Pidgin Edizioni nasce a Napoli nel 2017 dall’idea di creare una casa editrice dalla forte personalità, che si concentrasse su una letteratura più audace e sfrontata. I libri Pidgin Edizioni sono caratterizzati da un approccio molto viscerale alla scrittura, fatto di immagini forti e stili sperimentali. L’intento è creare un punto di riferimento unico per i lettori che, nella letteratura, cercano un’espressione artistica più carnale, progressista e originale: la casa editrice in sé, come riflesso dal termine “pidgin” che la contraddistingue, vuole rappresentare una lingua nuova e multiforme che sia l’espressione letteraria di disagi e desideri di rivolta nonché un ponte linguistico che apra nuovi canali di comunicazione. A contribuire alla forte distintività della linea editoriale è la “centralizzazione” della casa editrice nell’editore, Stefano Pirone, che si occupa di quasi la totalità del lavoro, dalla selezione dei testi, alla traduzione, fino al progetto grafico.

C’è un libro, un’opera in particolare che ha segnato in qualche modo il percorso della vostra casa editrice, facendovi capire che eravate sulla strada giusta?

Sebbene il percorso fosse già segnato sin dall’inizio, nel senso che tuttora prosegue sui binari stabiliti sin dal primo momento, c’è sicuramente un titolo particolarmente significativo per diversi aspetti: Problems di Jade Sharma. Il primo aspetto è che questo romanzo racchiude in sé molte delle caratteristiche che contraddistinguono la nostra linea editoriale, ma mai in una concentrazione così alta: una narrazione sincera fino a essere spietata, linguaggio diretto, grandissima attenzione verso lo stile, tematiche e immagini forti; in parole povere, un libro che riesce a essere con più potenza di altri quello schiaffo in faccia al lettore che è un po’ il risultato auspicato dietro ogni libro Pidgin Edizioni.

Che riscontro ha avuto?

Ha ricevuto attenzione e numerosi apprezzamenti, a testimoniare che una letteratura così dura si può fare e può essere anche apprezzata su larga scala. Quel libro ha quindi fatto un po’ da spartiacque aprendo la strada a future pubblicazioni altrettanto dure, come Viscere di Amelia Gray e La squilibrata di Juliet Escoria.

È questo l’elemento che vi distingue in un settore da tempo in difficoltà?

Questa coerenza della linea editoriale basata sulla visceralità della scrittura è ciò che distingue Pidgin Edizioni. Non c’è dubbio che ciò che proponiamo sia in una certa misura un prodotto di nicchia, ma proprio quest’essere di nicchia ci ha permesso di ritagliarci uno spazio personale nel settore, soprattutto grazie a uno zoccolo duro di librerie e lettori che ci seguono e promuovono con interesse e affetto.

Perché una casa editrice con queste caratteristiche?

La fondazione di questa casa editrice è stata la conseguenza diretta di un bisogno personale di creazione e promozione artistica, che quindi ha molto poco a che fare con calcoli e previsioni in relazione al mercato editoriale. L’aspetto finanziario e commerciale dell’editoria, sicuramente anche per forza di cose, sta occupando sempre di più uno spazio che io vorrei (come probabilmente molte altre persone) fosse riservato soltanto alla letteratura e alla creatività.

Vi definite una casa editrice specializzata in libri sopra le righe: come scegliete e selezionate i vostri autori?

La selezione si muove su due fronti: quello estero, con la lettura di numerose opere che mostrano una potenziale pertinenza con la nostra linea editoriale tramite diversi segnali (per esempio recensioni, stile dell’autrice/autore se già di nostra conoscenza, stile della casa editrice se già di nostra conoscenza, segnalazioni, estratti); quello nazionale, con la lettura e selezione di proposte che riceviamo per email dall’Italia. Quel che cerchiamo è quello stile ampiamente descritto in precedenza, ma trattandosi di un’idea di letteratura molto carnale, il processo di valutazione di queste opere è inevitabilmente ancora più istintivo, di pancia, di quanto non lo sia altrove.

Cosa vuol dire essere un editore indipendente e cosa pensa dell’editoria a pagamento?

L’editoria a pagamento è una realtà molto diversa dalla nostra. Là la pubblicazione del libro è ridotta a un servizio offerto a un committente pagante, indipendentemente dall’opera in sé e dalla sua qualità. È completamente agli antipodi (il più delle volte) rispetto all’editoria indipendente, che invece fa del rapporto personale e intimo con i propri libri e della selezione centellinata delle pubblicazioni il proprio punto di forza.

Con il tempo può diventare un “male necessario”?

No, non è un male necessario: un male necessario è un doloroso compromesso dai risvolti utili. Questo invece è solo un modo diverso di commerciare e offrire servizi. Non è necessario al bene dell’editoria, non ha alcun vantaggio se non la sopravvivenza di singole aziende senza vocazione artistica; ma definirlo un male è eccessivo, dato che comunque c’è chi è disposto a pagare per lo sfizio di vedere il proprio nome su un libro e questo dà lavoro alle persone. Un male in questa faccenda, se lo vogliamo additare, è forse più il fatto che esistano così tante persone disposte a pagare (anche caro) per pubblicare un proprio libro, persone che spesso, allo stesso tempo, non sono grandi lettori e quindi conoscitori della materia artistica con cui hanno a che fare (altrimenti, detta con un po’ di cattiveria, probabilmente scriverebbero libri con maggiori probabilità di essere pubblicati non a pagamento, magari con un piccolo editore).

Carta e digitale: alla fine resterà in piedi solo uno dei due o crede che la convivenza sia possibile?

Credo che la convivenza sia possibile, anche se non saprei immaginare quanto saranno grandi le rispettive fette nel futuro breve o in quello remoto. Nella lettura in digitale non c’è nulla che la renda meno dignitosa di quella su carta, per quanto ci sia chi la guarda persino con disprezzo; allo stesso tempo, secondo me i lettori più appassionati continueranno a provare la voglia della dimensione cartacea dell’opera, così come tanti “fruitori” entusiasti di opere d’arte e di intrattenimento hanno una forte disposizione al collezionismo, naturalmente imprescindibile da una dimensione materiale.

Vendere libri è sempre più complicato, e non solo per un problema di prezzo. Le librerie sono piene di libri che nessuno comprerà, magari anche perché se ne ignora l’esistenza. Pidgin Edizioni come promuove la sua attività e i libri dei suoi autori?

A parte curare il più possibile la presenza sui social, promuoviamo i nostri libri con un rapporto quanto più diretto possibile con i lettori e i librai. Con la pandemia, abbiamo dato un’accelerata alle presentazioni online, e nel frattempo abbiamo finalmente cominciato a pubblicare autrici/autori dall’Italia, cosa che ci permetterà di incrementare il numero di presentazioni dal vivo quando la situazione sanitaria ce lo permetterà.

Quali sono le prossime sfide in cantiere?

Quello che ci aspetta nel futuro breve è sicuramente uno spazio maggiore dedicato ai libri di penne italiane, che tra l’altro ci permetterà di aumentare il numero di titoli pubblicati in un solo anno. Inoltre approfondiremo degli stili letterari che penetrano nel campo della non-fiction, quelli che in inglese chiamano personal essays, in cui c’è un’analisi ancora più diretta e personale di quei disagi e quelle tematiche che trovano voce nella nostra narrativa, e che quindi rappresentano una ramificazione di un discorso che abbiamo intavolato sin dal primo volume. Questo approfondimento in una non-fiction personale e intima ha avuto inizio sulla nostra rivista online Split e con tutta probabilità sfocerà anche su carta.

Intervista a cura di Marco Grasso