Guardò la superficie del laghetto pizzicata dai pesci invisibili che mangiavano qualcosa sul pelo dell’acqua, innescando piccoli cerchi concentrici.
E il tempo passava.
Tutto il tempo che desiderava e che, in compagnia di Alice, gli sarebbe sembrato tempo sprecato, per qualche insondabile motivo.
Jacopo Masini ne L’amore prima della fine del mondo, pubblicato da Epika Edizioni, usa e pesa storie, parole e personaggi, come fosse un balletto, un quadro, un film sull’amore, sull’insoddisfazione, sul tempo che passa, su quello che invece dovrebbe passare e non passa mai.
Il presente che non piace, il futuro ipotizzato che forse, restasse solo un sogno, sarebbe lì, perfetto e intatto.
E invece no. Poi decide di arrivare. E si sgretola e si sporca.
E diventa reale.
Vanni ha ventisette anni, vive a Parma in una casa di cinquanta metri quadrati sommersa da frasi in inglese e bicchieri.
Lavora part-time e sogna full-time di cambiare.
Si guadagna da vivere accudendo due matti, Nico e Gusta, come collaboratore di una cooperativa sociale. Spesso e volentieri va fuori a bere con l’amico Giacomo, passa a pranzo dalla nonna e soprattutto non si lascia sfuggire l’occasione di tradire Alice, fidanzata fissa, ripetutamente e con due diverse amanti, di cui una è la migliore amica di lei. Stando alla sua filosofia è esente da colpe, dato che non crede nella forza della volontà.
Ha mandato un curriculum a Torino, in un’agenzia pubblicitaria.
Potrebbe essere la scusa, la volta buona.
Per cambiare tutto e ricominciare.
“Ogni sentimento, ogni cosa che accade è proprio come una corrente e non possiamo far altro che lasciarci portare senza andare a fondo o andare a sbattere contro una scogliera” e lui si lascia portare.
Cosa succede però se la vita scompiglia le carte, ti piazza in mezzo al vortice di una tragedia, ti toglie il fiato e ti disorienta?
La “sua” scontata Alice va via.
Non è più lì ad accoglierlo, a scappare, a litigare, a fare pace, a preparare la pasta al pesto e a fare l’amore su un divano troppo grande per una casa troppo piccola.
Cosa succede ai divani troppi grandi se restano senza colei che dovrebbe esserci per sempre e poi però il per sempre non arriva?
Tutto quello che non c’era più era ancora lui, in fondo, dentro il suo corpo espanso, nella sua pelle, senza che il prima e il dopo fossero davvero separati.(…)
Forse per quel semplice motivo era tornato lì: per cercare un posto in cui collocare i suoi giorni presenti.
Non si riparano più le crepe, non ci sono più veli pietosi da stendere sugli errori, non c’è nessuna bussola e neppure nessuna direzione giusta.
Cosa rimane dopo l’Apocalisse?
Natalia Ceravolo
E tu cosa ne pensi?