Guido Domingo esordisce felicimente con la giovane casa editrice Pathos, intitolando la sua prima fatica Nemmeno una virgola.

Protagonista della vicenda è la Vecchia, una signora anziana, da anni rimasta vedova, sola, che non si aspetta più nulla dalla vita se non morire. Con quella che è chiamata la Figlia non hanno da anni un gran rapporto. Le giornate dell’anziana sono tutte uguali, senza sorprese e slanci.
La donna ha buoni rapporti con il Vicino, che a volte le fa compagnia e l’aiuta con dei piccoli lavoretti. Un giorno l’uomo sta aggiustando la maniglia del frigorifero, quando, sistemando un pannello, trova 300.000 delle vecchie lire e, nei meandri delle interiora dello sportello rotto, scova infatti una busta postale ingiallita con su scritto un numero di telefono e al cui interno sono riposte trecentomila lire del vecchio conio.

Un espediente, questo, che mette in gioco il presente della Vecchia e inevitabilmente tutto il suo essere una Vecchia imprigionata nella propria routine.

In breve: la Vecchia riconosce la scrittura del marito, è confusa, agitata, vorrebbe sapere, ma indugia. Eppure la Vecchia è una donna curiosa, ha letto molti libri, da ragazza ha abbandonato il paese per l’euforia cittadina – non senza rimpianti presenti – ha un cuore che una volta sapeva essere impaziente. Si decide, telefona. Dall’altra parte della linea le risponde una giovane donna, è un’insegnante che vive in affitto presso quell’abitazione cui fa voce quel numero fisso. Si interessa alla Vecchia e le fa sapere che la linea fu riattivata in tempi in cui le lire non esistevano già più.
La Vecchia non lo sa, ma l’autore ha tirato una bella mano ai dadi e, mentre lei trascorre notti insonni temendo questa sorta di scintilla che le acceca i pensieri tra le mani, uno sconosciuto richiama quel numero cercando tal Martinoli. L’insegnante informa la Vecchia, la Vecchia informa la Figlia.
La Vecchia adesso sa, adesso ricorda, adesso è connessa e la scintilla può diventare energia.
In quello che è forse il capitolo che meglio raccoglie l’agilità dell’autore nel cambiare registro e colori durante la costruzione della storia e dei personaggi – restando comunque fedele ad uno stile delicato, quasi dipingesse a colori pastello – si scopre che il rifugio Martinoli, ai piedi del Monte Rosa, è il luogo dove la Vecchia, appena maggiorenne, incontrò il suo futuro Marito e se ne innamorò. Ricorda, la Vecchia, che il Marito voleva tornarci per festeggiare il loro ventesimo anniversario di nozze, ma non fecero mai in tempo, morendo lui prematuramente, lasciandola vedova ad invecchiare da sola.

Ricorda e, come sembra suggerire l’autore, la memoria è vita.
Di fatti, la Vecchia si ostina, si fa coraggio e va. Ci prova, almeno. Fallisce il primo tentativo, troppo difficoltoso da sostenere da sola, per lei che non era più uscita nemmeno a gettare la spazzatura. Per lei che aveva dimenticato di ricordare.
Qui l’autore dà un ulteriore prova di sensibilità e indiscusso talento perché in realtà dà voce ad un corpo più che a un personaggio e non scade mai nel patetico raccontando i pochi, dolenti passi che questo corpo compie coraggiosamente pesando a se stesso e nel terrore di pesare agli altri. La Vecchia infatti torna a casa e si deprime. La Figlia non capisce, si allontana, è arrabbiata e la si immagina come un fascio di nervi dal cuore indurito e dolorante.

Passano diversi giorni e saranno il Vicino e l’insegnante ad accompagnarla al rifugio. Gli ultimi capitoli sono dedicati a questo viaggio verso la natura, verso l’immutabile bellezza senza età che desta meraviglia e la scatena, che ci rende tutti uguali nelle nostre differenze. La Figlia andrà a cercare sua madre in montagna, la ritroverà come forse non l’aveva trovata mai. E la morte arriverà come alleata della vita, quando la Vecchia, la Figlia, il Vicino e l’insegnante avranno saputo cosa vuol dire un ri-torno.

Il romanzo di Domingo può annoverarsi tra i migliori libri sulla vecchiaia della contemporaneità insieme a La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone e Resto qui di Marco Balzano. La Vecchia risulta essere un personaggio molto riuscito, affascinante, che alla fine della sua “avventura” sembra fare sue le parole di T.S. Eliot: “Noi non cesseremo l’esplorazione e la fine di tutto il nostro esplorare sarà giungere laddove siamo partiti e conoscere quel posto per la prima volta”.

Anna Lina Grasso

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