Per una lira è il titolo di una canzone di Lucio Battisti che comincia così: Per una lira io vendo tutti i sogni miei. E poi la voce a strisce di Battisti racconta la storia di qualcuno che a malincuore si distacca da una parte di sé. Ascoltandola, ho sempre pensato a chi scrive. In particolare agli esordienti. Chi, per la prima volta (e spesso per una lira) consegna il proprio destino al mondo. Nell’incertezza e nell’imprecisione, un esordio insegna a scrivere più di un capolavoro (anche quando le due cose coincidono: David Foster Wallace, La scopa del sistema, 1987). Per una lira è uno spazio dove leggendo le nuove voci della narrativa, italiana e straniera, metteremo in luce alcuni aspetti di un romanzo legati al gesto dello scrivere per la prima volta, ovvero alla scoperta della propria voce.

Alessandra Minervini, scrittrice, editor e writing coach. Il suo primo romanzo si intitola Overlove, LiberAria 2016. Il suo sito è alessandraminervini.info. Qui gli articoli pubblicati su exlibris20.


Bénédicte Belpois, Suiza, Trad. di Alberto Bracci Testasecca, Edizioni e/o

Galizia, terra di foreste e di prati, di pioggia e cieli sconfinati, di mare e santuari. In paese la vita scorre lenta e tranquilla, scandita dai lavori della campagna e, la sera, dal bicchiere di vino al bar, rigorosamente tra uomini. Niente sembra in grado di smuovere quella routine che pare cadenzata sulle note di un flamenco in lontananza, finché in paese, catapultata da un’altra vita, arriva Suiza. È una giovane donna molto sensuale, con una strana innocenza che la rende ancora più desiderabile. Come ogni uomo che la incontra, anche Tomás ne è immediatamente attratto. Ma quello che all’inizio è solo un desiderio fisico si trasformerà poco alla volta in amore.
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Lezione n. 37

Scrivere i sentimenti

Il desiderio di scrivere non passa mai. Non è una dipendenza, ma un sentimento che smuove il quotidiano. Per questo è importante leggere molto, soprattutto storie che parlano con la storia che desideriamo raccontare. Chi desidera scrivere una storia d’amore che per strutture e temi si rifà a quelle più tradizionali e consolidate, pur emergendo per alcune particolarità, come la voce che racconta, è il lettore o la lettrice ideale di questo esordio. Ciò che si sente, appena finito di leggere Suiza è proprio il desiderio di lasciare tutto e mettersi a raccontare una storia d’amore. La scrittura di questa storia nella sua compostezza, ispira. Forse proprio perché sembra tutto al suo posto, nel romanzo, che si viene presi dalla voglia di rimettere ordine sui sentimenti e ri-scriverli. Complice di questa reazione è la scrittura piana ma mai secca della sua autrice franco-svizzera, Bénédicte Belpois, che ha dedicato il sentimento della storia a una terra promessa, la Galizia, dove ogni personaggio trova la sua destinazione migliore. Gente semplice e piena di desideri, senza impeti fastosi ma con sentimenti solidi anche quando sono stravolti dalla miseria quotidiana. Come accade a Tomás, voce narrante e spirito guida, un bastian contrario che si ritrova a dover fare i conti con la malattia più temuta, il cancro e con quella più desiderata, l’amore. Non si perde d’animo, Tomas, in fondo è un contadino nerboruto e dalle mille risorse, compresa una sprezzante autoironia che lo rende irresistibile, pur nel suo essere spigoloso. Conosce la sua forza come conosce la terra e il bestiame che da sempre cura e, pur malato e ansimante, dice a se stesso l’unica cosa saggia: “(…) c’era da continuare a vivere nonostante tutto, dormire, mangiare, lavorare, avere il tempo di fare le mille e una cosa della quotidianità.” e lo fa, vive e la incontra.

La malattia che lo porta a odiare la vita è la stessa miccia che fa partire la storia che comincia quando Tomás vede “la donna” servire ai tavoli del bar del villaggio:

«Eppure, quello in cui l’ho vista per la prima volta era un giorno come gli altri. Mi sono girato verso il bancone e ho visto la donna».

Nel villaggio galiziano dove tutti conoscono tutti arriva lei, che diventa Suiza cioè “bianca di pelle”, un’estranea che approda immediatamente il centro dell’attenzione collettiva.

«C’era in lei qualcosa di esageratamente femminile, di troppo dolce o troppo pallido, che mi trasmetteva una voglia furiosa di afferrarla, scuoterla, darle qualche schiaffo e possederla».

Lei è una giovane donna fragile che è fuggita da una casa di accoglienza dove è stata ricoverata. Scappa con un desiderio radicato nel cuore: vedere il mare. Dopo un lungo viaggio, arriva in un villaggio della Galizia, nel nord-ovest della Spagna. Lì tutti la considerano svizzera, per ha la pelle bianchissima e i modi un po’ ingenui.

Al netto di una divorante passione, che potremmo aver già letto e sentito (e soprattutto relegato alla finzione letteraria), il romanzo scopre le carte verso un sentimento che rientra nell’amore, pur non essendo quello più romantico: la voglia di vivere. I due si amano per restare in vita, al contrario dello stereotipo della morte/dell’amore. Solo una cosa interessa Tomás e Suiza ed è l’amore. Istintivamente ci si chiede come mai l’autrice abbia scelto la voce di un uomo per raccontare l’amore di una donna. Forse per mostrare la relazione nella sua doppia accezione: “Per l’amore conta soltanto il linguaggio del corpo, il resto sono cose di cui si può fare a meno.” E se si vuole scrivere il corpo, il corpo deve appartenere almeno a due personaggi: chi lo ha e chi lo desidera.

Sono molte le storie di sentimenti che appaiono tra le pagine mentre si legge. Impossibile non pensare al Tomás di Kundera ne L’insostenibile leggerezza dell’essere, quel farabutto di cui ancora ci innamoriamo leggendolo; oppure non si può non ritrovare l’amore assoluto di Leonard per Sylvia nel romanzo autobiografico che il marito dedicò alla moglie. Anche il personaggio femminile ha dei rimandi. C’è per alcuni aspetti il candore apparente di Chiara D’Auria la protagonista del bellissimo romanzo postumo di Mariateresa Di Lascia, Passaggio in ombra, per non dire dell’eco di Vianne, la protagonista di Chocolat, indimenticabile nel corpo e nel volto di Juliette Binoche nella versione cinematografica. Ma i rimandi che si trovano in Suiza non finiscono qui. Uno per tutti, Madame Bovary. Non solo per la stessa noia e ignavia che attraversa i personaggi di Flaubert, ma anche per una dedizione formale verso il dettaglio, in particolare oggetti e abiti, con cui la voce narrante mostra il carattere suo e quello dei personaggi. Vi siete mai chiesti cosa sarebbe Charles Bovary senza il suo cappello? Un uomo, e basta. Lo stesso vale per Tomás e le sue sigarette, le mutande, le birre e ogni cosa che si intreccia al pensiero del corpo di Suiza.

Se scrivere è dare una forma a ciò che non si vede, scrivere i sentimenti è dare una doppia forma all’invisibile. Al legame che nutre i personaggi e a tutte le verità nascoste senza le quali l’amore e le sue trame perderebbero credibilità.

Piccola bibliografia per chi vuole scrivere


MILAN KUNDERA, L’ insostenibile leggerezza dell’essere, Adelphi 1989
Leonard Michaels, Sylvia, Adelphi 2016
MariaTeresa Dil ascia, Passaggio in ombra, Feltrinelli 2016
Joanne Harris, Chocolat, Garzanti 2012
GUSTAVE FLAUBERT. Madame Bovary, Feltrinelli 2014
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