Copertina acquatica, edito da Feltrinelli, Sirene di Laura Pugno è al quarto posto nella classifica delle migliori opere di narrativa italiana degli ultimi vent’anni.  

Pubblicato per la prima volta da Einaudi, nel 2017, in un’edizione quasi irrecuperabile, il libro sta rivivendo la sua seconda (ma anche terza) vita.

Il romanzo ha un marchio a fuoco (che non si spegne con l’acqua, naturalmente): il New Weird, un genere ibrido, o sottogenere, fine intersezione tra la fantascienza e la Literary fiction, che ha poche opere catalogabili nel settore. Potremmo pensare a David Linch, Jeff Vandermeer, ma anche all’italiano Francesco Iannone, Orazio Labbate, Luciano Funetta, Gabriele Di Fronzo.

La scrittura asciutta di Laura Pugno, che deriva dal suo essere poetessa e che si lega alla parola affilata, viene “accoppiata” allo stile subacqueo e dark della storia, con il risultato di un libro vincente, istintivo.

Sirene: l’archetipo lo conosciamo tutti, ce ne ha parlato Omero, siamo cresciuti col mito della loro evocazione, fascino supremo e del loro pericolo.

Laura Pugno disegna una società futura in cui il cambiamento climatico ha sconvolto ecosistema e modus vivendi degli esseri umani così come era stato un attimo prima: la luce del sole è diventata cancerogena e accende “il cancro nero”, una malattia mortale che non lascia scampo, pertanto, chi può permetterselo scappa ad Underwater, città sottomarina, di ambientazione giapponese, in cui la luce non filtra.

Cyberpunk e Yakuza e la mente vola a Blade Runner.

Samuel, il protagonista, è un personaggio forte, di quelli che si ricordano per temperamento, origine, flusso di pensieri e azione.

Lavora come sorvegliante nelle vasche dove le sirene vivono ( o meglio vengono allevate) vengono fecondate, poi macellate: la loro carne – non quella dei maschi- è pregiata, nutriente, un nuovo pane.

La coda era ricoperta di squame, verdi o azzurre, viola in età avanzata, ma nei macelli  le sirene non arrivavano a invecchiare. La carne diventava granulosa. Il più apprezzato era il vitello di sirena, giovane e tenero. La carne di sirena era molto richiesta”.

La critica sociale si avverte subito: lotta al capitalismo e l’invito al consumo etico, la politica elitaria – pensiamo alle generazioni dei poveri che sono costrette a morire giovani, perché per loro le città sottomarine, sono care e lussuose- e poi il messaggio femminista.

La sirena maschio viene divorato dopo la monta, la sua carne non serve, è utile solo all’accoppiamento. Le sirene comandano e sono a loro volta comandate.

Samuel decide di accoppiarsi con una di loro: rischia, si cala in vasca, è reduce dal lutto della sua ragazza, Sadako, morta proprio a  causa del cancro nero. La sirena rimane incinta.

Da qui la storia si dipana in una raffica perfetta di azione, scene crude e disturbanti, che attingono al fantastico ma sono straordinariamente reali (come ci ha mostrato la nostra indimenticata Anna Maria Ortese). Il lettore resta incollato: gli esseri umani possono accoppiarsi con una nuova specie? E cosa può accadere?

Samuel lisciò con un dito la pelle biancoargento della sirena legata al floating bed, sentì il sangue verde pulsare sotto la superficie. La mezzoumana aprì gli occhi, lo guardò come le sirene non facevano mai e Samuel ebbe la sensazione di qualcosa a cui non avrebbe saputo dare un nome. Mia, decise. Ti chiamerò Mia”.

Mia è l’ibrido: la nascita di una nuova specie (generazione?) e rappresenta il cambiamento, vero paradigma della salvezza per il genere umano e per il futuro del pianeta.

In un momento delicato in cui siamo chiamati a pensare alle risorse che si estinguono e all’aumento delle temperature, il romanzo apre la riflessione alla sopravvivenza della specie umana in un pianeta che sta cambiando e che deve trovare un codice con le altre specie.

Antonella De Biasi

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