La stessa storia può essere raccontata in mille modi e vista diversamente da mille occhi. Il personaggio di cui voglio parlarvi oggi è Camillo Sbarbaro, nato a Santa Margherita Ligure il 12 gennaio 1888. All’età di cinque anni perde la madre e sarà la giovane zia materna a occuparsi del padre, del poeta e della sorella. I primi studi compiuti sotto l’ala paterna rivelano una profonda sensibilità di Camillo e un forte amore per la natura. I paesaggi liguri e le lunghe camminate in famiglia forgiano i suoi più profondi interessi e la sua poetica. I primi componimenti risalgono ai sedici anni, ai vent’anni la sua prima collaborazione con una rivista. Una volta terminati gli studi liceali sfoga la sua passione per la letteratura passando l’estate immerso nella lettura di scrittori russi e dei classici greci.

Finito il periodo della formazione, i suoi familiari lo costringono alla ricerca di un impiego e così, travolto dal senso del dovere, Sbarbaro diventa impiegato in una società siderurgica, come suo padre. Il lavoro procede bene, ma non lo appaga, anzi: lo frustra. Grazie agli amici del liceo pubblica la sua prima raccolta, Resine. Quando – nei suoi ventiquattro anni – il padre muore, la responsabilità della famiglia ricade su di lui. Al padre dedica alcune poesie che confluiranno in Pianissimo, l’opera più conosciuta dell’autore. Con termini semplici Camillo evoca emozioni potentissime: come il ricordo del padre infuriato che rincorre la sorella per sgridarla e che, dopo aver visto il terrore nei suoi occhi, finisce, una volta raggiunta, per stringerla forte a sé, come a proteggerla da quell’uomo cattivo che era stato poco prima. «Mi ricordo che la sorella, bambinetta ancora, per la casa inseguivi minacciando. Ma raggiuntala che strillava forte dalla paura ti mancava il cuore». Questo fotogramma riscalda il cuore ed è questa l’immagine del padre che rimane impressa nella memoria del poeta.

La curiosità di Sbarbaro per il mondo naturale lo porterà a orientare la sua attenzione verso i licheni, organismi a metà tra le alghe e i funghi, in grado di sopravvivere quasi in ogni condizione ambientale. Questi infiniti microcosmi differenti tra loro sono la lente attraverso la quale Sbarbaro sceglie di fruire del mondo che lo circonda. Colleziona un numero imprecisato di specie di Licheni e pubblica addirittura un libro dedicato a questi organismi, con i risultati dei suoi studi. Tutt’oggi è considerato uno tra i più famosi “lichenisti” della storia.

La guerra piomba nella sua vita, ma sebbene la sua licenza gli consenta di non andare al fronte, sceglie di aggrapparsi a questa possibilità di sfuggire al lavoro all’Ilva e si presenta volontario per la Croce Rossa. Finisce quindi per trovarsi in battaglia e lì avviene uno scambio di lettere e cartoline con l’amico Angelo Barile che entrano a far parte della raccolta Cartoline in Franchigia. Questa raccolta testimonia il proposito di Sbarbaro di concentrarsi soltanto sugli aspetti insignificanti dell’esperienza al fronte: è proprio questo scarto ad attirare un’immediata attenzione. Nelle Cartoline, per esempio, leggiamo rendiconti sui nuovi licheni individuati, ma mai enumerazioni di stragi e mutilazioni. Questo porta a considerare la guerra che lo coinvolge «come una villeggiatura ogni tanto appena scomoda». Una volta ritornato dal fronte diviene insegnante di lettere, benché senza laurea, grazie alle sue pubblicazioni su riviste quali La Voce. É costretto ad abbandonare la professione quando rifiuta la tessera del partito fascista. Per questa sua scelta il suo passaporto viene respinto, e deve rinunciare a una promozione come insegnante in un college in Inghilterra. Le sue convinzioni e il suo coraggio mettono in crisi il suo futuro. Nel 1940 decide di sopperire alla mancata pubblicazione di Trucioli donando delle copie dattiloscritte ai suoi amici.

Sbarbaro si distacca dal mondo, si dice stanco di godere e di soffrire, e per questo sviluppa spesso componimenti sull’aridità del mondo e sulla solitudine, ritirandosi in una specie di silenzio emotivo. La sua è una poesia di versi liberi, di frammenti, interiore e spesso breve. Considerato il «poeta delle piccole cose», nella sua opera traccia un inno alle esperienze quotidiane, alle piccole gioie della vita, agli istanti fugaci delle giornate: «Talora nell’arsura della via un canto di cicale mi sorprende. E subito ecco m’empie la visione di campagne prostrate nella luce… E stupisco che ancora al mondo sian gli alberi e l’acque, tutte le cose buone della terra che bastavano un giorno a smemorarmi…».

In tarda età riesce finalmente a rasserenarsi, e lo racconta nella poesia Ora che sei venuta dedicata a Dina, la donna che più ha amato. In questo componimento Sbarbaro è grato alla venuta dell’amata e al loro sentimento maturo, distante dalle ansie giovanili. Dina è una presenza gioiosa che è «entrata leggermente come una danzatrice nella mia vita, come una fata di venti in una stanza chiusa». La sofferenza che lo ha accompagnato per tutta la vita sembra essere stata spazzata via da quell’amore. Questo amore che sembrava non poter esistere, che sembrava non arrivare mai. Dalle sue parole trapela l’angoscia di questa attesa soffocante, perduta nello spazio e nel tempo ma che a un tratto con l’arrivo di Dina si dissolve.

Attraverso una breve lettura delle produzioni artistiche di Sbarbaro, le sue parole così travolgenti e sincere, e la sua capacità di raccontare il mondo ci fanno interrogare sul perché un tale autore possa essere tanto bistrattato. La rinuncia alla tessera del partito fascista fece colare a picco ogni suo progetto, tutte le porte si chiusero per lui, che rifiutando di accogliere un’ideologia avversa perse la cattedra e gli fu reso impossibile progredire professionalmente. Per questo si trovò costretto all’insegnamento privato, che fu solo un modo per recuperare la sua serenità (dissolta assieme ai suoi progetti di vita). La realtà è che l’ostracismo compiuto su di lui quando era ancora in vita ha prodotto un ulteriore silenzio che persiste ancora oggi. Sebbene i novecentisti abbiano ben chiara la figura di Sbarbaro, ben posizionato nella classifica assieme ai suoi contemporanei, spesso la presenza di questo autore nei libri di testo tende a perdersi. Credo, in realtà, che questo autore meriterebbe di essere scoperto nuovamente, e in particolare sarebbe una buona lettura per i più giovani. Sbarbaro insegna a pensare in modo autonomo e a seguire i propri ideali, anche a costo di mettere a repentaglio il proprio futuro.

Silvia Carani