Anno 1 | Numero 3 | Novembre 1997

Non ci sono possibilità. In Lo stesso mare di ogni estate, la scrittura di Esther Tusquets non offre alcuna via di fuga, come un sortilegio che scaturisce da profondità abissali e dolorose assumendo man mano la forma di una farfalla troppo bella che cresce lentamente, che sembra di vedere volare nello sguardo dei pensieri quando a volte si rimane attoniti, incerti.

Non ci sono possibilità di fronte alla storia di Arianna che cerca di recuperare il filo perduto dei giorni, il tempo in cui forse c’era lo spazio per essere migliori rispetto ad un presente che vuole rifiutare e vuole boicottare insieme all’insostenibilità di tutte le presunte persone care che agiscono per il suo bene. Non si può essere distaccati e serafici di fronte alla mareggiata di sensazioni che questa scrittrice spagnola è in grado di provocare nella necessità di dare parole a qualcosa di troppo grande, di troppo vissuto per poter tacere quieto nei recessi dell’anima. Ed è proprio l’anima a parlare, a confessarsi, a sussurrare dolcemente, a urlare di dolore, a ricordare, a vezzeggiarsi nella placenta dei ricordi, ad amare e cadere alla stregua di chi non ha imparato mai a volare.

Arianna torna nella residenza estiva dell’infanzia, nel luogo che serba nei suoi penetrali il segreto di un presagio che la statua dall’ enorme fallo in bronzo nell’atrio sembra suggerire insieme ai sapori di un gioco ritrovato. L’apertura chiarisce immediatamente il primo nodo personale della storia: il rapporto con una madre troppo impegnata nel culto di se stessa, bella come una dea dell’Olimpo e frivola come le cartoline che spedisce alla figlia da luoghi lontanissimi. Questa madre fantasmagorica e carismatica rappresenta al meglio l’essenza della borghesia medio-alta superbamente impegnata a stuccare, a ritoccare la superficie delle cose senza una effettiva capacità di vivere in profondità i sentimenti che definirebbe la dissoluzione di un mondo fondato sull’illusione e sul costante inganno del sé.

Arianna appare come una creatura distaccata rispetto alla madre e alle figure da operetta di cui si circonda, distacco che le deriva da un sentire sempre attento e curato dall’amore per la letteratura e per l’Ariosto, di cui si occupa come insegnante dell’università. I successivi personaggi sembrano avvolti in un’atmosfera di ambiguità che li rende concreti solo nel ricordo e assenti nel presente, appartenenti a un passato che Arianna vuole comprendere per arrivare a quei momenti che le hanno orientato la vita in un certo modo. Oltre alla madre dea, una figlia razionale e cinica e un marito sempre in viaggio completano il sistema relazionale cui lei non ha mai opposto alcuna contrarietà se non la sua tenace peculiarità, aspetto questo da non sottovalutare e facente parte di un tipo di resistenza all’omologazione tutta rivolta verso la propria verità interiore anche quando sembra essere invisibile. Il ritorno nella residenza estiva da sola è il primo atto di felpata, discreta insubordinazione, il primo vero gesto di offensiva verso tutti e tutto, incisivo proprio perché rivolto chirurgicamente verso l’interno della storia personale, luogo reale dove hanno inizio tutte le vere volontà di cambiamento. La casa e i suoi paseo affacciati al mare, vera presenza e vero testimone e custode di tutti gli eventi che contano all’interno del romanzo, divengono il luogo del raccoglimento permettendo ad Arianna l’apertura all’imprevisto sino a quel momento impensabile e l’imprevisto assume le sembianze di Clara, una giovane studentessa che potrebbe costituire la via d’uscita dal labirinto. L’amore per un’altra donna come gioco estraneo alla stucchevole morale del suo ceto e come forma di vita assoluta potrebbe essere l’occasione da sempre serbata per realizzare il desiderio di essere amata totalmente, senza condizioni, irreversibilmente. Questa relazione tenera, struggente, dolorosa, infantile è il vero metro di misura della forza interiore di Arianna che può finalmente scegliere e voltare definitivamente pagina e chiudere i conti di una storia personale e familiare che l’ha sempre vista perdente e costretta a isolarsi nel silenzio e in un’ineffabile solitudine. Proprio in questo momento Arianna ha in mano la carta vincente, ma i fantasmi ritornano e l’enigma che aleggia intorno alla sua vita si chiarisce: la verità, una terribile e dolorosa verità, si mostrerà riemergendo dagli abissi dell’anima significando la più grande conquista e al contempo la più grande perdita, il richiudersi definitivo del labirinto del Minotauro.

Davide Mollica

“… perché l’amore è certamente terribile come un esercito in marcia, e crudele come la morte è la tenerezza […]”

Il libro

Esther Tusquets
Lo stesso mare di ogni estate
la Tartaruga Edizioni, 1979

€ 59,99

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La biografia nel 1997

Esther Tusquets è nata nel 1936 a Barcellona, città che fa da sfondo vivo e costante a questo romanzo. Dal 1960 dirige la casa editrice Lumen. In Italia è pubblicata dalla casa editrice La Tartaruga.

 

Esther Tusquets Guillén (Barcellona, ​​30 agosto 1936 – 23 luglio 2012) è stata un editore, scrittrice e saggista spagnola.
Fu conosciuta per aver fondato e diretto la casa editrice Lumen per 40 anni.

Biografia aggiornata su https://es.wikipedia.org/wiki/Esther_Tusquets