Per una lira è il titolo di una canzone di Lucio Battisti che comincia così: Per una lira io vendo tutti i sogni miei. E poi la voce a strisce di Battisti racconta la storia di qualcuno che a malincuore si distacca da una parte di sé. Ascoltandola, ho sempre pensato a chi scrive. In particolare agli esordienti. Chi, per la prima volta (e spesso per una lira) consegna il proprio destino al mondo. Nell’incertezza e nell’imprecisione, un esordio insegna a scrivere più di un capolavoro (anche quando le due cose coincidono: David Foster Wallace, La scopa del sistema, 1987). Per una lira è uno spazio dove leggendo le nuove voci della narrativa, italiana e straniera, metteremo in luce alcuni aspetti di un romanzo legati al gesto dello scrivere per la prima volta, ovvero alla scoperta della propria voce.

Alessandra Minervini, scrittrice, editor e writing coach. Il suo primo romanzo si intitola Overlove, LiberAria 2016. Il suo sito è alessandraminervini.info. Qui gli articoli pubblicati su exlibris20.


Luciana Boccardi, La signorina Crovato, Fazi Editore 2021

Ha tre anni e mezzo, Luciana, quando la “disgrazia” colpisce la sua famiglia. È il 1936 e Venezia è ancora una città dove la gente si saluta per strada, una città vivace, piena di botteghe, di piccoli artigiani e professionisti. Il suo adorato papà, clarinettista, ateo e antifascista, non può più provvedere alla famiglia e la mamma è costretta ad arrangiarsi: per lei è l’inizio di una lunga serie di vicissitudini segnate dal continuo assillo della miseria. Luciana le attraversa tutte, con pazienza, senza mai perdere la gioia di vivere e la curiosità che la rendono tanto unica e speciale. Nel frattempo, impara mille mestieri. Affidata a una famiglia di contadini, si ritrova a governare le bestie, dormendo in una cesta per i tacchini; poi s’improvvisa apprendista parrucchiera, garzone di panetteria, “aiutino” per un grossista di spazzole, ricamatrice di borsette a venti lire al pezzo; apprende il francese in casa di una ricca famiglia, aiutando le bambine a fare i compiti e intrattenendole come una vera “damina” di compagnia; fa la commessa sul Gran Viale al Lido e la cantante di balera. Di notte, intanto, si esercita come dattilografa, nella speranza di trovare un posto fisso: e quando, finalmente, il suo sogno si avvera, un mondo nuovo le si apre davanti, meraviglioso e inaspettato.
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Lezione n. 30

Scrivere della propria famiglia

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Se dovessi comporre una classifica delle storie inedite che più di frequente leggo, allora tra i primi posti ci metterei la storia della mia famiglia. Per cui se siete alle prese con le memorie di famiglia, leggendo La signorina Crovato vi sentirete, manco a dirlo, in famiglia.

Raccontare la storia delle generazioni che ci hanno preceduto, non è difficile se sai come farlo. Altrimenti può diventare davvero un’impresa impossibile. Succede quando il motivo per cui si vuole raccontare la propria famiglia è solo: perché si tratta della propria famiglia. È la mia famiglia, quindi basta questo a rendere ragione dell’esistenza romanzesca di tutta la settima generazioni. Quando poi vi mettete a scrivere tra diari più o meno segreti, pettegolezzi e dicerie non confermate, fotografie seppiate e alberi genealogici infiniti, l’unica sensazione che provate è confusa e priva di senso. Eppure, vi ripetete, è la mia famiglia! Come è possibile! La storia di un nucleo famigliare che attraversa dalle due alle quattro generazioni, non andrei troppo indietro, è fatta da innumerevoli parenti e meta-parenti, liste di luoghi, dispersivi fatti di cronaca ed eventi storici che nuocciono gravemente alla salute di una narrazione coerente e cose, in favore di inspiegabili voli pindarici rendono la storia di una famiglia una storia, purtroppo, casuale.

Ci sono molte storie che forniscono un’indicazione sul motivo per cui una storia di famiglia è prima di tutto la storia di qualcuno che ha testimoniato qualcosa, quasi prima di averlo vissuto. La vita dentro un romanzo autobiografico scorre senza che chi la vive se ne accorga.

Questa sensazione scorrevole del narrare si prova leggendo La signorina Crovato, l’esordio di Luciana Boccardi, pubblicato da Fazi Editore. È la storia vera della famiglia dell’io narrante, che è la voce della scrittrice, della sua famiglia. Una famiglia d’altri tempi. Come subito emerge leggendo l’incipit in cui scopriamo che chi racconta è “a piedi scalzi”.

Succede sempre a chi non è abituato alle scarpe di considerarle una tortura, un’imposizione, un’ingiustizia. Abituata a stare nei campi a piedi nudi, scalpitavo, seduta sulla tavola di marmo della cucina, mentre mia mamma e la nonna – che ormai si può dire viveva in casa nostra, per aiutarci dopo “la disgrazia” cercavano di infilarmi le scarpe per andare a scuola.”

Chi racconta è Luciana (cioè l’autrice), una bambina di tre anni e mezzo, che in poche righe confeziona in modo chiaro un elemento narrativo fondamentale per scrivere la storia della propria famiglia: lo sguardo. Lo sguardo osserva la famiglia “a piedi scalzi”. Dentro questa visione a piedi nudi si incastrano tutti i fili della trama del romanzo e della vita vera dei personaggi. Il peso della storia si regge certamente anche sulla vita e sui pensieri dell’autrice. Ma il filtro personale è ben gestito. Merito anche dell’esperienza cronachistica della Boccardi, decana del giornalismo di moda e di costume a livello nazionale.

Se scrivere di sé è un modo per riordinare i fili sparpagliati della nostra esistenza, l’autrice di queste memorie è stata brava nel riordinare le storie. Che sia una bambina o una ragazza, che il ricordo attraversi un momento drammatico oppure uno dei vari momenti di irripetibile allegria e spensieratezza che solo nelle storie di famiglia è possibile, La signorina Crovato dimostra che si può raccontare la vita dei nostri famigliari senza farsene un mero vanto. Ma per il gusto di mostrare un pezzo di Storia sociale, economica, di costume e politica per darne testimonianza e voce. Se scrivendo la storia della vostra discendenza, diretta e indiretta, fate molta attenzione alle voci che a questi personaggi appartengono. Non date solo un nome e un ruolo alle “persone narrate” date loro una voce, un modo di dire, un’indimenticabile intonazione, un chiosare narrativo che faccia dire al lettore: questa proprio, mi mancava. In pieno accordo con la maestra della scrittura di famiglia, Natalia Ginzburg che nel suo Lessico famigliare ci mostra ancora oggi la strada per scrivere della propria famiglia, cominciando dalle voci delle persone che la compongono. Lo stesso intreccio di storie e voci che si ritrova in questo esordio, molto personale e libero, privo di fronzoli e così vicino alla realtà da sembrare incredibile. Per fortuna.

Piccola bibliografia per chi vuole scrivere


Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, Einaudi 2014
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