«Mi dà la sua parola d’onore?» disse Melanie, «che non morirò?»
Il dottore replicò: « È una cosa sciocca da chiedermi. Naturalmente morirai, e io pure, e anche Guy, e alla fine persino Richard morirà.»

Pubblicato nel 1953, Sulla chaise-longue di Marghanita Laski è un racconto gotico che racconta la storia di donne legate nel destino e vessate da altre donne. Melanie Langdon vive con il marito Guy a Londra in una casa a schiera Regency, ha partorito da poco un figlio, Richard, ma è costretta a vivere in isolamento poiché ha la tubercolosi, diagnosticata all’inizio della gravidanza.

Vive reclusa in una camera da mesi, accudita dall’infermiera Sorella Smith e dopo una visita di controllo,  il Dr. Gregory, annunciando l’imminente guarigione, le concede di trascorrere delle ore del giorno in una camera differente, sdraiata su una chaise-longue vittoriana, acquistata dalla donna da un rigattiere.

Melanie si assopisce sulla chaise-longue, che si trasforma in una porta del tempo e la tras-porta nel 1860 a Clapham: il cervello di Melanie Langdom è imprigionato nel corpo di Milly Baines, accudito in maniera poco caritatevole dalla rigida ed arcigna sorella Adelaide.

«Era brutta, inelegante e inconsueta, lunga quasi due metri e larga in proporzione. Le estremità della testa e dei piedi della seduta si arricciavano leggermente, quasi a incontrarsi, ergendo, sopra le gambe intagliate in maniera alquanto elaborata e la base , una sovrastruttura di feltro color vinaccia.»

Dopo lo smarrimento iniziale, Melanie cerca di carpire informazioni per trovare il modo di tornare nel 1950, provando anche a chiedere l’aiuto del vicario Endworthy, che chiaramente prende i discorsi della donna come farneticazioni; lo sgomento di Melanie aumenta quando scopre che anche il corpo di Milly è minato dalla tubercolosi, ma lei sa che la cura corretta prevede aria fresca e sole non stanze anguste e laudano come prescrive il Dott. Blundell.

Melanie prova a prendere confidenza con il corpo che le fa da prigione e scopre che anche Milly ha da poco partorito ed in preda all’angoscia inizia a chiedere dove sia il suo bambino, scatenando le ire della sorella Adelaide che inveendo le dà della sgualdrina, la percuote sulla testa, sul petto; Milly incapace di reagire, viene colta da un attacco di  tosse spasmodica della tubercolosi e muore.

La prigioniera Melanie se ne rende conto e vive da attore e spettatore la morte e scivola anche lei nell’oscurità.

Chi sta morendo?, piagnucolò la voce flebile, solo Milly,  può essere solo Milly. Io non sono in quel corpo, che sprofonda incosciente; aspettiamo solo la liberazione, Milly verso la morte e io verso la vita.

Un libro molto attuale: l’isolamento della tubercolosi è sovrapponibile a quello del coronavirus, il desiderio di ritornare a una vita normale, al quotidiano e ai propri spazi, vissuto da due donne distanti tra loro cento anni.

La scrittura inizialmente più leggera, diventa man mano più accelerata, claustrofobica e non permette alla mente di lasciare la chaise-longue alla quale le due donne sono incatenate.       

Claudia Bussi

Sulla chaise-longue è pubblicato da 8tto edizioni: qui una loro presentazione del progetto editoriale.