Quando ho letto Cosentino per la prima volta mi sono detta che questa era la voce italiana contemporanea che tutti stavamo aspettando. Come si scrive un romanzo? Come si dà forma a una buona trama? Come si delinea un personaggio funzionante? Come si creano dialoghi pertinenti? La risposta è tutta nel nuovo romanzo di quest’autore, Le tracce fantasma, edito nel 2022 da Minimum Fax. Sì, è tutto lì, ed è un tutto fatto a regola d’arte, alla faccia di chi dice che essere scrittore non è un mestiere. Lo è e come, e c’è chi, come Nicola H. Cosentino, sa farlo estremamente bene.

L’autore di Vita e morte delle aragoste, con cui ha vinto il Premio Brancati Giovani nel 2018, riesce a tracciare, con questo nuovo romanzo, i contorni nitidi di un personaggio – figlio più che della nostra epoca della nostra società – che fa parte di una generazione i cui contorni, in genere, sono sfumati. Valerio Scordìa, millenial meridionale emigrato da giovane al nord per cercare successo con la musica, si ritrova a fare i conti con se stesso e con la sua vita che, a trentasette anni, giudica fallimentare sotto tutti i punti di vista. Valerio è chitarrista e in gioventù ha suonato con la sua band, i Tadarida, adesso sciolta, da cui però è emerso il suo ex migliore amico Giacomo Irrera che ha ottenuto da solista il successo che ogni membro della band sperava per sé. Valerio si ritrova così solo, senza più una band né amici, a scrivere articoli velenosi per alcune riviste di musica e inanellando tutta una serie di delusioni a livello personale e sentimentale.

Mi chiedo perché sia toccata proprio ai millenials intascare un numero così alto di fallimenti – soprattutto in campo lavorativo – e prendersene pure la colpa. Mi chiedo se Valerio non sia anche lui figlio di una generazione a cui non hanno insegnato a perdere, perché quella precedente aveva solo imparato a vincere e non era preparata a formare i propri figli all’insuccesso. Mi chiedo anche se il fallimento sia da accettare semplicemente come una cosa che ci piomba addosso inaspettata o vada combattuto, non tanto per mostrare agli altri che anche noi ce l’abbiamo fatta, quanto piuttosto per dimostrare a noi stessi che siamo vivi, che siamo unici e soprattutto siamo qualcosa di diverso e di più importante di un successo professionale. Cosentino scava nell’animo di Scordìa – e in quello di tutti i giovani e meno giovani che non ce l’hanno fatta (che brutta espressione!) – per capire che cosa lo abbia portato a bloccarsi, a considerarsi un perdente e a permettere quindi che le delusioni si susseguano a cascata nella sua vita.

Valerio si fossilizza sui propri fallimenti come se fossero l’unica cosa presente nella sua vita e forse è proprio quello lo sbaglio. Mentre è intento a piangersi addosso – la chitarra appesa a un chiodo, la sua relazione con Mirella, la vicina di casa, minacciata dall’arrivo di un altro uomo, ovviamente di successo, la famiglia lontana e distante – qualcosa sembra smuoversi anche per lui. Una nota critica musicale e presentatrice radio, Elisabetta Maffoni, lo prende in simpatia e gli propone qualche progetto interessante, suo nipote diciassettenne si iscrive a X Factor e si trasferisce nel suo appartamento, famelico di consigli sulla musica ma soprattutto sulla vita.

In mezzo a questi nuovi accadimenti, Valerio è preda di alcuni strane visioni. Con un po’ di alcol in corpo cade in una specie di trance e rivive momenti del passato con il suo ex grande amore di gioventù, Anna, ritrovandosi spettatore di scene realmente accadute e di cui, spesso, non era a conoscenza. Un pizzico di magia che non strania minimamente la narrazione, anzi la fa progredire in modo sostanziale. Valerio in prima battuta, infatti, farà fatica a staccarsi da un passato “comfort zone” dove tutto sembra funzionare – la ragazza, gli amici, la musica – dove la speranza, più che l’affermazione stessa, fa da padrona. In seguito, riuscirà a fare una sorta di auto analisi che lo aiuterà a capire qual è stato il passo falso che l’ha portato fino a lì.

L’importanza delle relazioni è al centro dell’interesse per Cosentino. Troviamo una ex che il protagonista non vuole lasciare andare, che riappare come un sogno, come un richiamo da un passato idealizzato, una nuova relazione più matura che però non riesce far decollare, preso solo da se stesso e dai suoi problemi e infine Alfredo, il nipote adolescente, che lo obbliga a svegliarsi e vestire in fretta almeno i panni dello zio. Perché quando non riusciamo ad aiutare noi stessi a volte possiamo aiutare gli altri e di conseguenza osservare anche la nostra vita sotto una prospettiva diversa.

La scrittura di Cosentino è una scrittura che definirei “completa”. Anche in questo caso c’è tutto ed è tutto armoniosamente amalgamato. Dal ritmo incalzante dei dialoghi si passa alle considerazioni personali del protagonista, connotate da passaggi più lirici, fino allo scambio di messaggi whatsapp, la trasposizione di vocali, le email, i biglietti. Una scrittura extra diegetica, condita per tutta la narrazione da riferimenti musicali, che obbliga il lettore a stare piacevolmente al passo col tempo.

Veronica Nucci

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