Da circa 300 mila anni l’essere umano si è considerato l’animale più intelligente del pianeta, ciononostante non poche sono le difficoltà di trovare un comune accordo su cosa si debba intendere per questa speciale parola di cui siamo così tanto gelosi. Gelosia che, già negli anni quaranta del secolo scorso, Alan Turing, ebbe modo di mettere alle strette mostrando come, specifici enti, avessero la potenzialità di essere definiti intelligenti. Accostamenti terminologiche a parte, Turing, si disse convinto che, prima o poi, i tempi sarebbero stati abbastanza maturi da parlare, senza fraintendimenti, di macchine intelligenti. Purtroppo, o per fortuna per chi scrive, quei tempi sono ancora lontani. Del resto basta leggere un qualsiasi testo avente come oggetto l’intelligenza artificiale per rendersi conto di come i concetti di macchina, intelligenza, ect., non vengano approfonditi adeguatamente nel loro significato situazionale per consentire una comprensione lucida del fenomeno che, dall’inizio del nuovo millennio, ha iniziato ad attirare forti interessi economici, conoscitivi, politici, sanitari, giuridici, ect.
A tal proposito, il testo dell’informatico Nello Cristianini Sovrumano. Oltre i limiti della nostra intelligenza (2025) si situa in un incavo leggermente differente. Sebbene anch’esso non sia votato ad un’analisi concettuale e/o di significato dei termini in questione, almeno, il suo contributo non è nemmeno votato alla presentazione di scenari favolistici. Al contrario, il testo, agevole nella lettura, può essere considerato un resoconto di quelli che, negli ultimi anni, sono stati gli avanzamenti nel settore dell’IA; esso restituisce, senza dubbio, un quadro variegato del fenomeno e delle sue diramazioni in moltissimi settori umani. Sono proprio i risultati odierni della ricerca in IA che consentono, senza esagerazione, a Cristianini di poter aprire il testo con la frase, che potrebbe anche chiuderlo: “La domanda oggi non è più se le macchine possono essere intelligenti, ma se possono esserlo come e più di noi. Non vedo alcuna ragione matematica né fisica per cui questo debba essere impossibili” (p. 8). Nel testo, l’autore, con dati alla mano, ci informa di come i modelli di IA generativa abbiano superato, ormai, molti test, creati da esperti del settore, per valutare i gradi di intelligenza dell’IA (una sorta di “scienza psicometrica per le macchine”, p. 49); da questo resoconto emerge che “all’inizio del 2024 Gemini 1.5 otteneva l’85,9%, Llama 3 l’88,6%, Claude 3 raggiungeva l’88,7% e GPT-4o l’88,7%. Quattro modelli intelligenti, addestrati indipendentemente da quattro aziende diverse, erano giunti alla soglia delle prestazioni umane sul set MMLU allo stesso momento, dopo solo tre anni di sperimentazione con esso. Nel 2024 accadde l’inevitabile: l’ultima versione di Gemini (soprannominata Ultra, e dotata di 1.760 miliardi di parametri) raggiunse il 90% di risposte corrette su MMLU, superando così le prestazioni degli esperti umani” (p. 62). Questi modelli di IA si sono rivelati capaci di ottenere punteggi superiori agli esperti umani nei più disparati campi di ricerca: dalla “comprensione del linguaggio” alla “matematica elementare” passando per “scienza, matematica avanzata” fino ad arrivare al “riconoscimento di immagini” (p. 104) ma, questi, sono soltanto degli esempi. Basti pensare all’IA applicata alla robotica per farsi un’ulteriore idea delle capacità effettive di queste diverse macchine. In questi sensi e a partire da queste considerazione l’IA può già considerarsi un qualcosa (o un qualcuno) di sovrumano se, con quest’ultimo termine, si intende “ciò che trascende, o va oltre, i limiti umani” (p. 25). Del resto, la possibilità di avere a che fare con un qualcosa (o un qualcuno) che possieda capacità performativamente superiore a quelle umane è una sfida che abbiamo già accettato, per concludere, allora, vale la pena riportare per intero alcune parole del premio Nobel Geoff Hinton, che lo stesso Cristianini, giustamente, condivide: “non c’è una ragione fondamentale per cui il progresso dell’IA debba rallentare o fermarsi alle capacità umane. In effetti, l’IA ha già superato le capacità umane in domini ristretti come i giochi di strategia e la previsione della forma delle proteine […] non sappiamo con certezza come si svilupperà il futuro dell’IA, tuttavia, dobbiamo prendere sul serio la possibilità che entro questo decennio o il prossimo saranno sviluppati sistemi di IA generalisti altamente potenti che superino le capacità umani in molti domini critici” (p. 77).
Matteo Spagnuolo
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