevolezza, maturità e conquista di un posto nel mondo. A dimostrazione che il cammino di emancipazione della diversità ha radici antiche – coinvolgendo sia uomini sia donne – ed è tuttora in corso. Controcanone vuole essere un mattone in più nel consolidamento del concetto che diversità è ricchezza.

In questo momento nelle scuole c’è una grande attenzione alla divulgazione dei contributi femminili nelle discipline scientifiche, il suo lavoro mette i riflettori su un altro ambito in cui i contributi delle donne sono stati trascurati, sebbene per certi versi più “femminile” nella sua percezione collettiva: come è potuto succedere e perché?

È vero, nella letteratura incontriamo spesso “personagge” (pensiamo a Francesca da Rimini o Emma Bovary), ma in negativo (entrambe fanno una brutta fine) o nel ruolo di lettrici, come confermano le statistiche attuali (leggono di più le donne degli uomini). Poco si approfondiscono le autrici, perché fin dal passato classico l’autore per eccellenza era un uomo, e quasi sempre un uomo che, in vita o in morte, si è affermato grazie al potere politico. Prendiamo Dante, un uomo sfortunato, con una visione della storia legata a istituzioni “universali” superate, e che gli intellettuali del suo tempo sdegnavano in quanto poeta di macellai e lanaioli, mentre dal Risorgimento è esaltato come il padre della patria e il fondatore dell’italiano: è una retorica che, per varie ragioni, non poteva adattarsi a una scrittrice.

Che cosa emerge dal suo libro?

Se dobbiamo cercare delle caratteristiche ricorrenti nelle biografie e nell’opera delle scrittrici italiane dalle origini, la principale è il racconto della violenza: fisica e psicologica, a causa di famiglie e società intransigenti e omertose. È impressionante la lucidità con cui una poetessa medievale come Compiuta Donzella o, tra Cinque e Seicento, Moderata Fonte e suor Arcangela Tarabotti denunciarono il sessismo delle istituzioni e delle autorità: l’imposizione di matrimoni non voluti e iniqui; le monacazioni forzate; il mancato accesso paritario alle professioni; la condanna delle single; il vuoto legislativo davanti alle prevaricazioni.

Qual è stato lo sforzo innovativo dal punto di vista didattico per realizzare questo libro?

Negli ultimi anni, l’editoria scolastica ha allineato i contenuti dei libri all’educazione alla cittadinanza (civica) e agli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Nel Controcanone, le analisi e gli esercizi fanno interagire i testi con i temi della parità di genere, dell’accesso all’istruzione, dell’ecologia, del rispetto delle minoranze. La letteratura italiana è costellata di autrici e autori del margine che raccontano episodi trascurati, come l’esilio giuliano-dalmata o la presenza valdese nelle valli del Piemonte, fino alle neurodivergenze e alle migrazioni contemporanee.

Ci può parlare di qualche caso interessante/particolarmente sorprendente fra le donne prese in esame?

Sono affascinato da quelle donne che, nel Cinquecento, sono state definite “cortigiane oneste”: esercitavano il mestiere (conosciamo le loro tariffe e i clienti, re, politici e scrittori) e grazie al loro status, che pure comportava stigma e limitazioni nell’abbigliamento, godevano di libertà inimmaginabili per le dame sposate dell’alta società. Donne come Veronica Franco a Venezia o Tullia d’Aragona a Firenze erano circondate da uno stuolo di spasimanti, colleghe e collaboratori, etero e gay, con cui avviarono importanti imprese letterarie, affrontando temi, come appunto la violenza di genere o l’amore omosessuale, che nemmeno gli autori sapevano o avevano il coraggio di sviscerare con lo stesso piglio anticonformista.

È questo il primo volume, come si svilupperanno gli altri?

Abbiamo concentrato il percorso cronologico in un unico volume, in modo che possa dialogare senza troppa spesa con i sei o più tomi della storia della letteratura tradizionale. Fosse stato per me, ne avrei scritti altrettanti, ma studenti e docenti chiedono strumenti snelli e pronti all’uso, in vista del colloquio pluridisciplinare dell’Esame di Stato.

Parliamo dell’importanza di educare i giovani a un’attenzione al femminile: quali sono gli stereotipi che vuole abbattere il suo libro?

Penso che ragazzi e ragazze abbiano consapevolezze superiori rispetto a pochi anni fa; il problema è che faticano a vederle declinate nelle discipline scolastiche. Si tengono aggiornati sui social, seguono con passione serie come Prisma, Sex Education o Mercoledì, piene di rappresentazioni originali, con il linguaggio appropriato, e poi si ritrovano a leggere autori classici imprigionati nei luoghi comuni e nei pregiudizi del loro tempo: la tessitrice che canta mentre lavora gratis; la suora che trasgredisce il voto di castità; l’adultera che muore uccisa in quanto peccatrice ninfomane; la moglie operosa ridotta al silenzio. I testi del Controcanone vogliono suggerire un maggiore rispecchiamento, pur nella distanza che ci separa da essi. Anche gli autori del cosiddetto canone possono essere sfruttati per riflessioni attuali: nell’Orlando furioso, ad esempio, già si trova un dettagliatissimo racconto di amore lesbico e di (immaginata) transizione female-to-male.

Come si può insegnare un’ottica davvero inclusiva senza cadere in estremismi o cliché?

Si trovano ancora nei libri espressioni da imperialismo coloniale, che presuppongono il punto di vista dei maschi bianchi privilegiati che insegnano al mondo la civiltà, come “pre-colombiano”, “pellerossa”, “berbero”, “negroide”, “mulatto”, o l’idea che esistano “confini naturali” sacri e inviolabili per ogni nazione e concetti “universali”. Espressioni che offendono non solo la memoria di popoli oppressi e annientati, ma gli stessi studenti o studentesse che magari hanno le loro radici familiari in quei territori. Gli stereotipi riguardano le etnie come i generi: non dobbiamo censurare i testi che li contengono, ma individuarli e discuterli in classe, problematizzandoli. Gli e le insegnanti sentono di camminare sulle uova; è però uno sforzo che verrà apprezzato.

Fa cenno alle declinazioni delle diversity, ci vuole raccontare qualcosa in più: che cosa si intende e come vengono considerate nel suo libro?

Il “controcanone” non è una mera classificazione femminile parallela all’elenco degli autori maschi; abbraccia piuttosto l’idea di diversity, ossia “variegatezza” (NON “diversità”), per riscoprire e pretendere rappresentazioni plurali, oltre qualunque recinto normativo. La retorica del “siamo tutti uguali e diversi” però non mi piace: ricorda l’orwelliano “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni più degli altri” e, anziché abbatterli, assolve i meccanismi oppressivi che hanno portato alcuni ai margini (gli “uguali”) e altri al centro (i “più uguali”). Nell’ottica della diversity non ci sono podi né ipocriti appiattimenti, sostituiti da una trattazione orgogliosamente variopinta: Dante convive nello stesso manuale con Goliarda Sapienza, Torquato Tasso con Igiaba Scego, Giacomo Leopardi con Pier Vittorio Tondelli, Alessandro Manzoni con Liliana Segre e Giovanna Cristina Vivinetto. La diversity non emargina la diversità sessuale, etnica, geografica o mentale ribadendone l’isolamento, ma promuove un’effettiva inclusione.

Intervista a cura di Daniela Giambrone