L’estate rappresenta il tempo vivo di questa raccolta poetica, tempo di turismo, escursioni, accoglienza, incontri e pienezze che le vicende umane incrociano. È il momento in cui ci si ferma e ci si predispone a una contemplazione e l’immaginazione si rimette in moto essendo sottratti alla routine quotidiana. All’interno di questa stagione si innestano tutte le suggestioni che Christian Sinicco ha da offrirci con il suo Ballate di Lagosta (Donzelli 2022), libro finalista al Premio Strega Poesia 2023. Eppure, badate bene, l’opera è tutt’altro che un esercizio poetico per vacanzieri. Si tratta piuttosto di una raccolta che porta con sé delle raffigurazioni anche molto profonde alla luce dei rapidi cambiamenti politici vissuti in Europa negli ultimi decenni. Ma procediamo con ordine.

Làgosta, per chi non ne fosse al corrente, è un’isola croata situata nell’Adriatico, nella Dalmazia meridionale. La Croazia, uscita nella conformazione attuale dal conflitto che ha portato alla disgregazione della Jugoslavia tra il 1991 e il 1995, i cui effetti sono tuttora visibili, è oggi una meta turistica importante all’interno dell’Unione Europea, sebbene reduce da un passato abbastanza complicato e il suo presente materializzi le incertezze che accompagnano un rapido sviluppo. L’estate è, come un parallelismo, la stagione della Croazia attuale la quale si mostra senza tempo, accogliente eppure mai manchevole di proprie caratteristiche e ritualità, una riproposizione quasi mistica di un quotidiano che nella propria forma genuina e autentica deve convivere con le nuove tendenze. 

Fornite alcune coordinate orientative, vale la pena interrogarsi sulle ragioni che hanno condotto Sinicco ad ambientare la sua ultima opera in questi luoghi. In prima istanza si può individuare la vicinanza geografica alla propria città di appartenenza. Christian Sinicco è triestino, nato nel ’75, ai tempi in cui i confini con la Jugoslavia erano nettissimi e difficili da oltrepassare. Si ricorda inoltre che al di là di Trieste si estendono il resto dell’Istria e la Dalmazia, terre che in qualche modo appartengono anche alla storia del nostro Paese, il che non deve necessariamente portarci a una forma di irredentismo del terzo millennio. Si denota, infatti, il carattere multiculturale dell’opera, che incorpora un crocevia di culture facendosi espressione di un pezzettino del mondo globale. In questo Sinicco se da un lato ci porta a vivere pienamente la riscoperta di un luogo che è origine, ma al tempo stesso evoluzione, dall’altro denuncia anche i mali dello “sviluppo” portati dal capitalismo selvaggio. 

In questo “viaggio” non diaristico e nemmeno narrativo, emergono due tendenze: da un lato vi troviamo testi pregni di effusa sensualità, mai invasiva, sempre misurata e calata in un nimbo fascinoso di (ri)scoperte e arcaiche evocazioni; dall’altro lato prevale il carattere civile dello stile diluito sia nella musicalità delle liriche che nelle riflessioni di stampo pasoliniano, senza mai esagerare con la retorica, evitando abilmente sermoni moralisti e paternalisti. La ricerca di Sinicco verte tutta su una parola che da un punto originario sprigiona una dimensione senza tempo. Se da una parte si tende a eternizzare i luoghi e le storie rappresentate, dall’altro non si cercano rifugi di comodo verso un lessico antiquato. Prevale il bagliore estivo, un’atmosfera mediterranea, al tempo stesso vagamente estranea grazie all’utilizzo di un linguaggio fortemente incentrato sulle impressioni dell’autore, ma non per questo esclusivo e privo di spunti larghi.

La casa sulla strada

ai limiti dei campi, una graziosa
parvenza sulla bruma che dirada

Attilio Bertolucci, poeta

siamo a una curva dove hanno piantato una croce, e a un bivio:
qui crescono arance non ancora rimosse perché verdi
e la serpentina ci porterebbe nei campi
che sono d’oro come i capelli delle slave
o di notte come con una pelle di luna —
anche nel suo pallido rossore
canto un’astronomia privata di nomi
perché nulla resterà di noi
quando ce ne andremo dalla casa
ed è necessario ascoltare perché le rondini sono tornate
su verso il cielo dove la violenza si è spenta:
cancellano in un solo colpo una giornata nuvolosa
tra le bandiere croate della piazza,
portano dietro le barricate del sole
con la ragione del fuoco nel suo ultimo incendio
che decifra anche la migrazione e la liturgia
del nostro sciamare sulla strada —
che si illumina dove non ci sono lampioni,
che apre le sue finestre sui simboli di questo remoto paese
che la lingua confonde con i suoni
del campanile nell’anfiteatro di palazzi
e nei viottoli scolpiti nelle pietre

Come si evince da questa lirica, esempio sintetico del contenuto dell’intera opera, lo stile tende alla sacralizzazione delle immagini dipinte dai versi. Il quadro appare ora onirico ora memoriale. Si va all’avanscoperta di luoghi idealmente vicini, ma al tempo stesso lontani e misteriosi nelle manifestazioni più caratteristiche: le fattezze delle slave, le bandiere croate e i rimasugli della tragedia bellica. Eppure è necessario, afferma la voce, «ascoltare perché le rondini sono tornate»: una natura di questo genere non può fare a meno di rievocare a propria volta la stagione che precede, la primavera, ma anche un’espressione immaginifica che lambisce cura e riconciliazione con la propria devastazione, forse anche interiore toccando temi cari a Sinicco, come il potersi finalmente appropriare di un pezzo di mondo a lungo negato. In questa scoperta conciliante il poeta triestino rimarca il valore profondo della pace, quale sentimento di ricercata e consolidata armonia, auspica alla convivenza degli uomini sulla terra nella piena espressione delle proprie identità. Tuttavia la pace di Sinicco non fa a meno di sentori perturbativi, come «le barricate del sole» anche nelle scene più naturali e spontanee, come se facesse proprio il trauma collettivo e territoriale.

Si potrebbero citare tanti altri testi presenti in quest’opera, ma le sensazioni ricavabili dai vari momenti, stilisticamente molto vari, sono estremamente particolari e ricchi di dettagli su cui varrebbe la pena fare riflessioni a parte. In questa sede, tuttavia, ci preme dare un’idea del libro e concedere l’opportunità al lettore di scoprire le sfumature appena accennate. Pertanto invitiamo quanti hanno letto o leggeranno Ballate di Lagosta a lasciare ealle impressioni, anche alla luce degli avvenimenti a cui assistiamo da quasi due anni. La situazione balcanica rappresenta in Europa un precedente da riconsiderare e sebbene la poesia in sé non appare proprio lo strumento ideale per rapportarsi a determinate tematiche, è interessante captare lo spirito del tempo di cui questo libro è senz’altro figlio. 

Federico Preziosi