Un tempo c’era Gabriele Vacis che leggeva e spiegava I sette contro Tebe di Eschilo nei teatri e poi in televisione. Con Vacis, c’erano Alessandro Baricco e Roberto Tarasco e il loro Totem, un progetto nato nel 1998 e portato in tantissimi teatri italiani, dove si leggevano i classici, si spiegava la letteratura, si raccontavano le storie che c’erano dietro i libri; si metteva il contenuto al centro dell’attenzione dello spettatore, si produceva la meraviglia, ovvero, come dice Alessandro D’Avenia, quel momento che “costringe la bocca ad aprirsi e le braccia ad abbandonarsi, e solo dopo mette in movimento parole e azioni.”

Alessandro D’Avenia per creare quella meraviglia ha voluto proprio Vacis e Tarasco con lui in teatro.

L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita è una lezione a teatro dove al centro non c’è l’autore D’Avenia, ma il contenuto del suo libro: Giacomo Leopardi. Per D’Avenia, portare in teatro qualcosa che potrebbe risultare impegnativo come parlare di Giacomo Leopardi è una difesa contro la noia delle classiche presentazioni dei libri, è un modo per riportare il potere della parola al centro, un modo per far sì che quello tra il pubblico e Giacomo Leopardi sia un buon incontro.

Alessandro D’Avenia è un insegnante e come tale si sente un postino (alla George Steiner). Il suo compito è quello di portare a destinazione un messaggio. E il messaggio è che la letteratura, in questo caso attraverso Giacomo Leopardi, può creare “uno spazio e un tempo in cui gli uomini si incontrano, costruiscono legami e trovano le parole per definire se stessi, soprattutto nei momenti di passaggio. L’uomo, oltre a essere, è divenire, e l’adolescenza è divenire più di ogni altra tappa.”  Per D’Avenia quindi era naturale ricreare il suo ambiente per portare questo messaggio: un palco come un’aula a scuola, con i banchi e i ragazzi dietro ai banchi a prendere appunti, con una lavagna (virtuale), una finestra sul mondo, anzi sull’universo tanto che spesso appaiono le stelle e il cielo, ma anche un universo temporale con immagini di Leopardi, delle sue poesie, di quadri, di oggetti che aiutano a trasformare il racconto in oggetto del desiderio, il desiderio di sapere.

Alessandro D’Avenia con la sua lezione a teatro porta a fare tre riflessioni sull’educazione alla lettura.

La prima è che gli insegnanti sono (ancora) le persone chiave per destare nei ragazzi il rapimento.
Alessandro D’Avenia rappresenta quegli insegnanti in grado di trasformare agli occhi dei giovani l’idea di letteratura da un’idea di museo e cultura alta a uno strumento utile per comprendere cosa succede in noi e intorno a noi. Lo fa parlando ai giovani dell’adolescenza, di quel delicato passaggio o comunque momento di crescita che attraversano, con le poesie e la storia di Giacomo Leopardi, solitamente considerato triste e “sfigato”, senza apparenti esperienze per capire i sentimenti, ma trasformato da D’Avenia in un cacciatore di bellezza. Proprio perché era malaticcio, non particolarmente bello, isolato geograficamente in un periferico stato pontificio Leopardi aveva superato tutti questi suoi elementi di fragilità reagendo con la poesia mettendo insieme verità e bellezza, cuore e testa, fino a raggiungere l’essenziale dell’esistenza umana.

La seconda è sempre legata agli insegnanti e alla scuola: tutti gli insegnanti dovrebbero essere passeur, come dice Pennac; dovrebbero trasferire la conoscenza e la propria cultura creando curiosità e superando il concetto dei “guardiani del tempo”, della cultura per pochi. I passeur non dovrebbero essere solo l’incontro fortuito di pochi come lo è stato per esempio per D’Avenia, che ricorda sempre quel professore che un giorno prese dalla sua biblioteca personale un libro di Hölderlin e glielo diede da leggere per qualche giorno. Quel gesto per D’Avenia studente fu importante non solo perché il professore aveva scelto lui a cui dare quel libro preciso, ma perché aveva passato a lui tramite gli appunti sui libri i suoi pensieri, la sua cultura.

Come è già successo in altre occasioni e in altri articoli, ogni volta che si parla delle responsabilità e di quello che dovrebbero fare gli insegnanti si tocca un tasto delicato perché molto spesso, pur volendo fare certe azioni, non sono messi nelle condizioni di poter avere delle competenze utili come può essere per educare alla lettura. D’Avenia ad esempio suggerisce che ci sia nell’orario scolastico l’ora di lettura obbligatoria, dove gli insegnanti leggono. Ma a questi insegnanti va data una formazione ad hoc per poter leggere a voce alta (un corso di teatro), così come per poter essere i passeur della cultura contemporanea.

La terza è sulla promozione alla lettura. Quando ho saputo di questa lezione-spettacolo che portava a teatro tanti giovani e che i biglietti erano esauriti in pochissimo tempo, mi sono chiesta se era pensato come un modo per poter avvicinare alla lettura più persone possibili, soprattutto fra i giovani; forse un modo per vendere di più. L’ho chiesto ad Alessandro D’Avenia che mi ha dato una risposta che ho preso come un giusto rimprovero e che faceva più o meno così: Ti preoccupi troppo del risultato! Io non so quello che accadrà dopo che le persone sono uscite di qua, so che quando siamo tutti qui in teatro ci permettiamo di condividere un momento di bellezza grazie alla letteratura. E ho ritrovato la stessa risposta anche in questa frase nel suo libro: “Cultura vuol dire stare nel campo, farlo fiorire, a costo di sudore. Significa conoscere la consistenza dei semi, i solchi della terra, i tempi e le stagioni dell’umano e occuparsene perché tutto dia il frutto a tempo opportuno.”

L’arte di essere fragili a teatro dimostra che il sapere non spaventa. Quando ho partecipato io alla lezione, in teatro c’erano giovani e adulti che ogni tanto si muovevano sulla sedia, ma non si distraevano mai. Sicuramente è importante il modo in cui lo trasferisci questo sapere e quindi è importante anche curare il mezzo con una regia, con delle immagini, con della musica che facilita e rende più godibile il momento in cui stai aprendo una finestra in un nuovo mondo.

Questo progetto dovrebbe spingere il mondo culturale a partire dai contenuti e trovare poi la veste giusta che non sempre si trova nella notorietà del nome oppure nel contesto accreditato, ma è forse in questo alzare l’asticella e dare fiducia al pubblico e offrire temi difficili, sconosciuti, dare a tutti motivi di crescita. E poi qualcosa accadrà.

Lea Iandiorio

 

Cose che non sapevo di Alessandro D’Avenia prima di incontrare Alessandro D’Avenia:

  • Un suo insegnante è stato Padre Pino Puglisi
  • I suoi maestri letterari sono: Omero, Dante, Dostojevski, McCarthy
  • Ha vissuto a Palermo dove è nato, a Roma dove ha studiato e ora a Milano dove insegna
  • Pensa che i migliori poeti contemporanei siano quelli polacchi
  • Tra le scrittrici donne ama molto Flannery O’Connor, Emily Dickinson e da poco anche Elisabeth Strout e Maylis de Kerangal con il suo Riparare i viventi
  • È un entusiasta

 

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