Anno 1 | Numero 3 | Novembre 1997

Dopo il 1760 con l’avvento al trono di Spagna di Carlo III, il teatro spagnolo è soggetto a una ventata di rinnovamento a opera di Nicolás de Moratín e di José Clavijo Fajardo. La riforma teatrale prevedeva un riassetto innovativo: dalla rigorosa osservanza delle tre unità aristoteliche (Tempo, Luogo e Azione), alla messa al bando degli autos sacramentales, definiti dissacranti per l’irriverente e sacrilega deformazione dei temi evangelici (si arriverà alla completa proibizione nel 1765). I due impavidi riformatori, sebbene avessero le idee chiare sul da farsi, dovettero fronteggiare un pubblico alquanto ostile, scettico nei confronti di un tipo di rappresentazione “nuovo”, diverso da quello popolare. Nicolás de Moratín non si scoraggiò e portò in scena La Hormesinda riscuotendo grande successo. Il vero successo fu quello di iniziare a educare il difficile pubblico madrileno alla regularidad y buen gusto. Moratín tracciò un ampio percorso per l’evoluzione del teatro spagnolo e a raccoglierne i frutti fu un abile e acclamato autore: Leandro Fernandéz de Moratin definito autor nacional.

Leandro, degno figlio di Nicolás, seppe contrapporre al teatro del siglo de oro quello “rinnovato” e prettamente neoclassico. Il punto di partenza era una solida base teoretica che lo portava a tradurre i canoni neoclassici con disinvoltura, conferendo una serenità di giudizio al testo, accompagnato da un commento come se fosse una recensione dettagliata dello stesso. Il teatro di Moratín è stato definito moralizador: connotazione che talvolta limita la preziosità dell’opera, danneggiandone l’effervescenza. Non va dimenticato che Moratín visse a cavallo tra le ripercussioni della Rivoluzione francese e le dilaniazioni interne della guerra di liberazione. L’illuminismo gioca una parte fondamentale nella sua produzione teatrale. Il tema che ricorre di sovente è quello delle unioni forzate, imposte contro la volontà e il sentimento dei contraenti, che nella maggior parte dei casi sono giovani fanciulle pudiche, costrette a rinunciare al loro vero e “verde” amore per andare in ispose a un ricco e anziano signore. Regista della storia è sempre un tutore avido e senza scrupoli. Se provassimo ad aprire il sipario su un’interpretazione psicoanalitica, potremmo interpretare i simboli ricorrenti in queste commedie secondo l’ideologia illuminista. Sacra l’individualità, inviolabile la libertà del singolo, inappellabile il reciproco rispetto… Usando le parole di Rousseau: “L’uomo è nato libero.” Ottime giustificazioni per concludere ogni commedia con il chiarimento dell’orrido intrigo! El viejo y la niña, El Censor e El sí de las niñas costituiscono un perfetto trittico delle commedie eh.e mostrano “el abuso de autoridad de la opresiòn que la juentud padece”. El sí de las niñas (Il sì delle ragazze. La Santocchia, Ed. UTET, L. 20.000) è stato acclamato come il capolavoro di Moratín: in un primo momento l’opera sembra essere vuota, piena di nulla, successivamente ma gradualmente dalla sottile semplicità si giunge alla perfezione ultima. La trama è nota: una dolce fanciulla è promessa dalla madre “premurosa” in isposa a un vecchio e ricco signore, purtroppo la giovane è innamorata segretamente di un ufficiale che per ironia del destino si scoprirà essere il nipote del ricco signore. Dopo una serie di vicissitudini, talvolta anche esilaranti, la commedia si conclude con la rinuncia al matrimonio da parte dell’anziano signore e la benedizione alla giovane e felice coppia. L’originalità di Moratín non risiede, dunque, nella trama bensì nei dialoghi. Il perfetto dosaggio delle battute, l’ironia pungente, il sagace moralismo sono elementi fondamentali alla tipizzazione del personaggio moratiano, personaggio meno studiato rispetto a quello di Molière, ma sicuramente più disinvolto, spumeggiante, tanto da conferire alla rappresentazione un’atmosfera briosa da operetta. È la nascita della commedia borghese! L’autore diventa padrone assoluto della ribalta tramite la parola. Moratín è stato il primo commediografo a sancire alcune regole che vigono ancora oggi nel teatro. Il diritto dell’autore di apportare delle eventuali modifiche al testo, la scelta degli attori e dei ruoli, il numero di prove e lo svolgersi delle due prove generali in completo assetto di scena. Moratín è l’emblema del teatro spagnolo, una sorta di “pioniere” che ha regalato se stesso alla sua produzione teatrale, un “espíritu abierto, irónico, vivo, culto…”.

Tiziana Masucci

“Io vi rifiuto e il sensibile oltraggio dai vostri indegni ceppi per sempre mi riscatta.”
J.B. Poquelin

Fernández de Moratín, Leandro. – Poeta e drammaturgo spagnolo (Madrid 1760 – Parigi 1828), figlio di Nicolás. È lo scrittore più rappresentativo della corrente classicista e francesizzante. La sua poesia, che ha come modello Orazio, è notevole per la purezza del linguaggio e per il senso dell’armonia, di cui sono esempî le odi e le epistole dedicate a Godoy, a Suchet e al re di Spagna Carlo IV e la satira El filosofastro. Tra i suoi lavori teatrali si ricordano El viejo y la niña (1790), La comedia nueva o el café (1792), El barón (1803), La mojigata (1804), El sí de las niñas (1805). Alla sua passione per il teatro sono dovuti gli Orígenes del teatro español (postuma), opera erudita ancor oggi di utile consultazione, e le traduzioni da Shakespeare e da Molière. Scrisse anche un opuscolo satirico in prosa, La derrota de los pedantes (1789).

 Fonte: Enciclopedia Treccani