Dall’editing alla grafica, dalla correzione bozze ai rapporti con i distributori e le librerie, dalla promozione agli aspetti tecnici, burocratici e amministrativi. Il lavoro di editore insomma, ma stavolta a portare avanti la mission sono direttamente gli scrittori. Alessio Cuffaro, docente presso la Scuola Holden di Torino, è, insieme a Vito Ferro e Andrea Roccioletti, uno dei fondatori di Autori Riuniti. “Volevamo provare a percorrere una strada diversa – precisa – che vedesse gli autori coinvolti in ogni singolo processo produttivo di un libro. Ci interessava soprattutto provare a vedere che tipo di scelte editoriali fanno gli autori, come scelgono le copertine, come se la cavano a fare editing sul testo di un altro”.
Non è che Autori Riuniti è un manifesto contro gli editori di professione?
Assolutamente no. Non abbiamo fondato una casa editrice contro qualcuno. E poi noi siamo a tutti gli effetti editori di professione. Nessuno di noi svolge mansioni editoriali sul proprio testo, ma solo su quello degli altri. Così facendo manteniamo salva l’intermediazione culturale. Possono svolgere mansioni editoriali per la nostra casa editrice solo persone che abbiano già scritto, che abbiano piena consapevolezza della serietà del gesto e della fatica, della precisione e della determinazione che richiede.
È una bocciatura alla figura dell’editore?
Beh, se questa idea ci è sembrata una strada da provare a percorrere è anche perché le grandi case editrici italiane hanno in molti casi perso di vista la loro missione, hanno snaturato le linee editoriali. Spiace dirlo, ma ci sono pagine di romanzi celebrati e acclamati negli ultimi anni con problemi serissimi di consecutio temporum, dialoghi più posticci di quelli di uno spot tv, problemi di coerenza interna al testo. E lì ti chiedi: ma errori del genere, un autore vero, uno che abbia lottato su ogni singolo sostantivo o aggettivo, li avrebbe fatti passare? Il nostro catalogo dice chiaramente che no, non li avrebbe fatti passare.
Perché fare a meno di un imprenditore? Esperienze negative, preconcetti, voglia di rischiare in prima persona o altro?
Ma noi siamo imprenditori. Abbiamo fondato la casa editrice in tre, abbiamo investito del denaro. Ma siamo imprenditori-autori. Ovvero gente disposta a prendere la strada più rischiosa o meno promettente dal punto di vista commerciale, se questo significa dare alla luce un libro bello, coraggioso. E poi la nostra scommessa consiste proprio in questo: e se fosse l’occhio degli autori quello più indicato a intercettare il gusto dei lettori e quindi il mercato?
Nel manifesto della casa editrice si parla di ricerca di storie, affabulazione e stile. Qual è il libro (e l’autore) ideale per voi?
Per noi il libro ideale è un romanzo capace di parlare al tempo stesso al lettore debole e a quello forte, tenendo avvinto il primo e stimolando la riflessione del secondo. Quindi libri caratterizzati da una trama molto forte, scritti con uno stile riconoscibile e alto. Ovviamente non sono libri facili da trovare. In un anno e mezzo ne abbiamo trovati otto.
Fino ad oggi che genere ha prevalso tra i libri pubblicati?
Al momento abbiamo una collana di romanzi non di genere che abbiamo chiamato “i nasi lunghi” e una di scritture brevi (racconti, saggi brevi) che abbiamo chiamato “le gambe corte”. Stiamo lavorando per aprire una collana di gialli e noir. Ognuno di noi ha i suoi autori preferiti: chi è appassionato di Bolaño, chi di Moehringer, chi di Buzzati. Ma in realtà ci appassiona in generale il gesto del narrare: la possibilità di indagare un tema, di mettere in luce un aspetto dell’essere umano e di farlo per mezzo di una narrazione, ovvero di una finzione capace di dire qualcosa che la realtà non direbbe con altrettanta intensità.
Perché ha ancora senso investire nell’editoria quando, ormai da anni, i dati di settore raccontano di una crescente vocazione alla scrittura ma di un progressivo e inesorabile calo del numero di lettori?
Perché è il mestiere più bello che ti possa capitare di fare nella vita. Per via della gioia che provi quando chiami un autore e gli dici che vuoi pubblicarlo e che il sogno di una vita si sta per concretizzare; o quando il lettore sceglie i tuoi libri e tu sai che non sta comprando un oggetto, sta accettando di immaginare e pensare per alcune ore secondo una sequenza di parole e una struttura narrativa che hai posto in essere tu. E poi nessuno di noi ha l’ansia di arricchirsi, vogliamo solo vivere dignitosamente di libri. Non è pauperismo, è proprio che non desideriamo quella fredda vita lì.
Cosa pensi dell’editoria a pagamento?
Penso il peggio che si possa pensare. Nel nostro manifesto lo scriviamo chiaramente: “pubblicare è come fare l’amore: è commovente solo se è gratis.” Infatti non chiederemo mai un euro a un nostro autore. Purtroppo ci sono tanti editori a pagamento in questo paese e sono delle macchine da soldi costruite sulle spalle dell’ingenuità e dei sogni della gente. Ma c’è qualcosa di peggio degli editori a pagamento: gli editori a doppio binario, ovvero quelli che pubblicano gratis l’autore noto e chiedono soldi al professionista di turno che non sa cosa sia scrivere, ma vuole fregiarsi del titolo d’autore. Sono molto più subdoli. E sono molti più di quanto non si sappia.
Vendere libri è sempre più complicato, e non solo per un problema di prezzo. Le librerie sono piene di libri che nessuno comprerà, magari anche perché se ne ignora l’esistenza. Come promuovete la vostra attività e i libri che pubblicate?
Puntiamo tantissimo sul passaparola. Per questo cerchiamo di fare tante presentazioni in tutta Italia per far conoscere i nostri libri. Inoltre cerchiamo di partecipare a tutte le fiere dell’editoria. Siamo promossi e distribuiti da Messaggerie e questo ci consente di essere reperibili e molto in vista nelle librerie. Poi ovviamente c’è un intenso lavoro sui social media e di ufficio stampa. Ma la cosa di cui siamo più fieri è che stiamo pian piano creando un numero ampio di lettori che hanno amato un nostro libro e vogliono scoprire gli altri a catalogo. Ecco una cosa che un autore-editore può dire e un editor puro spesso non può: le librerie sono piene di libri che nessuno comprerà perché non sono buoni libri. Un buon libro gode di un moltiplicatore naturale. Non c’è un solo libro che mi abbia incantato e che io poi non abbia consigliato ad almeno dieci amici.
Carta e digitale: convivenza possibile o credi che i libri su carta siano destinati a scomparire o a diventare sempre più di nicchia?
La convivenza è possibile. Curiamo tantissimo la veste grafica, l’impaginazione, la scelta della carta, ma abbiamo scelto da subito di pubblicare i nostri titoli sia in cartaceo che in digitale. Presto riusciremo a trasformare in audiolibri i nostri titoli. A dirti la verità penso che questa non sia una questione di cui preoccuparsi troppo. L’importante è che la gente legga e che sia appagata dalla lettura. Un lettore felice è la migliore campagna per la lettura. Ma per rendere felice un lettore (su carta, lettore digitale o audiolibro) la repubblica delle lettere dovrebbe aspettare il manoscritto giusto, curarne l’edizione con maggiore accuratezza, smetterla di sottovalutare il lettore o di annoiarlo con pubblicazioni dal noioso sapore elitario.
Intervista a cura di Marco Grasso
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