Umberto Piersanti è sicuramente uno dei poeti viventi più significativi che ci siano in Italia. Questa non è per niente una frase di circostanza: sono numerose le pubblicazioni per case editrici prestigiose e altrettanti i riconoscimenti di un lungo ma fruttuoso percorso di scrittura. Tra questi vanno ricordati, solo nell’anno 2021, il Premio Umberto Saba, il Premio Città di Conza della Campania e il Premio alla carriera al Camaiore. La sua ultima opera, Campi d’ostinato amore (La nave di Teseo) oltre a essere stata acclamata da numerosi critici, ha visto anche l’apprezzamento di tanti lettori. È probabilmente il libro di poesia di cui si è discusso maggiormente l’anno scorso e ha creato un piccolo caso editoriale tra gli amanti del genere.
Come si possono spiegare queste attenzioni? Piersanti è tutt’altro che un poeta “social” per come lo si intende oggi, esercita la propria arte in modo più appartato rispetto ad alcuni autori maggiormente in vista, eppure non si nega a un’attività territoriale costante e accetta di buon grado gli innumerevoli inviti che riceve dai tanti che desiderano incontrarlo. La scrittura dell’autore urbinate non ha velleità avanguardiste, preferisce volgere lo sguardo verso la tradizione e la memoria, senza per questo scadere in una poesia compassata e di maniera. Piersanti prende in custodia un mondo che va pian piano scomparendo e che ha segnato la propria vicenda umana. Forte dell’interesse di tanti lettori per Campi d’ostinato amore, nei prossimi mesi in libreria tornerà in libreria una delle sue opere più importanti, I luoghi persi, precedentemente pubblicata per Einaudi, ora in una nuova versione estesa edita da Crocetti.

In un periodo favorevole per la poesia di questa voce straordinariamente evocativa e potente, proprio mentre il poeta delle Cesane raccoglie i propri meritati successi, per Industria & letteratura il critico Ezio Settembri ci fa dono di una bellissima testimonianza di questo percorso poetico. Il mito ritrovato rappresenta a tutti gli effetti un’occasione di incontro e di approfondimento con la poesia di Umberto Piersanti. Ezio Settembri non ha scritto un saggio di partigianeria letteraria: se qualcuno immagina di trovarsi dinanzi a un’opera celebrativa dovrà pienamente ricredersi. Le considerazioni formulate risultano essere equilibrate, ma non risparmiano nemmeno delle critiche negative quando necessarie. Tuttavia non è questo l’approccio giusto per affrontare la lettura di un libro del genere. Personalmente trovo più interessante parlare di un’opera critica che, attraverso un linguaggio semplice e diretto, dimostra l’indubbia capacità di trasmettere anche al lettore meno navigato i tratti tematici e stilistici della poesia di Umberto Piersanti. 
Ezio Settembri ci restituisce un’immagine del poeta urbinate in evoluzione, a partire da La breve stagione fino a Campi d’ostinato amore. Le liriche più intense, a detta del critico maceratese, sono quelle dedicate al figlio Jacopo, affetto da una grave forma di autismo. Si rivela in questo frangente la particolare abilità del poeta nel non scadere mai in un sentimentalismo pretestuoso. La tematica dell’autismo, non molto popolare in poesia, viene resa attraverso l’esperienza e il rapporto padre-figlio, senza perdere quella verve vagamente mitica, quel tono solenne e doloroso che non lascia spazio al compiacimento. La tragicità di certi eventi non vive di sguardi leziosamente caritatevoli, ma di un’accettazione tutta umana verso la natura. Il tono di Piersanti resta sempre alto, in sintonia con lo spirito dei luoghi. Personalmente ritengo che vi sia un contatto con una non specificata entità divina in questi scorci lirici capaci di snodarsi in riflessioni esistenziali a tratti anche toccanti, laddove l’impotenza, il non riuscire ad arrivare dove si vorrebbe, rimodula la percezione del mondo. Jacopo rappresenta non solo un atto d’amore “ostinato”, imprescindibile nella vita e nella scrittura del poeta urbinate, ma un vero e proprio punto d’osservazione privilegiato del mondo e delle numerose relazioni che lo animano, a volte con brutalità e indifferenza, ma anche attraverso eventi sorprendenti che riportano allo stupore, da non intendere alla maniera di una Szymborska. Lo stupore di Piersanti, infatti, sta nell’avversione a una situazione disincantata che tuttavia celebra la vita che si rinnova: «aspetto i favagelli / del febbraio, / tiepidi contro il gelo / sbucare fuori» sono versi di una potenza immensa che ben rappresentano il ciclo di una quotidiana epopea rigeneratrice.

Ne Il mito ritrovato, Ezio Settembri pone in evidenza anche alcune questioni puramente culturali della scrittura di Umberto Piersanti. Innanzitutto il legame con la tradizione letteraria che abbraccia poeti del calibro di Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli; inoltre emerge in modo particolare l’interesse verso Attilio Bertolucci, autore caratterizzato dall’utilizzo di un endecasillabo distante dalla tradizione petrarchesca e per questa ragione, probabilmente, più adatto a un modello di poesia che ama raccontare e raccontarsi, in sintonia coi nostri tempi. Nello slancio lirico offerto da questi riferimenti, Piersanti propone le proprie incursioni poetiche toccando il mondo contadino, una dimensione alla quale è impossibile tornare in quanto inconciliabile con la modernità. Eppure tale elemento si rivela fondamentale nel delineare una patria ideale, concetto cardine nella poesia del poeta urbinate. Non si tratta di un baluardo della nostalgia pregna di uno romanticismo avvizzito, non ci troviamo dinanzi a un avamposto ideologico. Si tratta della realtà attraverso cui un poeta, pur restando ben saldo alla territorialità, riesce a esprimere la propria caratura universale a partire da una narrazione storica. La memoria e la natura dei luoghi costituiscono lo scenario perfetto per le suggestioni poetiche con le quali il poeta marchigiano ha elaborato un linguaggio ben distinto, solido e altamente evocativo. Il passato è identità profonda e imprescindibile e la poesia di Piersanti ce lo ricorda costantemente attraverso la forza di una parola poetica dirompente.
Le riflessioni di Ezio Settembri rappresentano un buon punto di partenza se ci si vuole addentrare in un percorso di scrittura sfaccettato e pluridecennale come quello di Umberto Piersanti. Anche chi non ha propriamente dimestichezza con i versi del poeta delle Cesane riuscirà a scorgervi dei punti di interesse: un grande autore sa porsi in dialogo con il mondo della scrittura e nel nostro mondo attuale, eccessivamente smanioso di rappresentare la percezione degli altri, la poesia dell’urbinate possiede il passo deciso che ignora le mode. Quale garanzia migliore di questa per superare questo tempo attuale? Il mondo di Piersanti è già storico e pronto a essere esplorato con gli occhi di questa caotica contemporaneità.

Federico Preziosi