Ex-Libris-0-7-12

Anno 0 | Numero 7 | Aprile 1997

Sette sono i messaggeri. Il figlio del re è partito per esplorare il regno di suo padre. Pensava di raggiungere i confini in breve, ma sono passati giorni mesi anni ormai ed egli ha cominciato a dubitare persino dell’esistenza di quei confini. Dovunque ha incontrato uomini che parlavano la sua lingua e dicevano di essere suoi sudditi. Con sé ha portato sette messaggeri, e questi, senza mai fermarsi ha notizie di lui al padre e la sua città a lui. Man mano che la distanza aumentava i messaggi giungevano più ingialliti, vecchi anche di anni. Il primo messaggero a partire era tornato dopo pochi giorni; ora il figlio del re sta per congedare ancora una volta Domenico, il quarto, che non tornerà che tra trentaquattro anni. Ma il figlio del re è stanco e prevede che per quel tempo lontano sarà ormai morto. Saluta dunque il messaggero che porterà il suo ultimo inutile messaggio al mondo, e si accinge a ripartire alla ricerca dei confini del regno, ma con la sensazione che ora il cielo, le piante, i monti e i fiumi tutt’attorno siano fatti di un’essenza diversa e che l’aria rechi strani presagi.

Ci sono notti diverse dalle altre. Sono rare e grandi, notti in cui il destino fa un passo. Il telefono ti sveglia di soprassalto; dall’altro capo del filo parole sconclusionate che non riesci a decifrare. Poi il campanello di casa, ma non c’è nessuno sul pianerottolo. È buio pesto, ma senti uno strano brusio per le scale. Finalmente ti decidi a sporgerti (sei ancora in pigiama) e scopri così che stanno per recapitare un pacco (!). Tutti gli altri inquilini sono terrorizzati però, il pacco infatti contiene una bomba, una bomba all’idrogeno, e il destinatario sei tu.

Una goccia d’acqua sale i gradini della scala. Inspiegabilmente, contro ogni legge della fisica, anziché precipitare, va su. E fa rumore salendo, così nessuno può ignorarla. Tutti nel caseggiato, di notte, la sentono strisciare verso l’alto, e non serve nascondersi sotto le coperte o andare a dormire nella stanza della casa più lontana dalla rampa delle scale, perché allora non avvertendola, sì ha più paura… sì: saperla là, magari proprio dietro l’uscio di casa, no, meglio di no. Qualcuno addirittura si acquatta in anticamera al gelo, col respiro mozzato, in ascolto. Rieccolo, quel rumore curioso. Ma che sarebbe poi questa goccia? Un topo forse, o un rospetto, o magari (succulenta ipotesi) un’allegoria? Simboleggerà qualcosa, che so, la morte? No – risponde il suo creatore – non è uno scherzo, non ci sono doppi sensi, trattasi ahimé proprio di una goccia d’acqua, che di notte “I bambini lo guardano meravigliati. Curioso: non c’era ombra di compatimento in lui, come negli altri uomini grandi quando si degnano di giocare.” viene su per le scale. Tic, tic, misteriosamente, di gradino in gradino. E perciò si ha paura.

(tre tracce dai sessanta racconti)

C’è una collina panciuta. Di fronte alla collina, tra l’erba, un ramarro: non vede la collina che è troppo grande per lui e non rientra neanche nel suo campo visivo. Sbavacchia tutto intorno e non se ne cura.

Ora, ai piedi della collina c’è un contadino che sta arando un fazzoletto di terra. Si ferma, guarda verso l’alto e pensa che presto l’ombra della collina lo raggiungerà e lo riparerà dal sole.

Un poeta, durante una gita in cerca di ispirazione, passa nei pressi della collina, l’osserva a lungo, poi prende un quaderno e ne annota le infinite gradazioni di selvatici colori.

Poi c’è solamente un uomo, che guarda la collina e vede sotto il suo profilo un mostro preistorico, enorme, in letargo da milioni di anni, che da un momento all’altro si sveglierà e lo inghiottirà, forse. Il tutto durerà un attimo, poi il mostro tornerà placidamente a pisolare mentre il resto del mondo non si sarà accorto di nulla. Oppure l’uomo resterà un poco a osservare, poi si incamminerà verso la collina, la risalirà fino in cima e quindi scenderà a vedere cosa c’è dall’altra parte, nella speranza, magari, di incontrare qualcuno.

Questo, è il Buzzati dei racconti.

Barbara Basso

“I bambini lo guardano meravigliati. Curioso: non c’era ombra di compatimento in lui, come negli altri uomini grandi quando si degnano di giocare.”


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