“…abbiamo delle notti molto belle qui, e io ho una continua febbre di lavoro.”

La prima volta che vidi La notte stellata piansi. La forza delle pennellate, il cipresso nero e minaccioso, le stelle, il cielo blu carico di pathos, emozioni, follia. Un vortice inarrestabile.

Van Gogh è stato un artista unico, una perla rara dell’arte moderna. Van Gogh è stato anche un grande letterato. Amante dei romanzi, di Shakespeare, ha studiato e letto per tutta la vita, con la stessa costanza con cui ha dipinto i suoi numerosi quadri. Ma soprattutto, dal 1872 al 1890, ha scritto ininterrottamente le sue lettere al fratello Theo.

Vincent con Theo ha parlato della sua arte, dei suoi dubbi, della sua sofferenza, dei grandi artisti, dei grandi scrittori, di religione, di filosofia. Gli ha narrato la sua sola e cupa esistenza, dedita totalmente alla sua pittura. Theo gli ha risposto ogni singola volta, e ha appoggiato il fratello in ogni suo sforzo per realizzare il grande sogno: dipingere.

Lettere a Theo, ancora oggi, sono la più grande fonte per conoscere Van Gogh, la sua arte, la sua personalità, la sua capacità di narratore, il suo mondo interiore.

Vincent nelle tantissime lettere si svela parola dopo parola, apre a suo fratello il suo animo tormentato, e gli permette di camminare tra i suoi sentimenti e tra la sua sofferenza.

E nel 2018, Julian Schnabel porta sui grandi schermi Van Gogh, Sulla soglia dell’eternità, ci apre le porte, grazie alla performance straordinaria di Willem Dafoe, all’universo di Vincent, alla sua interiorità, alla sua lotta tra la malattia e la società.

La pellicola su Van Gogh è caratterizzata da moltissime scene mute, accompagnate dalla musica o dall’audio ambientale. Dafoe è riuscito a far emergere attraverso il suo volto e il suo sguardo tutto il vortice della mente, la disperazione e la consapevole e spiazzante lucidità con la quale Vincent vedeva se stesso.

Van Gogh ebbe il coraggio di ricoverarsi spontaneamente a Saint-Rémy, pronto a curare il suo profondo vuoto. I medici non capirono mai l’entità della malattia, d’altronde nel 1800 i passi della psichiatria erano piuttosto incerti, ma gli permisero di creare arte durante il suo ricovero. Van Gogh dipinse ogni giorno senza fermarsi, sicuro della sua necessità di esprimersi con il pennello e i colori.

A fargli da sfondo da sempre la natura, la madre dell’ispirazione per lui. La Provenza con i suoi fiori, i suoi paesaggi sterminati, il suo sole lucente, e la sua notte stellata ha rappresentato per Vincent la più grande tavolozza dal quale creare e dar vita alla sua visione. Il suo sguardo sulle cose era e resterà sempre unico.

Schnabel ricostruisce in 110 minuti i punti salienti della vita di Van Gogh pittore, il soggiorno ad Arles nella casa gialla, il sodalizio (finito male) con Paul Gauguin, il ricovero a Saint-Rémy, il trasferimento ad Auvers-sur-Oise, il triste epilogo. E lo fa mettendo in scena i sentimenti e le emozioni di Vincent che traspaiono dalle pagine delle sue Lettere, ricostruendo, anche, il rapporto con il fratello, il suo punto di riferimento.

Willem Dafoe, nominato all’Oscar e ai Golden Globe per il ruolo, si dimostra un trasformista eccezionale, in grado di rivestire i perfetti panni dell’artista, e di comunicarci con ogni lembo del suo corpo e della sua anima, il suo mondo interiore.

Anche qui, vedendo Dafoe coi capelli rossi, il suo sguardo perso e sofferente, dipingere davanti all’immensa campagna provenzale, mi ha commossa, e ha commosso tutti. Chiunque ama Van Gogh ne rimarrà affascinato e sorpreso.

Schnabel e Dafoe ci mostrano quello che fu il suo sguardo e la sua visione sul mondo, dandoci l’occasione di reinterpretare il suo punto di vista su stesso e sugli altri. E Lettere a Theo ne sono un’ulteriore opportunità. Sia per chi è appassionato di letteratura, sia per chi ama la pittura, il Van Gogh letterario ci apre il suo immaginario, la sua concezione della vita, spostandola dalla scrittura alla pittura, in un gioco di parole e colori.

Vincent tra le pagine ci spiega i suoi quadri, le sue scelte tecniche, ci racconta il suo impegno per realizzarli, la sue grandi passeggiate solitarie tra le campagne, le sue letture a fargli compagnia, mentre noi diventiamo Theo, lo vediamo parlare con noi.  

La notte stellata, Campo di grano con corvi, i ciliegi, gli iris, i cipressi, i ritratti e gli autoritratti sono il suo testamento, come lo sono le sue parole venute alla luce grazie a Johanna, la moglie di Theo, il quale morì qualche mese dopo il fratello. Ancora oggi i due sono sepolti vicini, a testimoniare la loro unione.

Attraverso l’arte possiamo quindi dare spazio e onorare il suo grande spirito e talento.

Schnabel e Lettere a Theo sono due opere che ci permettono di avvicinarci e scoprire uno dei più grandi artisti del mondo moderno, la cui arte ha rivoluzionato i canoni della pittura e ha ispirato e continua a farlo milioni di persone in tutto il mondo.

I pittori quando sono morti e sepolti parlano con le loro opere a una generazione successiva o a diverse generazioni successive. È questo il punto o c’è ancora dell’altro? Nella vita di un pittore la morte non è forse quello che c’è di più difficile. Dichiaro di non saperne assolutamente nulla, ma la vista della stelle mi fa sognare…

Ilaria Amoruso