Nell’era dei social media, dei “mi piace” profusi a caso e senza consapevolezza, c’è un bisogno forte di bellezza autentica. È questa l’istanza alla base del prezioso volumetto di Gelsomina Massaro, Tattile Dissenso.

Il titolo è fortemente evocativo. Il tatto è il senso che costituisce una delle prime basi della conoscenza. Già il filosofo Anassagora di Mileto sosteneva che l’uomo è intelligente perché ha le mani. Aristotele, nel rovesciare i termini dell’affermazione anassagorea, tuttavia non disconosce il valore epistemologico del tatto. Nell’era del tutto sempre a portata di clic, di un contatto che spesso è solo digitale e fallace, Gelsomina Massaro ci ricorda l’importanza del valore della pelle, del contatto, della cura silenziosa delle cose, del silenzio, della parola dialogante. E del dis-senso, inteso come ricerca di un significato che ridia unità alle fratture dell’identità ferita. Si tratta di riscoprire l’autenticità dei gesti, uscendo fuori dalle dinamiche di finta e sterile assertività in cui siamo immersi. Si tratta, quindi, di rivendicare il coraggio della propria parola in un sistema in cui prevale spesso un pensiero uniformante e massificante, solo apparentemente lineare e produttivo, ma spesso meramente stereotipato e riproduttivo.

Nel labirinto di immagini e impressioni che è la vita, occorre cercare una bellezza credibile nei gesti e nelle impronte, lasciate da noi stessi e dagli altri, al di là della fugacità del touch screen. È la pelle a metà strada tra il mondo e l’anima, è la pelle ciò che può ricondurre a una parvenza di verità o alla verità stessa.

Con-tatto

La pelle ti parla
a gran voce, sempre.
Ascoltarla
È come trovarla
nuda e fragile
a contatto con te,
anima agile […]

La scrittura poetica diventa mezzo di indagine e conoscenza, che si dipana in diverse sezioni: Valori tattili, Legami, Nel retrobottega dell’anima, Metafore e allegorie, Gesti e impronte, Tattile dissenso. Gelsomina Massaro conduce il lettore attraverso un percorso conoscitivo ricco e ben argomentato. In tal senso, è efficace e produttiva la scelta della forma, inconsueta e originale, del prosimetro. Le parti in prosa, dense di rimandi a un nutrito corpus di letteratura filosofica e psicologica, sono un luogo nel quale l’autrice si svela e si pone in dialogo non solo con il lettore, ma anche con grandi menti del passato – Montaigne, Agostino, Paolino da Nola, per citarne solo alcune – in un gustoso e colto simposio letterario.

Si tratta innanzitutto di cercare un contatto vero con sé stessi, nella consapevolezza che senza di esso non possono esserci legami autentici con gli altri. In particolare nella sezione Legami, l’autrice evidenzia il valore dell’auto-riflessività nella ricerca di quelle «epifanie dell’anima, che in qualche modo pontificano tra mondo interno e esterno». Si indagano pertanto i meccanismi della solitudine come strumento di rafforzamento dell’identità e origine profonda della vera apertura all’altro, del ritiro in sé come «una sorta di palestra, dove allenare la forza di volontà». Fine dell’esercizio è sottrarre la bellezza del proprio io al mercanteggiare del mondo («quale bellezza sopravvive agli istanti / se l’orologio è quello dei mercanti?»). Non solo. Il ritorno a sé stessi è funzionale a cercare e intuire la bellezza in ogni essere circostante, nel limite e nell’errore, nella differenza. È «la bellezza che deriva dallo strappo, la bellezza che vive nelle lacerazioni del mondo, in equilibrio su nervi scoperti». È la scommessa della ricerca del bene in sé e nell’altro, la voglia ultima di costruire ponti con le altre persone, di «rinsaldare le maglie della società / e scoprire in ognuno briciole di bontà. […]».

E c’è nei versi di Gelsomina Massaro, nei suoi versi musicali e solo apparentemente semplici, spesso rimanti negli schemi classici negletti negli usi contemporanei, come un senso buono di riscoperta dell’infanzia, di una bontà archetipica che non è mai leziosa; la poesia di Gelsomina Massaro ha il pregio di interrogare il lettore in modo profondo eppure leggero; che non vuol dire superficiale, ma, per dirla con Calvino, con la capacità di «planare dall’alto, non avere macigni sul cuore».

Colligo

Raccolgo pezzi di vetro
sparsi nell’anima,
attenta a non osteggiarli
mentre ne risalgo
le intercapedini.

Raccolgo fiori
Fieri e scontenti,
inaspriti dal vento,
per idratarli.

Raccolgo terra,
sabbia e lacrime
su cui le tracce
di un soffio unanime.

*

Ho lasciato

Ho lasciato
Poesie a metà.
Il resto l’ho scritto
Sulla pelle,
fremente e muta
mentre infrangevo
promesse sommesse
e, irridente, dipingevo
di magenta e cobalto
ciò che aveva perso lo smalto.

*

Tattile Dissenso

Le sensazioni brulicano anche sotto l’arida pelle
non si spiegano con formulari barattieri.
Il dissenso aleggia sopra avide celle
ravviva la scolorita freddezza dei pensieri.
Le opere migliori accolte da dissensi
le finzioni più convincenti da ovazioni.
Non sceglie al bivio chi preferisce controsensi
Chi annaspa nella complessità delle implicazioni.
Come un ceppo privo di segni autobiografici
quando l’ascia spacca i suoi cerchi concentrici.

Maria Consiglia Alvino