Qualche anno fa mi trovavo a una festa, non conoscevo nessuno, ero sola e mi annoiavo. Meditavo di andarmene, quando sentii un uomo accanto a me raccontare la triste vicenda di sua moglie: aveva scritto un romanzo giallo e nessun editore l’aveva preso in considerazione, finché un giorno, da una recensione sul Corriere della Sera, aveva scoperto che quel romanzo, con la medesima trama ma con differente ambientazione, era stato pubblicato da uno degli editori cui il manoscritto originario era stato inviato. Un avvocato l’aveva dissuasa dal tentare un procedimento legale perché, nonostante l’evidenza del plagio subìto, non c’erano nei romanzi tre righe del tutto uguali e la legge difficilmente gli avrebbe dato ragione.

Tutta la storia era stata raccontata dal marito dell’aspirante scrittrice, mentre la donna, con l’espressione afflitta e depressa, si limitava ad assentire. Di loro non so altro, non ho mai voluto conoscerne i nomi.

Ma quel racconto mi folgorò con quel suo finale per me inaccettabile: perché quella donna non aveva almeno cercato di conoscere l’autore del plagio? Perché non si era sfogata insultandolo o in qualsiasi altro modo, trovando quella soddisfazione al torto subito che la burocrazia delle leggi le negava? Quella passività mi sembrò insopportabile e decisi di agire al posto della sconosciuta.

Ecco quindi dove nasce la storia de Il plagio: storia di una vendetta ma anche di una passione che cresce nel disgusto, di un innamoramento inesorabile e reversibile per una persona mediocre e furbastra, abile solo nel pontificare. Di una donna che si sente una volpe, e la volpe è un lupo che manda fiori.

Proprio questo tema, l’ingovernabilità di passioni e sentimenti è l’altro asse portante della vicenda del romanzo.

Mi risultò così antipatico da aver voglia di rivederlo. Una perversione del gusto, ragionai, come succede a quelli che s’assiepano per veder caricare i cadaveri dopo un incidente. Una sorta di “Schadenfreude”, parola che non ha corrispettivi in italiano (eh, i tedeschi!) e allude al godimento provocato da cose sgradevoli o dannose, o addirittura dalle disgrazie, staio d’animo che del resto è comune a gran parte del pubblico televisivo. “Piacere malsano” lo definisce il dizionario.
Ricordati, mi dissi, che quest’uomo è un disonesto, un ladro sleale. Niente di differente da un topo d’appartamenti, da uno che fruga nei portafogli altrui durante i party, o sostituisce il suo ombrello decrepito che ha le stecche rotte con uno migliore, trovato nel portaombrelli della sala d’attesa di un poliambulatorio.

Nel mezzo della narrazione troverete anche le trame dei due romanzi che la protagonista scrive per conto del suo amante. Insomma, ho cercato di non risparmiare sul materiale narrativo e di dare sfogo alla mia voglia di raccontare storie e personaggi. Mentre scrivevo mi sono posta un obiettivo: dire sempre la verità. Cioè “girare il dito nella piaga”, avere il coraggio di scrivere cose sgradevoli, dipingere i personaggi e le situazioni con occhio del tutto disincantato. Niente fumo negli occhi ma uno sguardo freddo e ironico, quello del narratore, che spesso interviene a commentare gli accadimenti, a far sbollire la temperatura, a sottolineare le magagne dei
protagonisti.

Bando alle lagnosità di buoni sentimenti, melensaggini politically correct e a insulsi personaggi positivi.

Sono un’esordiente e desideravo ritagliarmi uno spazio mio, che sfuggisse a certi cliché della letteratura femminile: il giovanilismo pseudo pulp, oppure l’eccellenza intellettualistica algida e noiosa, o ancora lo sbracamento nella solita solfa di un rosa stucchevole da fiction televisiva.

Chissà se ci sono riuscita… se vi capiterà di leggere Il plagio, fatemelo sapere.

Camilla Baresani

Camilla Baresani è nata a Brescia nel 1961. Vive e lavora tra Milano e Roma. Il plagio è il suo primo romanzo pubblicato nel 2000. Il ultimo romanzo è stato pubblicato quest’anno per La Nave di Teseo, Gelosia. Qui la nostra recensione.

In libreria


Camilla Baresani
Il plagio. La volpe è un lupo che manda fiori

Bompiani, 2016
Collana: Tascabili
220 p., brossura

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