Come si fa a consigliare un libro che, ancora mesi dopo, a ripensarci ti lascia un senso di inquietudine, di angoscia? Come si fa a consigliare non solo il primo libro, ma addirittura il secondo, aspettando con ansia l’uscita del terzo – perché di trilogia si tratta?

La risposta è semplice: perché Maja Lunde riesce a evocare mondi così lontani eppure così verosimili, nella loro spettrale proiezione, che non le si può passare accanto e restare indifferenti.

Ho scoperto La storia delle api per caso, assolutamente per caso. L’ho letto in due giorni, affascinata da come questi piccoli insetti dorati fossero così irrimediabilmente legati al nostro futuro. Il romanzo si snoda in tre storie, ambientate in tre epoche molto distanti tra loro e accomunate solo dalle api, presenti con il loro lieve ronzio in ogni pagina.
C’è la storia dello studioso depresso, che si risolleva dal suo stato di accidia per inventare un alveare innovativo; c’è la storia dell’apicultore americano, alle prese con la sempre maggior moria di api; c’è – per me la più bella di tutte – la storia di una madre cinese, che di lavoro fa l’impollinatrice (perché nel futuro gli insetti sono scomparsi e per sopravvivere bisogna impollinare i fiori a mano). Tre storie molto diverse tra loro, accomunate non solo dalle api, ma da un’indagine profonda e appassionata sul rapporto genitore-figlio, con le aspettative, le paure, i risentimenti che caratterizzano le relazioni.

Il secondo romanzo, La storia dell’acqua, si divide in due storie, ancora una volta lontane tra loro nel tempo: una vecchia skipper norvegese che torna tra i fiordi per scoprire la “morte” del suo amato ghiacciaio, e quella di un padre, in cammino con figlia, alla ricerca della moglie e di un’acqua che sembra sempre più difficile da trovare.

Se le storie ambientate nel presente ci lasciano sgomenti, perché specchio di una società che conosciamo troppo bene, con la sua visione miope del futuro, consumista, egoista e indifferente alle sorti del pianeta, le storie che sono ambientate nel futuro (un futuro vicino, non futuristico) non possono che lasciarci sottilmente angosciati, fosse anche solo perché non avremo mai le risposte sul “come andrà a finire”. È questo il mondo che ci aspetta? È questo che lasceremo ai nostri figli?

Quando ho chiuso entrambi i libri c’è stata una sorta di epifania. Sono sempre stata attenta all’ambiente, ma nel mondo in cui lo siamo tutti – un po’ di raccolta differenziata, qualche acquisto consapevole.
Dopo aver letto queste pagine, ho iniziato a guardare il mondo in modo diverso, cancellando una parte di quell’ottimismo che è tale solo perché preferisce non vedere. Credo che in fondo sia questo il compito dei buoni libri, ed è per questo che li consiglio entrambi, perché abbiamo tutti bisogno di un po’ di consapevolezza in più.

Federica Maltese