Della cultura ucraina ci si interessava molto poco fino allo scoppio della guerra, sebbene non fossero mancate anche in precedenza, da parte di molti italiani, relazioni strette con numerosi ucraini giunti in Italia per lavoro. Negli ultimi tempi, inoltre, si sono affermati alcuni autori che hanno saputo catturare l’attenzione dei lettori italiani, come nel caso di Oksana Zabuzko e Serhij Zadan. Se dal mondo dei romanzi qualcosa è filtrato, soprattutto dopo Maidan, ben poco ci è arrivato in poesia anche se questa tendenza sembra destinata a cambiare alla luce dei drammatici risvolti bellici.

La pubblicazione che intendo sottoporre all’attenzione dei lettori è antecedente ai fatti del 24 febbraio 2022, in uno dei rari casi in cui la poesia ucraina è stata presa in considerazione da una casa editrice italiana, nello specifico i Quaderni del Bardo Edizioni, in collaborazione con La Casa della Poesia di Como, realtà sempre attenta ai versi provenienti dall’estero e lontana da un certo mainstream editoriale.

Mer dans la pierre – Mare nella pietra di Dmytro Chystiak è stata pubblicata nel 2021 e contiene poesie scritte tra il 2008 e il 2018 affidate alla traduzione di Laura Garavaglia. 

Il volume si presenta bilingue, in francese (come già suggerisce il titolo) con testo a fronte in italiano. Chystiak è infatti poeta di lingua ucraina, ma anche francofona e ciò predispone il suo sguardo inevitabilmente anche verso all’Europa occidentale alla ricerca di un dialogo con la grande tradizione culturale europea. Non sfuggirà agli occhi dei lettori attenti un certo legame col surrealismo e col simbolismo, vediamoli nello specifico.

Frutteto irrealizzato

III.

Parte del crepuscolo cade sul sogno estivo,
le gocce s’imporporano e piangono nell’oro,
ma il mare cancella l’azzurro sbiadito,
ma il mare cancella tutto ciò che è fiorito.
Un’eco che trema le certezze del passato
poi naviga tra le piume, naviga tra le fioriture,
posa una rosa sui templi, lontano
dalla notte che cade senza trovare il fondo.

Si noti la perizia immaginifica nel contrapporre la fioritura alla caduta, lo sbocciare della bellezza, ossia della vita, che fa da controcanto alla natura effimera delle cose. In questo lasso d’altrove si iscrive la poesia di Chystiak, sempre pronta a scavare nell’immagine fatta di parole attraverso le medesime. Il risultato è un’ambientazione ibrida che alterna elementi della coscienza a quelli di uno spazio-tempo indefinito. Un simbolo ricorrente è proprio il frutteto, un luogo che ritorna in varie poesie contenute nella raccolta, così come crepuscolo o artemisia. A certe figure-parole si associano anche i colori, come a voler sfumare il simbolo: «Cammini sulle tombe / e la voce dorata del frutteto / risuona per un morto vivente», non è un horror o un fantasy, vi assicuro, ma una trasmigrazione della coscienza in un’immagine senza tempo. La voce non è solo voce, ma dorata, probabilmente aulica, non religiosa, ma quanto meno esistenziale. Soffermiamoci su ulteriori dispiegamenti:

Tramonti

I cavalli entrano nel miele,
Le gocce inonderanno il tuo viso:
Una pioggia di stelle.
La tua cappella si oscura,
Tremando:
Un’ala sugli dei di Mezzogiorno.
I giovani entrano nel miele,
Profumo di raganelle
Così sole contro l’estate,
l’artemisia è vicina,
Nei tuoi occhi stanchi
Quella strada nella nebbia verde 
Conduce a sorgenti notturne,
Ancora silenti.
La luce segue la sua strada,
Di nuovo non una lacrima da te,
La sete e lo spavento,
Di nuovo guardi l’orizzonte,
Nel mio cerchio
Piangono i serpenti,
Persi nel mare verde.
Consoliamoci: tutti avranno diritto
Al calice senza vino.
La luce segue la sua strada:
Tu tornerai in altri luoghi
Nell’attesa
Le onde s’infrangono
Chiamando
Il mare. 

***

Quel grido verdeggia nel blu.
Le barche a vela si lanciano.
Le tue labbra troppo aride si asciugano
Ardenti di sgomento,
Il diluvio degli anni silenziosi
Si erge tra noi,
Come attraverso una lacrima.
Questi passi verso il baratro verde
sono incerti come deboli fiamme:
nessun rifugio, nient’altro che fulmini.
Le montagne e i mari si inginocchiano
A mezzanotte,
Mentre ci uniamo
Ci abitano germogli crudeli,
Non c’è pietra che raschia sulla pietra,
La piaga si deterge con un’altra piaga,
Grida e inverdisce la notte.

***

Quei sogni sono troppo brevi.
Ferite che bruciano lontano.
La luce grida oltre le risacche autunnali,
La circondano uccelli o serpenti
Nella nebbia mattutina, quel pietoso vagare,
Come un aborto, nemmeno in corpo che ti chiama
Nella sua schiavitù, quando esplode la visione
E ti scuote, fuggendo.
Sei troppo giovane e poco fiducioso,
Indegno di sorridere come quel delicato Sebastiano
Con gli angeli che suonano, la Vergine e il Bambino, e gli echi,
Indegno del sorriso verginale senza vedere il sangue e la carne,
Indegno della corda di quell’arco che intreccia i frutteti,
Indegno degli sguardi senza ritorno,
Indegno della ferita che si apre al sole quando il canto si leva…
Ahimè, siamo troppo giovani, poco fiduciosi,
I mari sono troppo vasti,
Grida di luce erompono oltre le.risacche autunnali,
Le onde fremono troppo…
O mia triste ferita, brucia, ardi, non guarire: 
O mia triste ferita, brucia, ardi, non guarire:
Chi altro se non tu mi solleverebbe da ciò che cambia?

È senz’altro una poesia che va guardata con la simbologia dei colori cercando di intuire ciò che suscitano innanzitutto in chi legge e successivamente provare a immaginare cosa rappresentano per l’autore, per esempio, il blu e il verde che richiamati esplicitamente o implicitamente, ricorrono nei versi proposti in forma di parole: il mare è un po’ blu e un po’ verde, fonde e dinamizza le simbologie, diviene a sua volta composizione e dispensatore di colori. A loro volta anche i versi sanno intessere legami sinestesici e tali intrecci arricchiscono la tavolozza del poeta, il quale offre una tela espressionista del sentimento-corpo diluito nell’impeto della natura. 

Dmytro Chystiak non aveva bisogno della guerra per emergere in Italia, presumibilmente avrebbe lasciato le memorie belliche al ricordo dei propri antenati. Forse questo suo scavo lo ritroveremo anche dopo quella che si preannuncia una mutazione di stile, anticipata sul Corriere della sera* e ribadita a Poesie di guerra e di pace, perché la guerra incide drammaticamente sulla consapevolezza e porta la coscienza poetica alla ricerca di altre parole per descrivere e rappresentare il vero. Per una volta ci siamo dedicati al prima, per il dopo speriamo non doverci impiegare molto. Mentre scrivo sull’Ucraina cala un inverno che tutti ricorderanno anche per gli attacchi alla rete idrica e elettrica. Non oso immaginare quali canti di orrore e disperazione avremo modo di imparare.

Federico Preziosi