La letteratura che ti riporta con i piedi per terra e nonostante la sofferenza ti fa stare bene. Quella che ti racconta la vita com’è, come capita e come può assomigliare davvero a quella di chiunque. Anche alla tua, tra ricordi rimpianti e forse pure rancori. Nessun supereroe, nessun professionista, tipico del cinema contemporaneo, maledetto e affannato, nel quale non trovi una sola traccia di somiglianza, anzi. Realizzazioni e scalate sociali che ti portano a una sola domanda: mio coetaneo, mia coetanea, i protagonisti, ma dove ho sbagliato io che non ho niente in comune con quella storia che pretende di essere anche la mia?
La realtà, al contrario, è una generazione di sconfitti, più o meno, e non solo. Un nuovo ciclo dei vinti.
Randagi di Marco Amerighi (Bollati Boringhieri), nella dozzina del Premio Strega 2022 (al momento), è qualcosa che prende spazio qui, nel nuovo ciclo dei vinti. Con una forza tutta sua che lo tiene lontano da ogni banalità generazionale. Non è niente di già visto, pur riguardando un ragazzo nato attorno agli anni ’80. Randagi è un romanzo di quelli impegnativi che non è proprio comune ritrovarsi tra le mani. Intanto perché la scrittura è di una potenza tale da richiamare più e più volte la necessità di sfogliare il vocabolario (e già per questo la gratitudine è piena). Eppoi c’è una storia così vera, così possibile, così vissuta da costringerti ogni tanto a una pausa dalla lettura. Per riprendere fiato dal coinvolgimento che non sai dove ti porterà o forse lo sai già e quasi fa paura.
Con Randagi si piange, ci si commuove, ci si ritrova. Romanzo potente.
Pietro Benati, il protagonista, non è uno sfigato; è lui che pensa di essere un orso psicopatico, trattenuto in ogni sua espressione ed emozione dalla paura di quella che crede sia una maledizione di famiglia. Così diventa la rappresentazione del mancato coraggio di tutte le cose che avremo voluto dire e che per paura, sensibilità, sfrontatezza mancata non siamo riusciti a dire. Pietro Benati è l’amore per quella famiglia che lui vuole rinnegare e che invece a suo modo cura e segue; è lo sguardo continuo su suo fratello Tomasso, in quel rapporto quotidiano da stanza a stanza o da continente ad altro continente, da prime mail inviate da call center di fortuna. Di insulti ed epiteti che significano solo una cosa: siamo noi, io e te, oggi e sempre. Qui e nell’altrove, anche quando può arrivare a scombinare i piani. Distanti e diversi, fratelli.
Pietro è il rapporto rabbioso con il Mutilo, suo padre, che gli regalerà con una sbagliata citazione la più potente dichiarazione d’amore, del tutto inaspettata. Pietro Benati è scappare da casa con l’Eramus e ritrovarsi invischiato in una nuova casa. Di bellezza e crudezza straordinarie come solo sanno essere gli incontri, le convivenze e gli amori stronzi ai tempi dell’università. Dora e Laurent sono questo: conoscenze distruttive, tossiche e però troppo preziose per disfarsene e allontanarle da sé. Pietro Benati è la paura “di sbagliare, di deludere, di fallire”.
Tutto questo nella scrittura di Amerighi e con la scrittura di Amerighi assume un livello di profondità rara. Come di intensità non proprio comune. Non c’è mai la frase furba che asseconda la vanità del lettore. Ci sono sempre e solo pagine da leggere e da tenere dentro.
A volerlo accostare, per suggestioni, apprezzamento e anche per augurio, Randagi ha qualcosa a che fare con Il colibrì di Sandro Veronesi (Premio Strega nel 2020): oltre alla Toscana in sottofondo (la città che Amerighi sceglie è Pisa: qui si sta e da qui si parte e ritorna), nei due romanzi predomina una forza incassatrice che avvicina i protagonisti, li rende, nella loro assoluta diversità, come prossimi.
Forse perché attori di storie che raccontano l’uomo e la sua intimità. Il dolore che sta sempre dietro l’angolo e che consuma l’anima.
Romanzi pieni che ti stringono a personaggi silenziosi e straordinari. Romanzi potenti, imprescindibili. Perché così è Randagi di Marco Amerighi: necessario da leggere.
Sabrina Varriano
Ascolta l’intervista a Marco Amerighi nella puntata #9 di Un caffé con Nat
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