Margaret Mazzantini raccontava in una vecchia intervista che “un libro ti deve spostare lo sguardo, ti deve nutrire, ti deve raccontare quello che conta nella vita, ciò di cui hai bisogno.” I libri ci spostano lo sguardo, ce lo deviano, ce ne creano uno totalmente nuovo. Non a caso la letteratura è nata per creare nuovi mondi e per dare un senso a quello che viviamo, al nostro stesso mondo che forse, molte volte, “un senso non ce l’ha”. Come cantava Vasco Rossi, anni fa, sulle scene di Non ti muovere, film di Sergio Castellitto, tratto dal libro di sua moglie.

Una donna dal nome insolito, Italia, e un incontro poco desiderato con un uomo borghese, Timoteo. Il perdono, la passione, l’amore, una vita divisa e unita allo stesso tempo. Il romanzo della Mazzantini, così come il film di Castellitto, vivono su due diversi piani temporali, il presente e il passato. Nel tempo del racconto, Timoteo si trova costretto ad affrontare l’incidente grave di sua figlia e un’operazione che la porta al coma. Nel tempo del ricordo, Timoteo affronta la sua esistenza, fatta di segreti e passioni. Da una parte, una vita accanto a sua moglie per mantenere la classica facciata borghese dello stimato chirurgo e padre, dall’altra una vita nascosta e primordiale con Italia, una piccola donna di provincia schiacciata dalla povertà, suo vero e viscerale amore, tormentato, aggressivo, devastante.

Il filo che tiene in vita sua figlia accompagna il filo dell’esistenza precaria di Timoteo, che ormai dopo anni, si è adagiato nel suo grigiore e si è lentamente spento, consumato, come una candela.

Il racconto di un grande amore viene scandito tra i bip delle macchine che pompano ossigeno nei polmoni di Angela, sua figlia. “Gli amori nuovi sono pieni di paure, Angela, non hanno un posto nel mondo e non hanno capolinea.

Scritto da Margaret Mazzantini, il film vede fra gli sceneggiatori anche Castellitto, che interpreta Timoteo. Italia è Penelope Cruz, definita «la nuova Anna Magnani del XXI secolo, in grado di comunicare la sua essenza in italiano meglio di quanto non riesca a fare in inglese». Infatti, la Cruz per questo ruolo ha imparato davvero l’italiano, impersonando un’extracomunitaria sola e gracile, sommersa dalla crudeltà della vita. Una grande trasformista che ha messo in scena il personaggio così come è descritto dalle parole della Mazzantini, dandole un tratto personale, un’anima che rimane come un solco dopo la visione della pellicola.

Il tempo lavora così, Angela, con sistematica gradualità. Un invisibile ma implacabile movimento che ci usura.” E Timoteo combatte contro il tempo, contro il ricordo che svanisce, contro la vita che scorre lenta e si spezza. Castellitto lascia la sua impronta su questo personaggio scomodo, ipocrita. Un uomo che vive in due vite, in due famiglie, in due donne e continua a restare lì, immobile, su quel famoso filo che si tira inesorabile fino alla sua rottura.

Timoteo non viene dipinto come un santo, anzi. La Mazzantini ci sbatte in faccia la dura realtà, un borghese, ricco, benestante e laureato, non è di conseguenza anche un brav’uomo. Timoteo violenta Italia, la prima volta che la incontra. E questa macchia se la porta con sé per tutta la sua storia. Timoteo è un essere errante, colpevole, in cerca di perdono. Quel perdono che Italia, dal passato ancor più crudele, saprà dargli. Tra i due nasce quest’amore fragile e allo stesso tempo prorompente che va tutelato dal resto del mondo.

Tra un passo e un altro Timoteo cercherà di proteggere la sua Italia, dalla vita, dalla povertà, dalla malattia, da se stesso.

Non ti muovere rimane un film attuale, potente, vivo, che entra nel cuore della spettatore e lo lacera, facendolo a pezzi. La rabbia e il dolore scuotono il pubblico, lasciandogli una sensazione di vuoto ma allo stesso tempo di completezza, alla fine. Uscito nel 2004, ha vinto numerosi premi, tra cui il Nastro d’Argento e il David di Donatello per il miglior attore protagonista e la miglior attrice protagonista. Seppur composto da un cast abbastanza conosciuto (Claudia Gerini è Elsa, sua moglie), la coppia Castellitto-Cruz rimane così potente da bucare lo schermo. La chimica, la complicità, la forza dei loro sguardi, spicca fra gli altri attori, delineando la storia tra Timoteo e Italia, un viaggio di un uomo dentro una donna.

Ero felice, non ci si accorge mai di esserlo, Angela, e mi chiesi perché l’assimilazione di un sentimento, così benevolo ci trovi sempre impreparati, sbadati, tanto che conosciamo solo la nostalgia della felicità, o la sua perenne attesa.

La prosa della Mazzantini è rarefatta, magmatica, scorre con i pensieri di Timoteo, percorrendo immagini e lasciando solchi, tagli fra le lettere. Non ti muovere, infatti, vinse il Premio Strega nel 2002, un grande romanzo in cui ci si tuffa e si affonda inesorabilmente, tutto d’un fiato.

Il film diretto da Castellitto merita allo stesso modo. Cupo, sofferente nella fotografia (di Gianfilippo Corticelli), ha un’ottima regia, rafforzata da una storia e da un’interpretazione attoriale che lascia il segno. Non ti muovere fa piangere, arrabbiare, riflettere. Riflettere sulla consistenza dell’amore e sulla sua profondità, sui compromessi, sulle scelte compiute e incompiute, sulla direzione ironica e crudele della vita. Non ti muovere è una storia sulla consapevolezza, sull’essere fedeli a se stessi, senza mentire e vivere rinchiusi nelle convenzioni sociali. Timoteo, per paura di deludere la società, il mondo e una parte di sé, ha rinunciato all’amore, alla vita. La denuncia del film, del romanzo, credo sia proprio in questo, nell’inseguire quell’amore che brucia, anche se è anticonvenzionale, brutto, povero, antiborghese, perché il nostro cammino è uno solo e ci si ritrova a dover, prima o poi, affrontare quel filo che appeso, tra la vita e la morte, ci ricorda che non siamo ineluttabili.

Non ti muovere è una storia che chiede a chi la legge, a chi la vede, di restare. Un attimo, fermi, ad ascoltare l’essenza dei sentimenti e a scoprirne la dura verità: l’amore è primordiale e non può essere scelto come fosse un vestito da indossare. Lo si porta addosso, anche se è scomodo e lo si tiene, anche se è lacero. Finché è amore, resiste, contro il tempo, contro le avversità, contro la stessa morte.

Chi ti ama c’è sempre, Angela, c’è prima di conoscerti, c’è prima di te.

Ilaria Amoruso