Ci sono parole che fanno paura. Parole che sembrano minacce; parole che, pronunciate, aprono abissi. Morte, abbandono, disperazione. Parole che vorremmo tenere lontane, che vorremmo facessero parte di una storia che non è la nostra.

Ce n’è una, terribile, lapidaria, nuda come una verità, che dà il titolo al nuovo romanzo di Zeruya Shalev: Dolore, una parola che, scritta al centro di uno spazio bianco, sembra invece rassicurante, come una pace. L’autrice israeliana torna con una storia che indaga l’animo femminile. La protagonista ha il nome di un fiore, Iris, un fiore a cui sono stati strappati via i petali, ma che resta radicato nella sua terra, resiste, nonostante tutto. Può il dolore essere una cura? Può guarire e riunire ciò che si è spezzato, che sia un legame o un corpo danneggiato?

Sopravvissuta a un attentato che ha interrotto il naturale corso della sua vita, Iris cerca di tornare alla normalità, alla sua famiglia, al lavoro di preside. Ma dopo quell’incidente, deve non solo ricucire le ferite, ma il rapporto con i suoi figli e suo marito, ridurre la distanza che il dolore, quell’ospite invadente, ha creato tra lei e loro. Iris vive quella vita come una condanna, e non riesce a dimenticare. Non dimentica il passato, l’incidente e le strane coincidenze che un giorno, per caso, la riportano dal suo primo amore, Eitan, l’uomo che le aveva procurato una lesione ancor più profonda alla quale nessun intervento chirurgico ha potuto porre rimedio. Ed ecco che il destino offre a Iris una seconda possibilità. Eitan è tornato per lenire il suo dolore, quel dolore che ora lascia il posto a una nuova attesa che sa di speranza. Ma non può concedersi quella felicità ritrovata, dovrà sacrificarla in nome di sua figlia. Teme che sia stata plagiata da un uomo più grande di lei. Sente che la sta perdendo e sa che solo lei potrà salvarla. E potrà farlo scegliendo di voltare le spalle al passato, rinunciando a esso.

“Adesso il presente le dice: non sono l’eco di ricordi passati, non sono il ponte per i progetti futuri, sono tutto quello che hai, la sostanza della tua esistenza, dammi fiducia perché non hai altra scelta”.

Salvando sua figlia, Iris salverà se stessa: “insieme e ognuna per conto proprio dovranno imparare la gloria della realtà”. La sua vera occasione di rinascita non sarà quella di amare di nuovo l’uomo che credeva di aver perduto, ma “quella di amare la propria vita per quello che ha e non per quello che non ha”. Il dolore che un tempo aveva diviso la sua famiglia torna per riportarla all’unica vita che la attende. Comprende che ciò che conta è il presente, ciò che è reale, e scappare da esso non rende più felici, e nemmeno più liberi.

Franca Cribari

 

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