«…V’è il poeta della scoperta, quello del rinnovamento, quello dell’innovamento… [io sono un poeta] della ricerca. E quando non c’è qualcosa di assolutamente nuovo da dire, il poeta della ricerca non scrive». Così Amelia Rosselli, in un saggio oggi raccolto in Una scrittura plurale (Interlinea 2004) definiva il suo rapporto con la parola poetica. La ricerca è l’elemento che parimenti contraddistingue la poesia di Assunta Sànzari Panza.
Lux (nova et vetera) si configura, infatti, come un’opera del tutto nuova e originale proprio per la tensione costante alla ricerca del non detto, delle potenzialità del suono e del ritmo, dei significati nascosti negli oggetti rappresentati.
Ma il percorso di ricerca intrapreso dall’autrice è innanzitutto esistenziale. Ciò si evince, oltre che dall’estrema cura impiegata nel cesello formale, dalla divisione della silloge in due parti – la lux nova e quella vetera – che risultano, tuttavia, unite dal medesimo anelito: la ricerca di una forma espressiva che con cura e forza risponda di volta in volta alle istanze dell’io, sottoposto a un progressivo processo di reductio. Se, infatti, nella prima parte, come sottolineato dal critico Gualberto Alvino nella prefazione, prevale un io lirico a volte ipertrofico, di tono idillico-elegiaco, la parte della lux nova, invece, è caratterizzata da una lingua “pura”, asciutta, essenziale, che mai cede a orpelli inutili e al puro descrittivismo. L’io lirico poco a poco scompare dietro le trame degli oggetti, dei correlativi oggettivi, delle visioni che dominano con precisione quasi scientifica il teatro della lingua dell’autrice. Né la metrica e la ricerca fonica hanno meno importanza, se è vero che la forza figurativa della poesia di Sànzari Panza è perseguita sovente attraverso quello che l’autrice chiama “sfondamento del verso”.
Eppure l’annebbiamento dell’io al quale si assiste non è determinato da una mera posa formale, ché l’aspetto “materico” della poesia di Sànzari Panza affonda le sue radici nella carne del vissuto autoriale, seppur sublimato dall’arte. Trovano quindi spazio i temi dell’amore – filiale, materno, passionale – e dell’abbandono, del nostos e della morte, del dolore e della gioia; su tutti domina come fil rouge la luce, intesa non solo come elemento fisico che consente l’esistenza nuda e cruda delle cose, ma anche come strumento ermeneutico – in presenza e in assenza – per la comprensione della realtà e della vita.
L’autrice si pone in un costante dialogo con la luce e ciò che da essa deriva: pienezza di forma e sostanza, visione e allegoria. In questa prospettiva, di accoglienza ma anche di superamento, è da intendersi anche il rapporto con la tradizione: evidenti sono i richiami alla lirica greca e a Omero, dal quale Sànzari Panza recupera la potenza retorica degli epiteti, nonché a Leopardi e Montale. Ma gli autori con i quali la poetessa dialoga sono tutti interlocutori del medesimo discorso sulla lingua, la natura e il dolore che ella intesse con sé stessa, prima ancora che con il lettore. È grazie a tale atteggiamento dialogante che la poesia di Sànzari Panza, seppur estremamente ricercata e sottoposta a un evidente e duro labor limae, si presenta al lettore con la cifra dell’autenticità propria solo dell’arte che si nutre alla fonte della vita.
Da Nova
Attesa del senso
Come d’altronde i passi nel buio
silenti assalti d’un solitario felino
solcano le incerte vibrazioni
del detto-non detto
esistente-inesistente
dettagli di minimo vaglio
colpi d’ala del baricentro
d’un sistema controverso.
Dilaniata la luce giunge
molteplicità d’onde sonore
scie dimentiche di fari decadenti
occhi grigioverdi osservano
inquieti il tutto di lontano
fissano lo spazio concreto reale infinito
dividono in sequenze minuscole
frammenti d’aria e pulviscolo.
Pulsioni sagaci rapide mosse
tracciano forme che attendono il loro senso
perduto nella vacuità d’un esserci
inconsistente fatuo. curve ambiziose
leggere movenze basso-colloquiali
accecante graffiante corsa
rincorsa affannosa deciso percorso
schianto nel vuoto
poi sospiri in tono minore.
Cosa resta?
Un punto una retta un piano
geometriche divisioni di un mondo
esterrefatto disperso
arpeggio artifizio melodico armonico
note d’un accordo eseguite in successione.
*
Scheda di osservazione n. 2
Tentiamo di capire meglio l’effetto dell’aria
vogliamo verificare concretamente
l’effetto dell’aria su questi oggetti ma non c’è vento
decidiamo perciò di usare la bocca per creare
il movimento dell’aria soffiando con forza
gestisce simultanea diverse dimensioni
evidenzia le conoscenze di maggior rilievo
evita il sovraccarico cognitivo
favorisce i processi trasmette passione
propone schemi di supporto
orienta verso obiettivi sfidanti
adatta
semplifica
scompone
traduce in sequenze
tentiamo di capire meglio l’effetto dell’aria
ognuno può sprigionare tutta l’energia che possiede
impiega una varietà di strategie
ascoltano con attenzione
lavorano singolarmente si confrontano in gruppi
usano i termini relativi agli elementi naturali.
Da Vetera
Ti ho cercato
nello sguardo
dei passanti.
Non ti ho trovato.
Eri dentro di me.
*
Vita scorre lentaveloce
emette rumori segreti,
silenti grida di stupore
percorre infiniti indicibili passi
compete col vento
cui ruba il sibilo
a volte struggente d’attimi inquieti.
Altalenante pulsare d’infinito.
Maria Consiglia Alvino
E tu cosa ne pensi?