Anno 1 | Numero 4 | Dicembre 1997

La Piazza del diamante è il romanzo che al momento stesso della prima uscita editoriale, nel 1962, leva il mito di Mercè Rodoreda nel cielo di una letteratura, quella catalana, che dopo la censura, ritrova solo in questi anni la piena espressività della sua lingua. L’accoglienza entusiastica del pubblico e della critica, per una volta unanimi, rinviano senz’altro alla nozione semplice e infinitamente profonda della letteratura rodorediana. E la sensibilità della scrittrice, i trascorsi biografici dolorosi, tra cui l’esilio, che la allontanano dai contesti di appartenenza, rivivono nella grazia indimenticabile delle sue figure femminili, lontane appena un palmo dalle proprie orme.

Nella Piazza del diamante la vicenda è resa, dall’inizio alla fine, dal racconto sequenziale degli avvenimenti dell’intreccio; lo spaccato, ambientato nel barri barcellonese di Gràcia, si apre con un ballo di piazza, in cui Natàlia conosce e inizia a subire Quimet, che la chiama Colometa e le dice che tutto quello che piace a lui deve piacere a lei. La voce della protagonista inizia così a raccontare con semplicità l’incontro tra il proprio mondo interiore, e la storia che le tocca di vivere. Le sensazioni sono fresche, fanno parte di un immaginario immediato, colorato e quasi infantile: “E fu allora, me ne ricordo benissimo e me ne ricorderò sempre, che mi diede un bacio e appena mi diede un bacio vidi Nostro Signore lassù nella sua casa, dentro una nube gonfia con il bordo color mandarino, che si scoloriva a poco a poco […]”.

Il matrimonio con Quimet, e la nascita di Antoni e Rita rendono a Colometa un quotidiano vissuto con accenni di tenerezza ed ironia, rispetto ad un machismo tontolone e potente in apparenza. Si avverte, nelle descrizioni, un disagio che consiste solo in una sorta di partecipe distanza che separa Colometa dalla realtà; la gioia e il dolore sono nelle cose e nei colori.

L’allevamento dei colombi, portatole in casa da Quimet, le invadono la vita fino a diventare il simbolo della devastazione degli eventi della storia. Sullo sfondo, infatti, si staglia la Barcellona che si inoltra nelle dolorosissima vicenda della Guerra Civile e che da solare e dolce diventa via via piovigginosa e azzurrognola. La causa civile arruola Quimet, come tanti, e lo porta al fronte, animato da vaghe idee di giustizia e di nemici. Colometa è sola con Antoni e Rita, anche il Mateu ed il Cintet, gli amici di sempre, sono partiti; la città è ridotta ad un desolato paesaggio azzurrato di chiese bruciate e fame.

La voce contenuta di Colometa affonda nell’angoscia, mai un grido, ma un dolore che preme su se stesso, che rimuove la notizia della morte del Quimet e la confonde con quella dell’ultimo colombo ed il tramonto ventoso di fine autunno. La ricerca di lavoro e cibo rivelano la misura esasperante del dolore alla piccola pasticciera d’un tempo: “E alla fine capii che cosa volevano dire quando dicevano che uno era di sughero… perché, di sughero lo ero io. Non perché lo fossi, ma perché lo diventai. E il cuore di neve”.

La fine della disperazione, progettata con un piano di morte, atroce quanto la distruzione della colombaia, rappresenta invece l’inversione della storia, quindi l’ultima parte del romanzo, e la risalita di Colometa alla vita. Un matrimonio affettuoso e la tranquillità dei giorni riportano la signora Natàlia alla comprensione finale di sé e alla capacità di riguardare indietro, senza paura di attraversare la strada. È la liberazione dell’urlo che si porta dentro da sempre, che esorbita dalle pagine del libro senza trionfo, ma sonoro e definitivo, lasciando il posto ad un unico sentimento: la tenerezza.

Nancy De Benedetto

 

“Balleremo un valzer sulle punte nella piazza del Diamante…
Gira che ti rigira… Colometa.”

Scrittrice catalana (Barcellona 1909 – Girona 1983). Dopo aver pubblicato alcuni romanzi (Sóc una dona honrada?, 1932; Aloma, 1938, trad. it. 1987), prese nel 1939 la via dell’esilio, tornando a pubblicare solo nel 1958 con Vint-i-dos contes (trad. it. Colpo di luna, 1993). Pubblicò poi romanzi imperniati su figure di donne oppresse dalle circostanze sociali e familiari, nei quali seppe ritrarre con finezza la desolazione della Spagna franchista: La plaça del Diamant (1962; trad. it. La Piazza del diamante 1990); El carrer de les Camèlies (1969; trad. it. Via delle Camelie 1991); Jardí vora al mar (scritto durante l’esilio ma pubbl. nel 1967; trad. it. Giardino sul marte 1990); Mirall trencat (1974; trad. it. 1992); Quanta, quanta guerra… (1980; trad. it. 1994). La sua ricca produzione di racconti è riunita in Tots els contes (1979), cui sono seguite le brevi prose di Viatges i flors (1980; trad. it. 1995); postumo (1986) è uscito il romanzo La mort i la primavera, trad. it. La morte e la primavera.
Fonte: Treccani

 

In libreria

Mercè Rodoreda
La piazza del diamante
BEAT, 2012

Traduzione di G. Tavani
203 p., brossura
€ 9,00

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