”Son occupant, un blond pâle aux traits décolorés, portait un costume en acrylique beige, arborait une mine d’employé, veinée d’une imperceptible pointe de sarcasme. «Vladimir Poutine», dit-il en me serrant la main”.

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Il romanzo politico, Il mago del Cremlino, scritto da Giuliano da Empoli, autore italo-svizzero che vive in Francia, è uno dei quattro finalisti del Prix Goncourt 2022, prestigioso premio letterario francese. È un libro che si contraddistingue per una certa unicità di stile e di contenuto perché racconta attraverso la narrazione tipica del romanzo la creazione della società russa post-comunista durante i tre ultimi decenni e ci spiega il modo in cui Vladimir Putin è riuscito a stabilire un potere assoluto grazie anche al sostegno del suo ‘spin doctor’, o com’è chiamato nel libro, il mago del Cremlino. 

Le confessioni del Mago

La maggior parte del romanzo è costituita da una lunga confessione notturna sotto forma di monologo che il protagonista Vladimir Baranov fa al narratore. È proprio grazie al racconto di Baranov, un personaggio fortemente inspirato da Vladislav Sourkov, il consigliere di Putin fino al 2021 e conosciuto anche con i soprannomi di ‘eminenza grigia’ e ‘Rasputin di Putin’, che noi lettori abbiamo la rara opportunità di penetrare nel cuore del potere russo e di scoprire alcuni dei segreti e degli intrighi che hanno segnato il lavoro di questi due uomini, lo Zar e il mago. L’autore utilizza la finzione per raccontarci i piani machiavellici e gli avvenimenti chiave dell’era Putin come i giochi di Sochi che non solo hanno caratterizzato la sua ascesa al potere e la consacrazione del ritrovato potere della Russia ma rappresentano anche una parte della nostra storia contemporanea.

Un romanzo di grande attualità

Scritto prima dell’invasione russa in Ucraina, il romanzo tratta un tema di grande attualità e ci aiuta a comprendere meglio la mentalità, i valori e le credenze di coloro che detengono il potere in Russia e che hanno portato al conflitto attuale. Quello che probabilmente colpisce di più durante la lettura è la trasformazione di colui che nel libro non viene mai chiamato per nome e a cui ci si riferisce solo come lo Zar. La prima volta che lo incontriamo nel romanzo abbiamo l’impressione che il potenziale successore di Eltsin sia un anonimo ed innocuo funzionario, quasi una marionetta che sa eseguire gli ordini e non impartirli. Ma presto scopriamo che lo Zar diventerà l’incarnazione dell’‘asse verticale’ dell’autorità e porterà avanti la sua missione di conquista attraverso tre strategie principali: la lotta contro gli islamisti, la marginalizzazione degli oligarchi che si oppongono alle sue idee e un cambio di comportamento verso l’America dell’allora presidente Clinton.

Alla corte dello Zar

Oltre ai due personaggi principali della narrazione che sono il Mago e lo Zar, da Empoli ci fornisce anche descrizioni molto dettagliate dei personaggi che li circondano, condivide con noi i loro pensieri e ci aiuta a vedere i vari avvenimenti dalla loro prospettiva. Alcuni sono ispirati da persone reali, altri compaiono con il loro vero nome mentre alcuni sono completamente fittizi ma sono tutti accomunati dal fatto che rappresentano i vari gruppi della Russia post-comunista di Putin: i cortigiani, gli oligarchi, gli esuli decaduti e persino le ragazze escort, e insieme creano un’immagine veritiera della società russa di quel periodo specifico. La narrazione è anche ricca di dettagli sulla manipolazione della realtà e i giochi mentali normalmente usati dietro le quinte del potere nella Russia dello Zar e nonostante spesso includa anche elementi della violenza del regime, lo stile narrativo dell’autore li rende quasi poetici, tanto da farci dimenticare della loro brutalità e del fatto che molti di essi sono realmente accaduti. Oltre alla storia dello Zar e del suo spin doctor, il libro ci fa anche riflettere su una serie di argomenti importanti per tutti noi come l’idea di potere, il rapporto tra oriente e occidente, il ruolo della storia russa sul palcoscenico globale, e parallelismi tra la Russia post-comunista dei primi anni 2000 e quella attuale.

Uno scrittore poliedrico e una narrazione tra finzione e realtà

Dove finisce la realtà e comincia la finzione? Questa è una domanda che ci si pone spesso durante la lettura de Il mago del Cremlino. È evidente che da Empoli sia uno scrittore poliedrico che padroneggia diversi stili di scrittura, essendo allo stesso tempo romanziere e giornalista. Il mago del Cremlino è il suo primo romanzo ma non il suo primo libro perché ha già pubblicato vari saggi, tra cui Gli ingegneri del caos del 2019 in cui parla del fenomeno del populismo nel mondo, da Donald Trump a Matteo Salvini e ci racconta il ruolo degli ‘spin doctor’ (consulenti d’immagine) nella creazione dell’opinione pubblica. I suoi libri sono anche arricchiti dalla sua esperienza personale e dal fatto che la sua carriera spazia tra varie professioni e nazioni. Nato in Francia e cresciuto in diversi paesi europei, da Empoli è giornalista, editorialista per la stampa scritta e la televisione, insegnante universitario e consigliere politico che ha lavorato, per esempio, con Matteo Renzi, l’ex presidente del consiglio italiano. Il frutto delle sue ricerche e del suo lavoro è un racconto molto credibile, accessibile ed estremamente piacevole da leggere. Nonostante il lettore conosca già alcuni dei fatti descritti nel libro, l’autore riesce a creare un thriller politico e psicologico radicato nella realtà grazie alla fusione di stili di scrittura diversi. Fin da subito comprendiamo che ci troviamo davanti ad un romanzo che possiede tutte le caratteristiche di un libro che può resistere alla prova del tempo: l’autore scrive in uno stile molto avvincente la storia di una nazione e di un uomo, e riesce, allo stesso, a farci riflettere sul potere e la manipolazione della realtà, due concetti universali molti presenti nella nostra società moderna caratterizzata da fake news e da forme di democrazia spesso di nome ma non di fatto.

Valentina Lorenzon