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Anno 0 | Numero 4 | Dicembre 1996

La scrittura è necessità essenziale ed è l’unico modo che un essere abbia per dirigersi verso il senso delle cose.

Marguerite Yourcenar va verso le cose cercando di ritrovare e di raccontare quella nostalgia del passato che dà corpo ai suoi personaggi. Così Zeno (L’opera al nero) e Adriano (Memorie di Adriano) diventano emblemi del flusso transitorio che è la vita e dell’importanza vitale di trovare una continuazione nell’altro anche dopo la morte. Immaginare la Yourcenar quale solerte tessitrice seduta con in mano la spola che magistralmente muove avanti e indietro sul telaio, fitto dei fili di cui la vita è intessuta, attenta a non farli spezzare, ci dà la misura di quanto narrare sia importante per lei e come la sua azione abbia un senso morale: dare vita alla vita, cercando di non abbandonarla all’inesorabile taglio arbitrale della terribile Atropo. La scrittrice definisce l’uomo oscuro lasciandogli una via di scampo: l’altro. L’altro che riscatta l’uomo dal nulla, aprendo un vasto campo d’azione dove poter prendere forma. E la Yourcenar scrive perché il trionfo della morte si arresti permettendo all’uomo di vivere. Il suo uomo si definisce in rapporto al pensiero: la scrittrice è affascinata dall’intensità con cui vivono e affrontano la fine della propria vita i suoi personaggi. Zeno non vuole ricevere il proprio destino dal di fuori così alla fine sarà lui a compiere la sua vita, scegliendo ciò che rimane da scegliere: avanzare e snobbare la morte. Ugualmente, la lunga e appassionata lettera di Adriano a Marco Aurelio vede un uomo avvicinarsi alla morte. Adriano sta per spirare ma esamina con cura tutto ciò che sta perdendo, prevedendo così la morte. Nell’universo della Yourcenar l’uomo è al centro di un disegno il cui principio portante è la continuità e quello ispiratore l’avventura. L’avventuroso è maestro di vita; Adriano racconta la sua vita aprendola come un ventaglio variopinto, la sente profondamente, la soffre. Il suo atto di narrare si delinea come il frattempo dell’attesa della morte; il lettore è colui che veglia; il racconto diventa un winter’s tale, una favola da ascoltare accanto a un camino acceso. Come Amleto regala la sua dying voice a Fortebraccio, così Adriano fa con Marco Aurelio, ed è proprio questo scambio di morte e vita che fa dell’esistenza dell’altro il fulcro delle narrazioni della Yourcenar.

Tiziana Masucci

Marguerite Yourcenar, pseudonimo di Marguerite Cleenewerck de Crayencour, è stata una scrittrice francese. È stata la prima donna eletta alla Académie Française.
La Yourcenar fu educata privatamente dal solo padre in una villa a Mont Noir nel nord della Francia. La bambina si dimostrò subito una lettrice precoce, interessandosi a soli 8 anni alle opere di Jean Racine e Aristofane e imparando a dieci il latino e a dodici il greco. All’età di diciassette anni, a Nizza, Marguerite de Crayencour pubblica sotto lo pseudonimo di “Marg Yourcenar” la prima opera in versi: Le jardin des Chimères; scelse questo pseudonimo con l’aiuto del padre, anagrammando il suo cognome.
Nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si trasferì negli Stati Uniti d’America e ne prese la cittadinanza nel 1947, pur continuando sempre a scrivere in francese. Iniziò così un decennio di privazioni, che ella stessa definirà più tardi come il più brutto della sua vita. Questo periodo della sua vita si conclude con la pubblicazione delle Memorie di Adriano, sicuramente il suo libro di maggior successo: si descrive la Roma del II secolo. Yourcenar fa di Adriano una coscienza lucida e forte che avverte la prossima fine dell’impero e che elabora una saggezza profonda, quasi non toccata dal divenire.
Del 1968 è l’altro romanzo-capolavoro: L’opera al nero.
Nel 1974 pubblica il primo volume di una trilogia della storia della sua famiglia, Care memorie. Seguiranno Archivi del Nord e Quoi? L’étérnité.
Nel 1981 viene eletta, prima e unica donna, tra gli «Immortali» dell’«Académie Française», che peraltro non frequenta, continuando ad alternare i suoi viaggi con lunghi soggiorni a Mount Desert, sulla costa atlantica degli Stati Uniti, dove ha la sua casa, e dove si spegne il 17 dicembre 1987.

Aveva appena terminato il terzo capitolo dell’autobiografia famigliare, Quoi, l’Éternité?, uscito sempre presso Einaudi, che ha anche tradotto un volume di racconti, Come l’acqua che scorre, e due raccolte di saggi, Il Tempo, grande scultore e Pellegrina e straniera.
Ricordiamo inoltre una ricchissima biografia scritta da Josyane Savigneau: L’invenzione di una vita: Marguerite Yourcenar.

© Biografia tratta da ibs.it