Rivelazioni d’acqua è una silloge poetica che ci conduce in un mondo sospeso, dove acqua e natura diventano veicoli di profonde riflessioni sulla vita, la morte (come accadimento sereno), e l’infinito.

Camilla Ziglia usa un linguaggio poetico ricco di metafore e simbolismi che veicolano un dialogo poetico tra l’umano e il divino, tra le nebbie che emergono “dall’acqua e dalla terra più grassa” (pag. 17) e si mescolano con la vita e la morte “paiono docili vita e morte insieme, terribili ”(pag. 16), suggerendo una naturale connessione tra questi elementi.

La scelta delle parole e delle immagini in queste poesie è straordinaria, il lettore si trova coinvolto in un’esplorazione poetica che lo porta a riflettere sulla propria esistenza e sulla relazione con il mondo naturale. Il paesaggio, il tempo e la luce, vengono descritti con sensibilità fenomenale trasformando la natura in un riflesso dell’anima umana. Sono poesie che richiedono un’apertura visiva, attraverso la lente della parola poetica che apre sottili sfumature e profonde emozioni; è una lettura da fare e rifare, in cerca di immagini e significati.

L’autrice ci porta “sul fondo del ghiaione” (pag. 38), da questo luogo di contemplazione una roccia si erge per riflettere la pena umana, dove la connessione è intrinseca tra la natura e l’io. Ci porta, come per mano, “c’è un momento dell’alba che torna al tramonto” (pag. 41), a soffermarci con particolare attenzione all’attimo in cui il giorno, nel suo ciclo, diventa notte e cattura l’effimero. Il lettore trattiene il respiro con le parole che Ziglia ha scelto per evocare bellezza e mistero.

Così ci accompagna in un luogo di storie e promesse “Mi accoglierai sul campanile/superato dagli abeti” (pag. 43) dove un campanile evoca continuità e memoria, invitando chi legge a riflettere sulla propria relazione tra passato e futuro. Infine ci lascia a meditare, dove il paesaggio naturale si fonde con il ritorno a casa “alle spalle il lago, odore/ di pesce e alghe profonde,/ di fronte la strada di casa ” (pag. 57) .

Questa silloge trasmette un senso di accoglienza e appartenenza alla terra, è un esempio del potere della poesia curata, scritta bene, dove semplicemente accade una fusione alchemica tra il nostro mondo interiore e il mistero della natura.  

Camilla Ziglia, al suo esordio, ci dimostra il suo talento nel comporre poesie che catturano. L’ho conosciuta personalmente in occasione della presentazione di questo libro, attendendo solamente di ascoltare i suoi versi, che avevo sentito associare da altri a Montale. Per me queste sono e restano semplicemente le poesie di Camilla Ziglia, che mi dice cose come: “può essere la morte tanto/pazza della vita, da guardarla/ piano negli occhi/ e alitarle in bocca?”(pag. 17) : la sua impronta, il suo dono di sacralità scandita da un tempo interiore, mi hanno donato una silloge che disegna un sentiero alberato, carico di simbologie e di dettagli, che mi ha condotta ad ammirare luoghi pacifici, di terra e di acqua. Su questo sentiero ho camminato e in quelle rivelazioni d’acqua mi sono vista come anima nuda.

“Il filare dei tigli specchia i fusti
nel canale, righe bianche e nere
coprono i fumi di limo
più lenti della corrente.
Una foglia tardiva frantuma
la bugia dello specchio:
s’allontana sull’acqua
l’insetto pattinatore.”

Laura Bertolini