Ossessione e inadeguatezza sono i fili che si intrecciano per tessere questo racconto che si inviluppa su stesso, una storia che non va da nessuna parte, ma che lo fa benissimo, come ha scritto Diego De Silva. Ecco, quello che non troverete in questo libro è uno sbocco, una via d’uscita. L’ossessione, del resto, è qualcosa che avvolge e soffoca, lentamente, lasciandoti riemergere a tratti per prendere una boccata d’aria. E lo scavare nel ricordo di un’ossessione trasmette ancor più intensamente questo senso di perenne apnea; ma a tutto ci si abitua, anche a respirare meno. La scrittura di Marco Drago, la ridondanza di concetti, parole, episodi, la frammentazione del racconto in brevi capitoli, tutti di per sé conclusi eppure estenuantemente ripresi, sviscerati, trasmette perfettamente questa sensazione di assillo, di oppressione, ti lascia un gran peso sul petto. È il racconto di una storia d’amore prima sognata, poi vissuta, infine infranta, ma mai dimenticata. Una storia, però, raccontata sempre da un solo punto di vista: di lei, dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti, delle sue aspirazioni e motivazioni conosciamo solo la versione dell’autore/protagonista, la vediamo esclusivamente attraverso i suoi occhi di innamorato ossessionato.

È anche, però, il racconto di un’epoca, gli anni ’80 con la progressiva perdita di impegno politico e l’acuirsi delle contrapposizioni di classe, che si basano sempre più sull’apparenza, con i grandi avvenimenti a fare da sfondo (il mondo cambia, ma la provincia resta immutabile), e di un’età, l’adolescenza, patologia da cui nessuno è immune. Quest’intensa, sfibrante storia di un amore per lungo tempo non corrisposto e senza lieto fine (ma io mi dico è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati)ci permette, dunque, di insinuarci in un luogo (il quasi mai citato basso Piemonte) e in un tempo (gli anni ’80, appunto) che anche se non ci appartengono ci divengono familiari, perché appartiene a tutti quella dimensione dell’esistenza, allo stesso tempo intensa e apatica, che corrisponde all’adolescenza, che spesso si protrae ben oltre i propri confini anagrafici, e, a volte, ti accompagna anche quando sei andato via di casa e ti senti, o dovresti essere, indipendente, ma hai soltanto spostato la tua dipendenza e trasferito altrove la tua inadeguatezza.

Difficile non essere partecipi di questa storia, non sentirsi emotivamente coinvolti, perché ditemi chi non si è mai innamorato di quella del primo banco, la più carina…

Io confesso subito, per sgomberare il campo da ogni dubbio.

Del resto, probabilmente, i primi amori si assomigliano tutti, come pure le adolescenze, soprattutto quelle di provincia.

Trasposto, infatti, di un decennio e di alcune centinaia di chilometri il mondo del protagonista potrebbe essere il mio. Negli anni ’90 la musica nuova non arriva più dall’Inghilterra, ma soprattutto dall’America, Spagna ’82 è diventata Italia ’90 (grandi emozioni, ma niente coppa), ma fa poca differenza.

La musica, appunto. C’è tanta straordinaria musica a scandire i tempi del romanzo e a riempire le ore solitarie del protagonista, assieme ai libri, alla scrittura e a una combriccola scalcagnata di cui non si sa nulla. Non ci sono nomi di persone e luoghi, a parte l’odiato Zupfner, che scopriamo alla fine essere non una semplice comparsa, ma, in qualche modo, e suo malgrado, motore stesso del racconto.

Musica, libri, tentativi di scrittura più o meno riusciti, il tormentoso cercare di distinguersi per superare il senso di inadeguatezza: questa è, o è stata, l’adolescenza. Proprio l’inadeguatezza, come già accennato, è l’altra sensazione che permea le pagine del libro. Quel senso di disagio, di non appartenenza, il sentirsi come “non definito”, che assume svariate forme e che molti si portano appresso per tutta la vita, magari nascosto sotto strati di conformismo, al limite anche di arroganza, ma che riaffiora ogni volta che si fanno i conti con sé stessi, con le scelte non fatte, le parole non dette, le azioni incompiute. Tutto quanto si è intrapreso senza mai portarlo a termine.

Fabio Sarno

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