«In un buco nella terra viveva uno hobbit. Non era un buco brutto, sudicio e umido, pieno di vermi e intriso di puzza, e nemmeno un buco spoglio, arido e secco, senza niente su cui sedersi né da mangiare: era un buco-hobbit, vale a dire comodo.»

Nel 1601 della Terza Era gli hobbit giunsero nella Contea, per sfuggire ai tumulti a est delle Montagne Nebbiose, e qui si stabilirono, vivendo pacificamente e in tranquillità, nascosti al resto del mondo.

Lo hobbit è una favola, un racconto avventuroso sulle gesta di Bilbo Baggins e della Compagnia di Thorin, composta da 13 nani. Thorin Scudodiquercia deve riconquistare l’antico regno sotto la Montagna Solitaria, la sua patria d’origine e il tesoro dei Nani sotto le grinfie del drago Smaug. Lo hobbit è precursore de Il signore degli Anelli, Tolkien prepara il terreno a quella che sarà la sua storia più leggendaria, presentandoci già l’ambientazione fantastica della Terra di Mezzo e alcuni personaggi cruciali come Bilbo, Gollum, Gandalf e un certo anello.

L’epicità della saga di Frodo non è ancora raggiunta, ma Lo hobbit resta una storia mitologica ricca di personaggi, avvenimenti, luoghi che ci incantano e ci fanno amare il piccolo hobbit e la sua sgangherata compagnia.

Pubblicato nel 1937, Lo hobbit ha venduto circa 140 milioni di copie, ed è stato anche trasformato in una pellicola cinematografica grazie a Peter Jackson, già regista della trilogia del Signore degli Anelli. Dal 2012 al 2014 Jackson ne ha costruito un’altra trilogia, sebbene il romanzo sia a volume unico, Lo hobbit – Un viaggio inaspettato, Lo hobbit – La desolazione di Smaug, e Lo hobbit – La battaglia delle cinque armate.

A Jackson dobbiamo sicuramente la capacità di trasporre sul grande schermo la magnificenza dei luoghi della Terra di Mezzo, i paesaggi, le corti elfiche, la Contea, le Montagne Nebbiose, e di aver scelto per i nuovi personaggi un cast eccellente, come Martin Freeman per Bilbo, Benedict Cumberbatch per Smaug, Lee Pace per Thranduil, o Richard Armitage per Thorin. Ma Jackson per poter diluire la favola in ben tre pellicole, e anche per motivi di marketing, è stato costretto a introdurre personaggi che non hanno a che vedere con la storia originale, e a modificarne alcuni passaggi cruciali. Inoltre, ha utilizzato macchine da presa ad alto frame rate riprendendo le scene non con i tradizionali 24fps ma a 48 fotogrammi al secondo. Si pensava di poter rendere così l’immagine più fluida e nitida. Un filmato, infatti, è una sequenza di immagini riprodotte ad una velocità sufficientemente alta da fornire all’occhio umano l’illusione del movimento, e i 24fps sono i fotogrammi standard utilizzati nel cinema. Il cambiamento del frame rate ha portato agli spettatori emicranie, capogiri, vertigini oltre ad aver reso le scene di battaglia confusionarie e di difficile comprensione.

Aggiunto per trainare il pubblico de Il signore degli Anelli in sala, Legolas, in realtà non ha niente a che fare con la storia de Lo hobbit. Nel romanzo vediamo soltanto Thranduil degli elfi silvani, ovvero suo padre; è stato Jackson a ipotizzare che un giovane Legolas potesse aver partecipato alla battaglia dei cinque eserciti contro Mannari e Orchi a fine libro, ma Tolkien non ne fa mai menzione. Controversa per i fan appare la creazione di un nuovo personaggio, l’elfa Tauriel. Lo hobbit è un’avventura dove i protagonisti sono tutti di genere maschile, e Jackson ha voluto inserire una quota rosa nella storia. Tauriel (e la sua storia con Kili), per quanto non compaia nell’universo tolkieniano, non va, a mio parere, a snaturarne i cardini principali, per cui, seppur un può forzata, appare un’aggiunta che possiamo far passare al famoso regista.

Quello che Jackson fa è cercare di rendere appetibile una storia che invece su carta è più lenta, si prende i suoi tempi, è piuttosto descrittiva, appunto perché pensata come un unicum e come libro. Peter Jackson invece crea tre film che hanno un loro ritmo, sono intriganti e sviluppano una trama che ci tiene comunque incollati allo schermo. Certo, di base, dobbiamo esser consapevoli di star vedendo una storia leggermente diversa da quella che Tolkien ha scritto, in cui i riferimenti alla sua opera magna sono molti e in cui c’è più azione di quanta ci si aspetta (si veda per esempio il ruolo dell’antagonista dato ad Azog che invece nel libro è già morto).

Ma se veramente si vuole conoscere il mondo tolkieniano e come lui stesso avesse cominciato a concepire la Terza Era e il suo universo, è necessario avventurarsi tra le pagine de Lo hobbit, una fiaba per bambini ma allo stesso tempo una lezione per gli adulti.

Nonostante il carattere fiabesco, Lo hobbit nasconde una moltitudine di temi fra le sue pagine, primo fra tutti quello dell’accettazione. Lo stesso Bilbo è diverso dai nani con i quali intraprende il suo viaggio, è un hobbit piccolo, quasi invisibile al resto del mondo, non ha forza fisica e ha abitudini diverse e particolari. I suoi compagni non si fidano di lui, deve dimostrare di essere un vero “scassinatore” come lo soprannomina Gandalf, qualcuno di cui potersi fidare realmente.

Gandalf e anche l’autore tornano spesso nella storia come deus ex machina, si pensi a quando Tolkien porta Bilbo ad incontrarsi con Gollum. Qui Bilbo dimostra la sua astuzia e sottrae l’anello a Gollum, l’oggetto magico che gli permetterà di aiutare più volte i suoi amici nani e di guadagnarsi la loro completa fiducia.

Un altro tema fondamentale è il concetto di casa. I nani ne sono sprovvisti, è Smaug a vivere nelle loro terre e vogliono a tutti i costi riconquistarle. Bilbo che una casa la ha, all’inizio non vuole lasciarla, vuole sempre ritornarci, per poi scoprire che casa è il luogo dove ci si sente a proprio agio e felici, e che a casa, nella Contea, ormai Bilbo è visto come un hobbit strambo, proprio a causa del suo viaggio.

Tolkien riesce a costruire un vero e proprio viaggio dell’eroe che ci permette di vedere la crescita di Bilbo, della sua consapevolezza e della sua forza, per arrivare ad avere infine un hobbit diverso, cambiato, maturo.

È grazie a Bilbo e alla sua Contea se Tolkien ha cominciato a sognare e a vedere la Terra di Mezzo e i suoi personaggi. Infatti, mentre correggeva il compito di un suo alunno, il professor Tolkien fu folgorato da un’idea e per non lasciarsela sfuggire, la scrisse proprio a margine di quel foglio. Quella frase sarebbe poi diventata il famoso incipit de Lo hobbit. Incipit che è stato addirittura ripreso da Jackson nei primissimi minuti del film dove sentiamo la voce fuori campo di Bilbo che lo recita.

Lo hobbit resta un romanzo universale che ha incantato e fatto sognare milioni di lettori, che ci ha permesso di mettere i piedi in un mondo fantastico e innamorarcene, di leggere la più e inaspettata fiaba avventurosa che potessimo immaginare.

A parlare delle cose belle e dei giorni lieti si fa in fretta, e non è che interessi molto ascoltare; invece da cose gravose, emozionanti o addirittura spaventose si può trarre una buona storia, o comunque un lungo racconto.”

Ilaria Amoruso